GROTTAMMARE – “La vera trasgressione è fare una famiglia e mettere al mondo dei figli. Ci vogliono impegno e coraggio, soprattutto per le donne”. – Così diceva la celebre rockstar italiana Vasco Rossi già più di dieci anni fa. Vogliamo allora ascoltare dalle dirette interessate, ovvero le mamme, se e perché abbia ancora senso oggi puntare sulla famiglia e su una genitorialità fatta di amore, sacrificio e responsabilità.
Dopo aver raccontato la storia di Claudia Lo Guasto (https://www.ancoraonline.it/2023/09/07/rubrica-mamme-claudia-lo-guasto-la-felicita-scelta/), Giusy Cataffo (https://www.ancoraonline.it/2023/09/25/foto-rubrica-mamme-giusy-cataffo-ero-pronta-la-mia-vita-pur-madre/) e Federica del Centro Famiglia (https://www.ancoraonline.it/2023/09/27/rubrica-mamme-federica-del-centro-famiglia-san-benedetto-tutti-mi-dicevano-abortire-non-volevo/), incontriamo oggi Eva Maria Capriotti, sposata con Claudio, con il quale ha avuto cinque figli: Giulia, Federico, Daniele, Maria e Lucia.
Come è iniziata la storia d’amore fra lei e suo marito?
Io e mio marito siamo entrambi di Grottammare, eravamo nella stessa comitiva di amici, quindi ci conoscevamo bene. Per questo abbiamo avuto un periodo di fidanzamento molto breve: scoprendoci innamorati, abbiamo fissato subito la data del matrimonio e deciso di mettere su famiglia. Quando ci siamo sposati, io avevo 29 anni e lui 31. Lo scorso settembre abbiamo festeggiato 20 anni di matrimonio.
Quando avete deciso di avere dei figli?
Ci siamo aperti alla vita subito, senza farci tante domande. Vengo da una famiglia numerosa: siamo cinque fratelli! Ho sempre sentito forte la chiamata alla maternità. Non sono rimasta subito incinta. Ho sperimentato per diversi mesi l’inquietudine di dover fare i conti con un progetto diverso da quello che desideravo. Perché non è scontato che, quando lo dici tu, arriva un dono così grande e speciale come è la vita! Non sempre è così. Ricordiamocelo, per favore! Oggi si banalizza tutto, tutto si mercifica, si dà per scontato! Dopo un anno di attesa, il Signore ci ha fatto il primo grande regalo: è arrivata Giulia, la nostra prima figlia, che ora ha quasi diciannove anni. La gravidanza è stata bellissima, il parto dolorosissimo, un trauma, l’allattamento un disastro completo. Dopo soli quattro mesi dall’arrivo della bambina, inaspettatamente sono rimasta incinta di Federico: questo è stato il secondo regalo che il Signore mi ha fatto! Se non fosse capitato per caso, non avrei mai avuto il coraggio di fare altri figli! E di nuovo mi sono ritrovata a dover cambiare i miei piani. Questa è stata una grande lezione di vita, abituati come siamo a controllare, a pianificare, a programmare tutto. Il nostro terzo figlio, Daniele, che oggi ha quindici anni, è giunto a portare la gioia in un momento terribile di lutto per le nostre famiglie. Dopo tre anni è arrivata anche Maria che oggi ha tredici anni: un parto meraviglioso, è sgusciata tra le braccia del papà, bellissima! Lo ricordo come fosse ora, ho ringraziato Dio per la gioia incommensurabile che mi ha investita e ripagata delle tribolazioni dei parti precedenti. Lucia, che oggi ha sette anni, è la nostra quinta figlia. Queste ultime nascite sono state più serene: come se il corpo e la mente si fossero collaudati, preparati a ricevere la vita, ed abbiano imparato come fare, ogni volta meglio. Se penso alla possibilità che possa arrivare un altro figlio, mi sento mancare le energie, ma è certo, come la mia vita, che non è un regalo che manderei indietro.
Qual è il segreto per creare e mantenere una famiglia così numerosa?
