“Come religiose, abbiamo messo in pratica la sinodalità per oltre trent’anni, mettendo Cristo al centro e ascoltando le voci di tutti. Oggi è una gioia vederla diffusa nella Chiesa universale, partendo dalla comune missione dei battezzati”.
È’ il bilancio del Sinodo, giunto a metà cammino per il 2023 – in attesa della seconda sessione dell’anno prossimo – stilato da suor Patricia Murray, segretaria esecutiva dell’Unione internazionale delle superiore maggiori (Uisg). “Nel mondo complesso in cui viviamo – ha proseguito la religiosa, durante il briefing odierno in Sala stampa vaticana – vogliamo ascoltare i bisogni della gente, soprattutto degli esclusi e degli emarginati, creare spazi di ascolto e di discernimento reciproco”. Si tratta di un percorso che “non dura solo questo mese”, il riferimento all’anno che intercorre tra la fase attuale e quella conclusiva del Sinodo sulla sinodalità: “La modalità della conversazione dello Spirito ci dà la possibilità di riflettere da differenti prospettive e di andare in profondità nei prossimi mesi, per poi ritornare a riunirci e approfondire le questioni”. “Ci sono anche tensioni, c’è un lavoro da fare, ma l’importante è il processo: il tempo tra le due assemblee sinodali un dono. È la Chiesa universale che sosta in preghiera e discerne”. Quanto al suo ruolo di prima donna al Sinodo a far parte della Commissione per la sintesi dei documenti, lo definisce “simbolico della capacità delle donne di partecipare nelle decisioni”: “Molte donne al Sinodo portano le loro riflessioni individuali e i loro contributi, c’è spazio affinché le donne siano ascoltate. Imparare ad essere una Chiesa sinodale è un processo che prende tempo e richiede una adeguata formazione: è un processo, una pratica spirituale, dobbiamo imparare dalla nostra libertà. Non è un esercizio spirituale, ma di cuore”.
“Dopo più di due settimane di Sinodo, incontrando quasi 400 persone ogni giorno, ho una forte percezione che al Sinodo si sono riunite 400 persone che vogliono bene agli altri, che dedicano proprio tempo per aiutare gli altri”. Lo ha testimoniato mons. Zdenek Wasserbauer, vescovo ausiliare di Praga, condividendo le sue risonanze sull’esortazione apostolica pubblicata ieri da Papa Francesco su Santa Teresina, che alla fine della sua vita ha cominciato a vivere una notte oscura, molto profonda. Per il presule, “è interessante che Santa Teresa di Lisieux metta questa sua notte in relazione diretta con la dolorosa realtà dell’ateismo, che alla fine dell’Ottocento ha conosciuto la sua età dell’oro”. “Anche io ho vissuto sulla mia pelle la tragedia del comunismo, che ha massacrato le nostre nazioni, culturalmente, spiritualmente”, la testimonianza di mons. Zdenek Wasserbauer: “Alcuni dicono che anche la Chiesa del terzo millennio sta vivendo una notte. Ma mi sembra che in questo Santa Teresina aiuta: se ci sono tenebre, se ci sono notti nella vita della Chiesa, ci aiuta a illuminare queste notti e a portare la luce nelle notti e nell’oscurità della Chiesa del terzo millennio”.