Sergio Perugini
Su il sipario della 18ª Festa del Cinema di Roma (18-29 ottobre) con l’opera prima di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, fotografia sociale di una donna, di tante donne, nell’Italia a poche settimane dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946. Un racconto che esplora con ironia, grazia e note drammatiche, la condizione femminile di ieri (e di oggi) disseminata di disparità e vessazioni.La Cortellesi convince e conquista con emozione, firmando un’opera di impegno civile dai riverberi educativi.Un film che sembra recuperare lo sguardo di Ettore Scola sul personaggio di Sophia Loren in “Una giornata particolare” (1977). E ancora, in sala dal 19 ottobre l’ultimo splendido film di Martin Scorsese, “Killers of the Flower Moon”, un intenso e livido dramma storico dalle sfumature western, un’opera che rilegge violenze e crimini ai danni degli indiani Osage negli Stati Uniti degli anni ’20 del Novecento.Scorsese torna dietro alla macchina da presa con grinta e incisività, componendo un affresco storico di denuncia che affascina nonostante la durata eccessiva di 206 minuti. Protagonisti Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, Lily Gladstone e Jesse Plemons.Il punto Cnvf-Sir.
“C’è ancora domani” (Cinema, 26.10)
Partenza con il piede giusto per la 18a edizione della Festa del Cinema di Roma, sotto la direzione artistica di Paola Malanga e la presidenza di Gian Luca Farinelli. Come film d’apertura è stato scelto l’esordio alla regia dell’attrice Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”,un film di donne, per le donne, per la società tutta.Una fotografia storica, ma anche un’istantanea del nostro presente, un’opera che si posiziona a metà strada tra impegno civile, denuncia e proposta educativa. Prodotto da Wildside, Vision Distribution con Sky e Netflix, “C’è ancora domani” è scritto dalla stessa regista con Furio Andreotti e Giulia Calenda (insieme hanno firmato il copione di “Come un gatto in tangenziale”). Nel cast, oltre alla Cortellesi, Valerio Mastandrea, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Romana Maggiora Vergano, Vinicio Marchioni e Francesco Centorame.
La storia. Roma, maggio 1946. Delia è sposata con Ivano, un reduce delle due Guerre che ogni giorno le fa scontare il suo cattivo umore. Insieme hanno tre figli: Marcella, una giovane donna, e due preadolescenti. Delia fa numerosi sacrifici e lavori per non far mancare nulla in casa, ma riceve indietro solo ingratitudine e percosse. L’unica che si accorge dei suoi sforzi silenziosi è la figlia Marcella. In casa c’è fermento per il fidanzamento ufficiale di Marcella con Giulio, un borghese che potrebbe attivare finalmente l’ascensore sociale…
“Con ‘C’è ancora domani’ – dichiara Paola Cortellesi – ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle tante donne qualunque che hanno costruito, ignare, il nostro paese. Delia è le nostre nonne e bisnonne. Chissà se abbiano mai intravisto un ‘domani’. Per Delia un domani c’è. È un lunedì, ed è l’ultimo giorno utile per cominciare a costruire una vita migliore”.
Girato con uno splendido bianco e nero, il film “C’è ancora domani” si muove su un binario neorealista, ricorrendo qua e là a suggestioni brillanti e raccordi musicali (con sequenze quasi da musical).Uno sguardo incisivo e acuto sulla società italiana nell’immediato dopoguerra, erosa da povertà, macerie (anche morali) e da un ingombrante maschilismo che non lasciava spazio alle donne, sia umili che borghesi.
Con il personaggio di Delia la Cortellesi sembra recuperare quello di Antonietta interpretata da Sophia Loren in “Una giornata particolare” (1977): una donna schiacciata da un marito, da una famiglia, abituati a sottometterla, a trattarla come irrilevante o invisibile. Il film di Scola era ambientato al tempo del fascismo, quello della Cortellesi sulle macerie, in un Paese in cerca di una nuova identità, ma la condizione della donna non sembra affatto diversa. A ben vedere, in “Una giornata particolare” Antonietta provava a cambiare ma poi rimaneva imbrigliata nella sua prigione domestica, la Delia di “C’è ancora domani” fa di tutto per garantire a se stessa e alla figlia Marcella – simbolo dell’Italia di domani, delle nuove generazioni – un orizzonte di possibilità e di libertà.