Noi non creiamo proprio nulla: l’uomo da sé può fare solo disastri! Possiamo, però, essere strumenti nelle mani dell’unico in grado di dare la vita, Dio, e, solo confidando nella sua Grazia, possiamo non perderci, non fallire come mariti, come mogli, come genitori, come educatori, come cristiani. E il combattimento è ogni giorno. Il segreto? Farsi piccoli. Quanto mi costa farmi piccola con mio marito, con i figli? Tantissimo, però questo mi salva. Non siamo supereroi! Le difficoltà ci sono con i figli e nel rapporto con il coniuge. Capita di sbagliare e di offendersi. Allora fondamentale è scusarsi e tornare sui propri passi: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira”. L’impegno è grande e grande è la responsabilità a cui siamo chiamati. Ci vuole serietà, perché matrimonio e maternità toccano la vita di una molteplicità di persone. Non sei più tu solo e basta. Oggi tutto è banalizzato, c’è tanto individualismo in barba a responsabilità e sentimenti altrui. E poi la frenesia, l’immediatezza delle decisioni, parole definitive e storie liquidate con qualche messaggio su WhatsApp. La tecnologia è una rovina per i rapporti interpersonali. Tutto in un click: stimoli incalzanti, decisioni che riguardano famiglie intere prese in quattro e quattr’otto. Disabituati all’attesa che, a volte, può fare la differenza, che davvero può essere una buona consigliera, può placare l’ira, può restituire lucidità. Nel matrimonio la cosa più sbagliata è pensare che dobbiamo cambiare, o peggio, che l’altro debba cambiare. Il tempo del fidanzamento è fondamentale per questo: conoscere il carattere, le idee, il modo di affrontare le cose dell’altro. Il matrimonio cristiano è una parola decisiva di accoglienza e di cura reciproca, un Amen: ci si dichiara pronti a smussare gli angoli, a superare le asperità. Consapevoli che non si vivrà più solo per se stessi. Forti della presenza di Cristo in virtù del Sacramento. Cadremo? Sicuro! Saremo motivo di sofferenza per gli altri? Sì. Ci deluderanno le persone che amiamo? Probabile. Siamo tutti fragilissimi. Tutto si regge su un’unica parola: carità.
A proposito di non annientarsi per l’altro o per la famiglia, lei come riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo?
Grazie alla salute, all’energia e alla creatività che non mi mancano. Sono agente immobiliare da tanti anni e in due, organizzandoci bene, abbiamo potuto fare tanto e ancora abbiamo tanto da fare. Poi i figli a un certo punto crescono, sono chiamati a collaborare, a fare ciascuno la propria parte, piccole cose che però non finiscono per gravare tutte su uno. Amo inoltre scrivere poesie: appeno posso, mi dedico a questa passione. Lo ritengo un impegno civico: le mie sono poesie sociali, parlano del quotidiano, di questo tempo, del male delle nuove generazione, della pandemia (di cui nessuno parla), di tristezza e inquietudine. Ho avuto la gioia di portare avanti dei progetti, laboratori di poesia a scuola, e mi sono sentita veramente gratificata. Ho pubblicato due raccolte e, a breve, ne uscirà una terza. Dedico del tempo per alcuni servizi in parrocchia. Insomma mi spendo moltissimo in tanti campi e questo mi procura gioia. Sono la prova provata che fare figli non significa seppellirsi in casa! Certamente c’è bisogno di impegno, dedizione e soprattutto tanta collaborazione e sinergia tra marito e moglie. Quella del padre è una figura importantissima. Mio marito è un padre attento, amorevole e autorevole: io, a volte, mi faccio prendere dalle emozioni; lui, al contrario, tiene sempre il punto; è faticoso, tanto faticoso per lui, ma necessario, indispensabile, perché i figli hanno bisogno di certezze, riferimenti, solidità decisionale. Infine ci salva il fatto di essere all’interno di una comunità cristiana. Ci salva da un mondo che catechizza al contrario. Ci salva da tanti inganni: “Lampada ai miei passi è la Tua Parola”.
A livello pratico, quindi organizzativo ed economico, come fate con cinque figli?
