Profughi sudanesi in Sud Sudan – foto: Medici senza frontiere

Migliaia di sud sudanesi, fuggiti dal Sudan a causa del conflitto, sono rientrati a Malakal, nel nord-est del Sud Sudan, dopo un viaggio di circa 72 ore in barca sul fiume Nilo Bianco. Arrivano malati e stremati al centro di transito di Bulukat che ospita circa 5.000 persone, molte delle quali aspettano per settimane, a volte mesi, il trasferimento. Nell’attesa vivono senza cibo e assistenza sanitaria sufficienti in tende temporanee o all’aperto, anche durante la stagione delle piogge. È la situazione descritta da Medici senza frontiere (Msf), che chiede alle organizzazioni umanitarie di “aumentare urgentemente la risposta per alleviare le difficoltà di chi fugge dal conflitto in Sudan verso lo Stato dell’Alto Nilo, in Sud Sudan”. Secondo le Nazioni Unite, delle 245.000 persone entrate in Sud Sudan per cercare rifugio da aprile, circa 198.000 sono passate per Renk, nell’estremo nord-est del Paese. Circa il 50% ha espresso l’intenzione di rimanere nello stato dell’Alto Nilo, un’area già duramente colpita dal conflitto intercomunitario e dalla mancanza di servizi sanitari. Le persone di ritorno dal Sudan arrivano al confine stremate, il più delle volte senza soldi per proseguire il viaggio o per sopravvivere, e si affidano agli aiuti umanitari. Il cibo è il problema più importante da affrontare. Ai rimpatriati vengono dati solo 14 dollari a persona per acquistare cibo per una settimana, una cifra molto bassa rispetto ai prezzi elevati dei prodotti alimentari nella zona.

Medico di Msf visita profughi sudanesi in Sud Sudan – foto: Medici senza frontiere

Da luglio Msf gestisce una clinica mobile nel centro di transito, fornendo oltre 100 consultazioni mediche al giorno. Le équipe vedono e curano un numero crescente di casi di morbillo e un numero allarmante di bambini malnutriti, mentre chi necessita di cure ospedaliere viene trasferito all’ospedale di Msf a Malakal. “Quello che ho visto è davvero terribile, soprattutto le condizioni di vita”, racconta Apayi Dawa, infermiere di Msf a Bulukat. “La gente non ha ripari e quando piove i rifugi vengono spazzati via dall’acqua. Ci sono persone che muoiono sulle barche. Hanno anche poco cibo da mangiare”. L’ospedale pediatrico di Msf a Malakal, la cui capacità è stata recentemente ampliata da 70 a 121 letti, deve far fronte a un tasso di mortalità molto alto, pari al 5,95%. Da aprile, per tre mesi consecutivi, si è registrato un notevole aumento dei ricoveri pediatrici. A luglio sono stati ricoverati 184 pazienti rispetto ai 114 di aprile ed è stato osservato un significativo aumento del 75% dei ricoveri nel centro di alimentazione terapeutica ospedaliera per i bambini malnutriti. A Renk le équipe di Msf svolgono attività sanitaria di base con due cliniche mobili, supportano un reparto pediatrico e altre strutture per il trattamento di pazienti affetti da morbillo e malnutrizione. “Con la stagione delle piogge, potremmo trovarci di fronte a una grande epidemia di malaria se non si fa nulla in termini di ripari adeguati e distribuzione di zanzariere”, afferma Nuru Katikomu, coordinatore del campo di emergenza di Msf a Bulukat. “Inoltre, in queste circostanze c’è anche il rischio di un’epidemia di colera. Potrebbe essere catastrofico”.

Profughi sudanesi in Sud Sudan – foto: Medici senza frontiere