“C’è ancora domani” è un esordio alla regia riuscito, splendido e commovente. Un’opera stratificata, dolente ma anche illuminata dalla leggerezza della risata.La Cortellesi rimane fedele ai suoi codici interpretativi di matrice sociale, al suo desiderio di raccontare figure di donne che rompono barriere e tabù. Il copione gira sicuro e agile, forte anche di personaggi e interpretazioni efficaci; a imprimere ulteriore pathos e compattezza le musiche di Lele Marchitelli e brani noti come “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla e “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri. “C’è ancora domani” è consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Killers of the Flower Moon” (Cinema, 19.10)
Da oltre mezzo secolo Martin Scorsese ci provoca, sfida e conquista con opere cinematografie di grande intensità. Da “Mean Streets” (1973) a “Taxi Driver” (1976), da “L’ultima tentazione di Cristo” (1988) a “L’età dell’innocenza” (1993), sino ai più recenti “Hugo Cabret” (2011), “The Wolf of Wall Street” (2013) e “Silence” (2016). A quattro anni dalla sua ultima regia, “The Irishman” (2019) targato Netflix, il regista newyorkese torna a picchiare duro sulla storia degli Stati Uniti e le sue fratture sociali con “Killers of the Flower Moon”, opera che prende le mosse dal romanzo di inchiesta di David Grann del 2017 che ha gettato luce su un torbido atto di violenza ai danni dei nativi americani Osage. Presentato in anteprima al 76° Festival di Cannes, “Killers of the Flower Moon” è prodotto dallo stesso Scorsese, dal protagonista Leonardo DiCaprio e da Apple Studios. È nei cinema italiani con Leone Film Group e 01 Distribution.
La storia. Stati Uniti, anni ’20. I nativi americani Osage godono sul loro territorio di una condizione di alto benessere in seguito alla scoperta di petrolio. Ben presto diventano preda di brama e mire delittuose da parte della comunità bianca locale. Su tutti lo scaltro William Hale (Robert De Niro) e il vacuo nipote Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio). Quest’ultimo si lega a Mollie Kyle (Lily Gladstone), facoltoso membro della comunità Osage. Sono anni nei quali si verificano numerose morti sospette tra gli Osage, riconducibili proprio ai traffici di Hale…
Scorsese conferma ancora una volta le sue qualità narrative, mettendo in campo una regia vigorosa, complessa e imponente. Disegna un affresco storico degli Stati Uniti dei primi decenni del Novecento con pennellate western ruvide e fosche, tratteggiando uno campionario umano vile e disgraziato, devoto solo al dio denaro.Il regista ritorna ancora una volta sul tema delle radici identitarie dell’America del Nord, la spregiudicata lotta di sopraffazione ai danni delle minoranze, in questo caso dei nativi americani.Un’intolleranza che non sembra poggiare “solo” sull’odio razziale, ma cibarsi anche di istinti feroci dell’animo umano, quell’animo ossessionato da potere ed egoismo.
Scorsese stupisce per come orchestra il racconto e ne mantiene la solidità, il ritmo, per oltre tre ore – unico neo dell’opera è la durata smisurata di ben 206 minuti –, governando una storia complessa e articolata, disseminata di accadimenti e personaggi.Una messa in scena suggestiva, imponente, esaltata anche da interpretazioni maiuscole a cominciare dai Premi Oscar Robert De Niro e Leonardo DiCaprio.E se la durata eccessiva rischia di mettere alla prova la visione per lo spettatore, il finale acuto e geniale di certo ne premia lo sforzo. “Killers of the Flower Moon” è un film da vedere per (ri)scoprire una dolorosa pagina della storia americana, attraverso lo sguardo incalzante e mai banale di un grande maestro del cinema. Film complesso, problematico, per dibattiti.