Patrizia Caiffa
Il mare su cui si affaccia Derna, la città libica distrutta dall’alluvione causata dalla rottura di due righe dopo il passaggio dell’uragano Daniel, nella notte tra domenica e lunedì scorso, è completamente marrone, oramai più fango che acqua. Le correnti hanno trascinato i corpi delle vittime a 140 km di distanza, fino a Tobruk. In città invece strade e ponti non esistono più, è tutto una landa desolata. E’ questo lo scenario che si è trovato davanti monsignor Sandro Overend Rigillo, vicario apostolico di Bengasi, che giovedi è andato personalmente a Derna e Al-Beida per esprimere solidarietà e portare aiuti. Sono partiti in quindici persone con tre pulmini carichi di coperte, pane, acqua, dolci per i bambini, hanno fatto un viaggio lunghissimo e faticoso – 16 ore per circa 600 km tra andata e ritorno – per le strade intasate dagli aiuti umanitari in arrivo da tutta la Libia e da diversi Paesi del mondo. “Ci hanno chiesto soprattutto medicine per i feriti”, dice al Sir. “Si parla di migliaia di vittime, con più di 6.000 dispersi”, riferisce il vescovo, che ha visto passare contingenti di aiuti umanitari dal resto della Libia, da Francia, Malta, Italia e altri Paesi.
Ad oggi si stimano almeno 11 mila morti e 40 mila sfollati e quasi 300.000 bambini colpiti, in seguito ai danni subiti da numerose abitazioni, ospedali, scuole e altre infrastrutture essenziali. A Derna però il vescovo è venuto a sapere anche due buone notizie:
la comunità filippina cattolica che lavora in ospedale sta bene; in quelle ore è stato ritrovato vivo, dopo 4 giorni, un giovane ventenne.
“Siamo partiti da Bengasi con un gruppo di filippini e due frati, per dare la nostra solidarietà a questo popolo così toccato dall’uragano Daniel – racconta monsignor Rigillo -. Ci sono volute circa sei ore per arrivare a Derna, a causa del traffico e delle strade bloccate per il maltempo. La prima cosa che ci ha colpito arrivando dalle colline di Derna è stato il mare, famoso per il colore cristallino in quelle zone. Anche se ieri era una bella giornata di sole con cielo azzurro, era marrone, acqua marina con fango. Verso la città abbiamo visto invece strade distrutte e un ponte trascinato via dalle bombe d’acqua”.
La delegazione cattolica si è recata nell’ospedale di Derna, dove ha incontrato il Ministro della salute. “Gli abbiamo offerto la nostra solidarietà. La difficoltà attuale è quella di curare tutti i feriti, hanno bisogno di medicine”.
I cristiani stanno bene. L’acqua ha trascinato via grande parte della città a causa della rete stradale distrutta dalle bombe d’acqua. “I cristiani stanno bene – conferma il vescovo – ma gli abitanti di Derna sono stati tutti toccati da questo momento tragico e pauroso. Abbiamo offerto al ministro qualche indicazione, ho avuto un contatto con una organizzazione caritativa tedesca per poter inviare medicine dall’estero. Dovrebbero farci avere una lista dei farmaci necessari”.
La visita ai malati. Il gruppo di cattolici ha poi visitato i malati dell’ospedale, accompagnati dal direttore, che ha mostrato le tante necessità. “Abbiamo notato il loro zelo per aiutare tutti i sofferenti – dice monsignor Rigillo -. E’ una esperienza che ci ha toccato il cuore, perciò non ci sentiamo di dire tante cose. In questi momenti il silenzio, la preghiera e l’aiuto dell’amicizia possono fare qualcosa.
Le parole non bastano e non rendono la misura di ciò che è accaduto”.
Tra tanta devastazione durante la visita è arrivata però “una notizia molto bella: dopo 4 giorni hanno trovato una giovane ventenne ancora vivo, e questo ci ha dato un po’ di gioia”.
Dopo Derna si sono spostati ad Al-Beida, nel centro pastorale cattolico romano. “Anche loro ci hanno raccontato la paura durante l’uragano. Vicino al centro pastorale ci sono strade distrutte e acque che ancora scorrono”, racconta: “E’ un momento difficile per il popolo libico qui all’est. La nostra speranza è stata apprezzata sia dal ministro sia dalla gente. Siamo contenti di vedere tanti aiuti che stanno entrando nel Paese per agevolare la vita quotidiana di questo popolo, a Derna e Al-Beida”.
Il vescovo conclude il suo racconto con una preghiera: “Chiedo l’aiuto di Dio con l’intercessione della Vergine Maria, perché possano riprendere la vita dopo questo momento drammatico, con l’aiuto del prossimo, del mondo e dei libici stessi”.
Oms, no alle sepolture in fosse comuni. Intanto l’Organizzazione mondiale della sanità e altri gruppi umanitari hanno chiesto alle autorità libiche di smettere di seppellire le vittime delle alluvioni in fosse comuni: almeno 1.000 corpi a Derna e un centinaio ad Al-Beida. L’Oms chiede che le sepolture siano gestite in tombe individuali ben delimitate e documentate, altrimenti le sepolture affrettate possono provocare disagi mentali ai familiari, oltre a problemi sociali e legali.
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