Chiaramente si fa quel che si può. Lo Stato non aiuta. Fanno infatti passare per aiuti alle famiglie le agevolazioni che vengono disposte a favore di chi sta quasi in mezzo ad una strada. Giustissimo, per carità, ma non sono politiche per la famiglia. D’altro canto è un inganno profondo pensare di poter fare un figlio solo se si è ricchi. E se le ricchezze materiali dovessero finire? Se dovessero presentarsi altre difficoltà, come una malattia, un lutto o la perdita del lavoro? La verità è che spesso si rinuncia ad avere figli solo ed esclusivamente per paura, paura della povertà, paura di fallire come mogli, come madri, come educatori, paura della morte che ci toglie la pace e che ci fa dubitare di Dio, della Sua Provvidenza. Certo che ci vuole responsabilità, ma pure il coraggio di dire sì, di mettersi in gioco e, se occorre, anche di chiedere aiuto. Alla fine, credetemi, l’unica cosa di cui ha veramente bisogno un figlio è sentirsi amato, protetto, considerato ed accettato per quello che è.
Lei e suo marito cose fate per la crescita spirituale dei vostri figli?
Oggi si fa tanto per il benessere del corpo: mangiar sano, sport, cura della persona. Davvero tanto! Ma per lo spirito? Cosa si fa per curare, mantenere in salute la nostra interiorità? Dove attingere per trovare consiglio, consolazione, per rinfrancarsi, ritrovarsi, discernere il bene dal male? C’è un tripode fondamentale: Parola, Eucaristica e comunità. Sono appuntamenti importantissimi per noi e per loro. Perché il maligno la prima cosa che fa è isolare le persone. Oggi tutto parla di morte, incalzano i fatti di cronaca nera, efferatezze d’ogni genere. Cosa mi fornisce speranza allora? Cosa non mi fa precipitare in un baratro di preoccupazioni per il futuro dei miei figli? La fedeltà di Dio e la promessa della vita eterna. La morte è vinta: ” Sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. Dove sarei senza questa sapienza? Dove sarei fuori dalla Chiesa?
C’è una frase che la rappresenta come madre e come donna?
“La donna ha qualcosa che la rende grande e creativa, come se fosse un’immensa immagine della potenza di Dio: il grembo, la matrice, la fabbrica della vita!” Sono parole di Carmen Hernàndez, storica fondatrice, insieme a Kiko, del cammino Neocatecumenale.
Per concludere voglio condividere anche un fatto che mi è accaduto non molti giorni fa e che ha a che fare con il tema dell’amore sponsale. Un fatto bizzarro che mi ha meravigliato e intenerito molto. Alle prime ore del mattino è entrato nel mio ufficio un signore anziano, con difficoltà a deambulare, che, con grande serietà, mi ha commissionato una poesia, qualcosa che fosse adatto al suo cinquantesimo anniversario di matrimonio, da dedicare alla sua sposa la domenica seguente. “Lei scrive poesie, giusto?” – mi ha chiesto – “Può accontentarmi?” “Wow, che romantico!” – ho pensato -. Come dirgli di no?! La domenica seguente nella chiesa di San Giovanni la comunità ha festeggiato in una Eucaristia questi due sposi e alla fine ho avuto il piacere di dedicare loro la poesia ispirata al gesto delicato di un uomo non più giovanissimo, pure pieno di acciacchi, ma dal cuore grande. Questa testimonianza ancora mi scalda il cuore. Ancora c’è speranza, ancora c’è poesia!
Non c’è niente di più soave
di un cuore forte che tempo e fatiche non abbattono:
arde più che mai vorace dei tuoi abbracci,
delle tue attenzioni e di quegli sguardi
che oramai gli dicono tutto e di cui
non può fare a meno.
Non c’è niente di più soave e delicato
di uno sposo che per la sua sposa invoca
poesia.
Una poesia che possa raccogliere tutte le lacrime,
le scuse, le gioie grandi, i tanti frutti
in un bouquet regale di versi in fiore
partoriti a volte con dolore ma
variopinti e veri, odorosi di
cari ricordi e di un’immensa gratitudine;
testimonianza, oggi come allora, che Dio è fedele:
sopra le cadute, sopra tante fragilità
sguardo che risana, che soccorre
che fa nuove le cose, pacifica,
restituisce la festa.
Non c’è niente di più soave
di un cuore forte che tempo e fatiche non scalfiscono:
arde più che mai vorace dei tuoi abbracci,
delle tue attenzioni e in questo giorno speciale
loda Dio per questi 50 anni con te.