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Incontri del Mediterraneo. Vescovi sui morti in mare: “La vita è sacra e dobbiamo fare tutto il possibile per salvarla”

(Foto SIR)

M. Chiara Biagioni

(da Marsiglia) “Il Papa ripeterà anche qui a Marsiglia ciò che ha già detto più volte e cioè che la vita è sacra e che dobbiamo fare tutto il possibile per salvare le vite umane, ribadendo che la persona ha il diritto di migrare”. Sono parole chiare e inequivocabili quelle pronunciate dal card. Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat (Marocco), illustrando ieri pomeriggio in conferenza stampa al Palais du Pharo di Marsiglia i temi al centro degli Incontri sul Mediterraneo. Stanno riunendo dal 17 al 24 settembre vescovi e giovani dei Paesi che si affacciano sulle cinque rive del Mare Nostrum, in attesa dell’arrivo venerdì 22 settembre di Papa Francesco. Parlando delle tragedie in mare e del flusso migratorio sui Paesi di primo approdo, il cardinale prosegue:“Il Papa non darà delle ricette pratiche per organizzare la migrazione ma ribadirà un principio chiaro: non si può pensare a politiche solamente poliziesche o semplicemente repressive; non si può pensare di chiudere tutto come non si può solamente pagare altri Paesi perché facciano il lavoro di fermare i migranti”.“L’Europa deve mettersi a pensare ad una politica positiva verso la migrazione, garantendo almeno qualche porta di accesso”. “I giovani marocchini – incalza l’arcivescovo di Rabat – sono prigionieri nel loro Paese. Non possono uscire, non possono andare in Algeria perché la frontiera è chiusa, non possono andare al sud perché c’è il deserto, non possono andare verso sinistra perché c’è il mare. Non possono andare in Europa perché è impossibile per loro ottenere il visto. Occorre pensare almeno ad alcune porte di entrata, altrimenti si genera una situazione ancora peggiore”.

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L’incontro di Marsiglia mette sul tavolo delle discussioni vari temi: economia, educazione, lavoro, pace ed ecologia. Sabato, i vescovi e i giovani presenteranno al Papa un documento di 10 pagine.“Ma non potevamo non discutere di questo fenomeno migratorio che tocca non solamente il Mediterraneo ma tutta l’umanità in tutto il mondo”, confida il card. Lopez.“Le cause delle partenze sono le guerre, l’ineguaglianza economica, le persecuzioni politiche. Il problema non sono le migrazioni”.“Il fenomeno migratorio è sempre un tentativo volto a dare una soluzione a problemi irrisolvibili nel Paese di origine”.A Marsiglia giungono le notizie dei morti in mare, anche di bambini di pochi mesi che hanno perso la vita sfuggendo dalle braccia delle loro mamme. “Non è una situazione sostenibile se le persone muoiono continuamente nel tentativo di attraversare il mare su barconi di fortuna. Cosa possiamo fare in quanto Chiese? Innanzitutto, annunciare il diritto umano, presente anche nella Dichiarazione universale, secondo il quale ogni persona ha il diritto di restare là dove è nato ma ha anche il diritto di migrare. Essere ‘liberi di migrare e liberi di restare’, sviluppando nei Paesi più poveri le condizioni necessarie per permettere ai giovani di restare se lo desiderano”.

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Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. Mons. Nicolas Lhernould, vescovo di Costantina (Algeria), rappresenta la regione apostolica dell’Africa del Nord. “È vero che il Mediterraneo purtroppo è diventato il più grande cimitero dell’Europa ma, prima di arrivare al mare, questi giovani migranti hanno dovuto affrontare il deserto mettendo a rischio la loro vita. Il Mediterraneo è purtroppo solo l’ultima tappa di un lungo e pericoloso viaggio. Raccogliamo testimonianze che ci parlano di tragedie e morti. Il mare è certamente un luogo che chiama l’attenzione di tutta l’Europa ma occorre volgere lo sguardo anche più a Sud”. Anche il vescovo algerino mette in chiaro il principio del soccorso:“Quando una persona soffre, è un dovere imprescindibile andargli incontro e aiutarlo. E di conseguenza tutto ciò che va contro questo principio, non è conforme a ciò che riteniamo essere umano e ancor meno conforme al Vangelo”.

“Questa assistenza imprescindibile alla persona nello Spirito del Buon Samaritano è un principio che richiamiamo sempre, non in maniera ingenua di chi non guarda le cause e non conosce le conseguenze ma come una necessità. Quando una persona è in pericolo, occorre sempre fare di tutto perché venga salvata”. Il vescovo parla della sua esperienza in Tunisia e Algeria e fa notare come, soprattutto negli ultimi anni, questi Paesi siano diventati non più Paesi di transito ma di accoglienza. Ma all’Europa lancia un avvertimento: “L’accoglienza non deve essere imposta semplicemente per sbarazzarsi del problema” perché “presto o tardi il problema si amplifica”. Sulla questione è intervenuto anche mons. Rafic Nahara, vicario patriarcale latino per i cattolici di lingua ebraica in Israele. La Chiesa, dice, deve svolgere anche un’azione di “cambiamento di mentalità” perché, “quando ci sono molti migranti che approdano in un Paese, c’è la paura di perdere la propria identità”. Occorre quindi a lavorare non solo sul fronte dell’accoglienza per chi arriva ma anche sul fronte culturale per chi accoglie, e far capire che “l’altro non è una minaccia ma una persona che porta con sé una cultura diversa che non può non arricchire i Paesi di approdo”.

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