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Venezia: in gara “The Killer” di David Fincher e “La Bête” di Bertrand Bonello

(Foto Netflix)

Sergio Perugini

Quinto giorno di proiezioni ieri all’80a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Al Lido c’è il regista statunitense David Fincher che presenta un crime-action targato Netflix con protagonista Michael Fassbender. Nel cast anche Tilda Swinton. C’è tutto il Fincher capace di abitare l’azione, l’adrenalina, le maglie del male; a latitare però sembra essere la sostanza della storia. Una confezione formale ottima, dallo stringato contenuto. Oggi è il giorno anche del regista francese Bertrand Bonello con “La Bête. The Beast” con Léa Seydoux e George MacKay. Una intensa storia d’amore contrastata dalle manipolazioni dell’intelligenza artificiale. Un film che si inserisce nel binario del mélo fantastico-distopico, che possiede guizzi interessanti ma anche snodi un po’ forzati. Bene, ma non benissimo. Infine, alla Mostra oggi sono stati presentati i progetti di ricerca della Fondazione Mac – Memorie audiovisive del cattolicesimo presieduta da Mons. Dario E. Viganò. Focus speciale legato alla memoria dei pontefici veneti, con messaggi dal Ministero della Cultura e dalla Regione Veneto. Il punto Cnvf-Sir.

The Killer. Michael Fassbender as an assassin in The Killer. Cr. Netflix ©2023

 “The Killer” – In Concorso

Denver classe 1962, David Fincher è un autore hollywoodiano che si è affermato con forza e incisività nel decennio ’90. Tra i suoi titoli più noti: “Seven” (1995), “Fight Club” (1999), “Il curioso caso di Benjamin Button” (2008), “The Social Network” (2010) e “Mank” (2020). Il suo è sempre stato un cinema vigoroso, visionario, spiazzante. A Venezia80 si presenta in competizione con il crime-action “The Killer” tratto dalla graphic novel di Alexis Nolent e con illustrazioni di Luc Jacamon. Protagonista assoluto è il divo irlandese-tedesco Michael Fassbender, affiancato anche dal Premio Oscar Tilda Swinton. Una vicenda serrata, claustrofobica, dove non ci sono lampi di luce.
La storia. Parigi, oggi. Un killer di professione sulla quarantina è appostato in un edificio in costruzione, monitorando ogni movimento della sua prossima vittima. Come sempre è stato pagato profumatamente per non lasciare tracce e non commettere errori. È una macchina senza sosta. Durante l’operazione qualcosa va storto e manca il bersaglio, si apre così per lui una corsa contro il tempo per salvarsi e sottrarsi dalle rivendicazioni dei clienti delusi. Un viaggio che lo porterà in molti continenti…
Scritto dallo sceneggiatore Andrew Kevin Walker – spalla anche di altri registi dallo stile ben definito come Joel Schumacher e Tim Burton –, il film di David Fincher è un serrato viaggio on the road intorno al globo, alternando pagine introspettive a livello esistenziale. “The Killer” è infatti un diario di bordo che prende vita nella mente dell’assassino, che scandisce le sue giornate impostando tutto sull’orologio digitale al polso e ripetendosi in continuazione, come training, di non aprire alla debolezza, alla pietà, all’errore. Basta una distrazione è la sua vita ovattata si può trasformare in inferno. Seguiamo così il protagonista nella sua fuga di vendetta e salvezza, abile nello sparire e al contempo a freddare ogni persona sul suo tragitto. In lui l’umanità è rinchiusa in un cassetto blindato, che apre solo in presenza della moglie dominicana.
Fincher piace come sempre per ritmo, azione, narrazione e gestione del pathos, ben sorretto da un Fassbender in ottima forma. A mancare è la densità della storia, l’articolazione problematica: sembra una bellissima composizione con poca anima. Peccato. Complesso, problematico, per dibattiti.

“La Bête. The Beast” – In Concorso

Il regista francese Bertrand Bonello, Nizza 1968, spiazza in Concorso con un dramma sentimentale di matrice mélo che si apre al distopico. Protagonisti la nuova diva del cinema francese Léa Seydoux e il britannico George MacKay (visto in “1917”). Bonello, anche sceneggiatore, disegna una storia dall’andamento enigmatico e irregolare, che si muove su diverse epoche.
La storia. Francia ‘800, l’avvenente Gabrielle e il giovane Louis sono innamorati ma tenuti distanti da continui ostacoli familiari e sociali. Ben presto ci si accorge che l’azione si svolge in un futuro fosco, nel 2044, dove l’intelligenza artificiale ha preso il comando e spinge gli esseri umani a purificare il proprio Dna per diventare cittadini “migliori”, addomesticati…
Come dichiara il regista: “Volevo ritrarre una donna e occuparmi di amore e di melodramma. Dopodiché, inserire il tutto nel cinema di genere, visto che secondo me le storie d’amore e il cinema di genere sono una buona combinazione. Ho voluto mescolare l’intimo e lo spettacolare, classicismo e modernità, il noto e l’ignoto, il visibile e l’invisibile”.
Il film ha fascino e spessore, capace di tenersi lontano dal facile ripetitivo o banale. La costruzione narrativa si squaderna progressivamente con l’avanzamento della storia. A ben vedere, l’incedere spesso sembra perdersi in lungaggini e forzature, al punto da domandarsi se non sia un mero esercizio di stile. Approdando alla fine dell’opera (146’), si coglie tutta la complessa costruzione e ci si dimostra più “pacificati” a livello spettatoriale. “La Bête” è un film che punta a inquietare, ma anche un po’ ad affaticare. Di certo da vedere. Complesso, problematico, per dibattiti.

La nota critica di Massimo Giraldi: la Fondazione Mac a Venezia80 e i Papi veneti

“Non solo film alla Mostra – sottolinea Massimo Giraldi, presidente Cnvf, nel suo commento quotidiano – ma anche progetti dai riverberi storico-culturali e sociali. Si è tenuta oggi, presso lo Spazio della Regione Veneto, con i saluti del Ministro Gennaro Sangiuliano, del Governatore Luca Zaia e dell’assessore Cristiano Corazzari, la presentazione della Fondazione Mac – Memorie audiovisive del cattolicesimo presieduta da Mons. Dario E. Viganò. Nata tra il 2022 e il 2023 con l’incoraggiamento di papa Francesco, il Mac riunisce le principali realtà istituzionali e conservative del settore audiovisivo italiano (Cinecittà-Luce, CSC – Cineteca Nazionale, Università UniNettuno, Museo nazionale del Cinema di Torino, ecc.), con l’obiettivo custodire e preservare per il domani i principali e più significativi documenti cinematografici e audiovisivi riconducibili al rapporto tra Italia e Santa Sede. Dopo aver sostenuto il restauro della “Porta del cielo” della coppia artistica De Sica-Zavattini, tra i prossimi progetti ci sono i documenti sui tre Pontefici proveniente dal territorio veneto: Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I”. Sempre Giraldi indica: “Come ha sottolineato il Ministro Sangiuliano: ‘La Fondazione Mac viene a colmare nell’ambito del panorama internazionale e nazionale un importante vuoto storico-culturale, grazie a progetti che si caratterizzano per il loro alto livello istituzionale e scientifico’. Non ci rimane, dunque, che rivolgere i migliori auguri al Mac e al suo rilevante impegno per la memoria condivisa”.

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