SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Paura, rabbia e frustrazione: possiamo sintetizzare così i sentimenti che ormai da alcuni mesi albergano nel cuore dei cittadini del quartiere Ponterotto di San Benedetto del Tronto e che sono esplosi con toni duri ieri sera, 29 settembre, durante l’incontro organizzato dal Comitato di Quartiere alle ore 21:00 presso l’Ex Scuola Borgo Trevisani. Presenti all’incontro il Sindaco Antonio Spazzafumo, l’Assessore con delega ai Servizi Sociali e alle Politiche Giovanili Andrea Sanguigni ed alcuni operatori della Fondazione Caritas, ritenuta in qualche modo responsabile del caos che si vive nel quartiere.
Un’aggressione con un machete e un probabile regolamento di conti con mazze e bastoni; persone ferite ed insanguinate che fuggono lungo la via; ubriachi che entrano nelle botteghe e sembrerebbe minaccino i commercianti per avere alcol gratuitamente; persone che discutono animatamente, urlando, bestemmiando e dando origine a turpiloqui e litigi; persone che durante la notte bivaccano in auto o lungo la strada, facendo schiamazzi e rendendosi protagonisti di comportamenti incivili, come urinare e defecare all’aperto nel parco o sui marciapiedi: sono questi i fatti gravi ed ormai non più tollerabili che, secondo i cittadini, sarebbero perpetrati dagli ospiti della Caritas Diocesana o da loro amici conoscenti e ai quali bisogna mettere fine tempestivamente per restituire sicurezza, decoro e dignità al quartiere.
La Fondazione Caritas, rappresentata dal suo vicepresidente, prof. Fernando Palestini, dalla responsabile della formazione dell’équipe, dott.ssa Maria Chiara Verdecchia e dal responsabile dell’Ufficio Lavoro, dott. Marco Sprecacè, ha dichiarato: “La Fondazione Caritas si fa carico di dare risposte a quelle emergenze a cui la società o l’ente pubblico non riescono a rispondere. A volte sono anche il Comune di San Benedetto del Tronto e le Forze dell’Ordine che chiedono con insistenza alla Caritas di accogliere le emergenze. Stiamo facendo tutto quanto è possibile per tutti gli ospiti, con percorsi rieducativi impegnativi e specifici per ciascuno; viviamo quindi con sofferenza quello che accade fuori dalla nostra struttura, nonostante il nostro massimo impegno. Le giuste preoccupazioni per l’ordine pubblico, che la popolazione fa presente, sono condivisibili, ma non spetta alla Caritas – perché non di sua competenza – garantire l’ordine pubblico all’esterno della sua struttura. L’ordine all’interno certamente è responsabilità della Caritas: è sempre stato perseguito – per quanto possibile – da tutti gli operatori e anche dalle Suore che dormono nell’edificio e continuerà ad essere garantito anche in maniera più incisiva, tanto che abbiamo da poco concluso un accordo con una società di vigilanza privata per un controllo maggiore della struttura. Ma i problemi sollevati riguardano ciò che avviene fuori dalla struttura, nei confronti dei quali quindi la Caritas non può intervenire, in quanto non ha autorità. Probabilmente c’è bisogno di una maggiore presa di coscienza da parte di tutte le istituzioni che si traduca in azioni concrete“. La Fondazione Caritas del resto non prende alcun contributo pubblico per l’ospitalità, bensì porta avanti un servizio gratuito, volto a non lasciare nessuno indietro, e lo fa solo ed esclusivamente per fede, in quanto vede nel volto dell’altro il volto di Cristo.
Il Comitato di Quartiere Ponterotto, pur ringraziando i responsabili della Fondazione Caritas che sono intervenuti e si sono adoperati per rispondere alle domande dei cittadini, auspica che la struttura diocesana torni ad essere “un luogo in cui erogare i pasti e non un centro di accoglienza con casette-dormitorio” definite dal Comitato “sovraffollate”; nel caso in cui questa non fosse una soluzione praticabile, chiede che “qualcuno si prenda la responsabilità di controllare e vigilare”.
“Su due cose siamo tutti d’accordo – ha concluso il segretario del Comitato di Quartiere Guido Speca –: da una parte bisogna sempre aiutare il prossimo, perché tutti siamo figli di una vita purtroppo a volte non facile; ma dall’altra parte, nessuna persona o struttura ha il diritto di limitare la vita o il diritto alla libertà del cittadino ed in generale di una persona”.
Il sindaco Spazzafumo ha dichiarato: “Finché si tratta di offrire il pranzo a chi non ha la possibilità economica di procurarsi un pasto, nessuno dice niente; ma, se l’ospitalità va ben oltre e si estende anche al pernottamento, iniziano i problemi. Bisogna quindi che il servizio della Caritas torni ad essere quello di sempre, ovvero di centro di erogazione dei pasti e basta. La Caritas ha svolto un servizio egregio fino a tre mesi fa e di questo dobbiamo ringraziarla; ma poi qualcosa si è rotto, forse perché si è andati oltre le proprie possibilità. Ora quindi dobbiamo aiutare la Caritas per riportare tutta la situazione ad un livello di normalità, come è sempre avvenuto. Se infatti fino a poco tempo fa i cittadini hanno anche sostenuto ed aiutato la Caritas, mentre ora un quartiere intero si ribella, vuol dire che il problema non possa essere ignorato o trascurato”.
“Mi prendo l’impegno di contattare già domani il Prefetto – ha concluso il primo cittadino – per trovare insieme qualche soluzione”.
Al momento non sappiamo cosa accadrà nei prossimi giorni ed in che maniera i problemi lamentati dai cittadini verranno risolti.
Ci poniamo però alcune domande utili ad una riflessione più profonda.
Se, come ha proposto qualcuno, si dovesse chiudere l’ospitalità, tutte le persone ospitate dove andrebbero a dormire?
In giro per il quartiere? Per i parchi della città? Si avrebbe dunque una maggiore o una minore sicurezza?
In quanto aperta come servizio alla comunità, quindi non per dovere ma per Amore gratuito, con l’aiuto di tanti generosi volontari, la Fondazione Caritas potrebbe anche chiudere l’ospitalità dall’oggi al domani. Se così avvenisse le Istituzioni sarebbero pronte ad accogliere queste persone? Chi li seguirebbe?
Se si può fare così, perché le Istituzioni non iniziano già da subito, anziché portare nuovi ospiti alla Caritas, caricandola poi del peso di controllare ciò che non è di sua competenza?