“In parrocchia, la comunità si è ritrovata per partecipare alla Messa e per chiedere il dono della pace e la salvezza. Anche questa notte è trascorsa nel frastuono dei raid, i fedeli stanno bene ma la situazione è drammatica. L’ultimatum, che era stato prorogato di qualche ora da Israele, è scaduto. I parrocchiani con le loro famiglie hanno deciso di restare all’interno dell’area parrocchiale. Nelle nostre strutture stiamo dando rifugio anche a tante famiglie di nostri vicini musulmani che da noi trovano conforto e un po’ di sollievo”.
Padre Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia latina di Gaza, dedicata alla Sacra Famiglia, bloccato a Betlemme a causa dell’attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre scorso, è in continuo contatto con i suoi parrocchiani e con il suo più stretto collaboratore, padre Yusuf Asad. “Ci sentiamo ogni momento possibile – dice al Sir – e così siamo tutti vicini in qualche modo”.
Le testimonianze che arrivano dalla parrocchia, spiega padre Romanelli, ci dicono di “tanta gente che dorme anche a terra perché non abbiamo materassi e coperte a sufficienza. Quello che potevamo avere o abbiamo scaricato. Sono tutti consapevoli del pericolo che stanno correndo ma hanno scelto di restare dentro la parrocchia piuttosto che dirigersi verso il nulla. Inoltre non abbiamo i mezzi e le possibilità per trasferire tutti quei bambini e adulti disabili che devono essere accuditi continuamente.
Qui almeno riusciamo a dare ancora un po’ di acqua e di cibo che ogni giorno mancano sempre di più”. “Se dovessimo andare verso il Sud – conclude il parroco – non avremmo più nulla da dare loro. Ci affidiamo alla preghiera di tanti milioni di persone che vogliono la pace e chiediamo a Dio che illumini la mente di chi può mettere fine a questa guerra”.