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Migranti, le proposte della Comunità di Sant’Egidio per una migrazione regolare

Marco Impagliazzo insieme ai rifugiati arrivati in Italia con i corridoi umanitari – Foto: SIR

Patrizia Caiffa

Dalla responsabilità dell’Europa nel salvare vite umane alla valorizzazione dei minori non accompagnati come risorsa per l’Italia. Sono alcune delle proposte che la Comunità di Sant’Egidio sottopone in queste ore all’attenzione delle istituzioni, perché le migrazioni siano affrontate come un fenomeno strutturale e non più come una emergenza.

“Basta morti in mare, la priorità è salvare vite umane. L’Europa si disinteressa e scarica tutto sull’Italia. Sui salvataggi in mare l’Europa deve essere messa di fronte alle proprie responsabilità, aiutando finanziariamente l’Italia. I fondi ci sono”: è la prima delle proposte per una immigrazione regolare illustrate da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, durante una conferenza stampa che si è svolta oggi a Roma. Facendo riferimento alle ultime normative Impagliazzo ha anche chiesto di “tornare a portare le persone nei porti sicuri più vicini, perché così si aggiunge sofferenza a sofferenza”.

“Bisogna smettere di pensare all’immigrazione come ad una emergenza e mettere in campo invece politiche a medio e lungo termine, perché il fenomeno è strutturale”.

Anche se i numeri sono alti – 131.000 persone sbarcate da inizio anno – “sono sempre più bassi delle 181.000 persone arrivate nel 2016 con la crisi siriana. L’accoglienza di 5 milioni di ucraini in Europa ha dimostrato che si può gestire bene il fenomeno”.

Marco Impagliazzo – foto: SIR

Appello ai Paesi Ue, “più reinsediamenti”. Altra richiesta è l’aumento dei reinsediamenti (o resettlement) di chi fugge dalle guerre: “Le cifre sono ancora troppo basse a causa dell’egoismo di alcuni Paesi europei, che non hanno accolto nessuno”.

Accoglienza diffusa in piccoli centri. Per quanto riguarda l’Italia si chiede di favorire l’accoglienza in piccoli centri e diffusa sui territori, anziché in grandi centri sovraffollati, dando priorità allo studio della lingua italiana e alla formazione professionale.

Minori non accompagnati, “investire su di loro con scuola e lavoro”. Un capitolo particolare riguarda i minori non accompagnati, circa 20.000 attualmente nei centri (su 30.000 arrivi): “Un Paese che soffre per la denatalità e lo spopolamento delle aree interne, con mancanza di forza lavoro in alcuni settori, potrebbe investire su questi giovani, favorendo l’inserimento scolastico e l’avviamento al lavoro. Non sprechiamo questa occasione! Altrimenti fuggiranno tutti all’estero o rischieranno di delinquere perché hanno bisogno di mandare soldi alla famiglia”. Impagliazzo ha inoltre invitato a “rendere più rapide” le procedure burocratiche per l’affido di questi minori (attualmente 4.800 sono accolti in famiglie italiane), “tutte buone pratiche da allargare”.

Decreto flussi, “ampliare la quota per le badanti”. Pur apprezzando l’ampliamento del decreto flussi, che prevede 450.000 ingressi dal 2023 al 2025, risulta troppo irrisoria, quindi da aumentare, la quota riservata alle badanti (9.500 ingressi): “E’ sproporzionata rispetto alle necessità delle famiglie italiane, visto che la nostra popolazione è sempre più anziana”. Tra l’altro, ha ricordato Impagliazzo, “migliaia di persone che hanno chiesto la regolarizzazione nel 2020 non l’hanno ancora ottenuta per serie problematiche burocratiche, che potrebbero essere superate semplicemente con un decreto”. Un’altra richiesta riguarda il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, ad esempio per gli infermieri, di cui c’è grande carenza in Italia.

La famiglia siriana. Presenti in sala tanti rifugiati accolti dalla Comunità di Sant’Egidio nell’ambito dei corridoi umanitari: afgani, siriani, africani sub-sahariani. Tra loro una famiglia siriana con quattro figli: il più piccolo ha 3 anni, la maggiore 10 anni. “Veniamo da Homs, la nostra casa è stata distrutta, come tutta la città  – raccontano i genitori, Marua e Abdel Karim -. Siamo partiti con un visto per l’Egitto poi siamo andati in Libia, dove siamo stati dieci anni. Lì la vita è molto difficile e complicata. Ci sono tanti rapimenti, violenze, se ci si rifiuta di fare quello che vogliono ti uccidono”. Come è accaduto al fratello di Marua, a soli 33 anni: “Lo abbiamo trovato morto in casa”. Sono arrivati 9 mesi fa con i corridoi umanitari dalla Libia. Ora il loro sogno è di far studiare i figli e restare in Italia. “Per noi la cosa più importante è che i nostri figli crescano in un luogo sicuro e vadano a scuola. Insciallah”.

Gil arriva invece dal Camerun, dove è fuggito nel 2019 a causa della situazione politica. Era tra quelli che manifestavano in piazza contro la corruzione. E’ riuscito ad andare a studiare geografia in una università a Cipro. Però mantenersi agli studi senza un lavoro non è facile. Ha deciso così di spostarsi nella parte greca di Cipro, dove è avvenuto l’incontro con la Comunità di Sant’Egidio, che lo ha inserito nei corridoi umanitari. “Sono qui da soli 4 mesi – dice provando a mettere in pratica le lezioni di italiano che sta seguendo -. L’Italia è un buon Paese, mi sono sentito accolto a braccia aperte. Voglio imparare bene la lingua per integrarmi meglio. Mi piacerebbe continuare i miei studi e fare ricerca in quell’ambito, anche per contribuire al futuro del mio Paese”.

foto: SIR

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