DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
613: tanti sono i precetti che, al tempo di Gesù, il pio israelita doveva osservare. Le famose dieci parole (dieci comandamenti) che Jahwè aveva donato al suo popolo venivano praticamente soffocate dalle miriadi di prescrizioni rituali e morali che erano state aggiunte.
«Maestro, nella legge, qual è il più grande comandamento?», chiede un dottore della legge a Gesù. Ovvero, Maestro, qual è il primo comandamento dei 613 che abbiamo?
E’ una domanda maliziosa, questa, perché, tra gli esperti della Legge c’erano forti controversie su questo tema. Pronunciarsi in un modo o in un altro avrebbe significato appoggiare o scontrarsi con un gruppo religioso e di potere piuttosto che con un altro.
Gesù risponde citando il libro del Deuteronomio: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento».
Sono i versetti della Scrittura contenuti nella professione di fede ripetuta tre volte al giorno dal credente ebreo: al Dio che ci ama di un amore eterno, a lui che ci ama per primo, rispondiamo con un amore libero e pieno di gratitudine.
Fin qui, potremmo dire, Gesù si mantiene nel solco della tradizione di Israele. A questo punto, però, egli compie un importante passo in avanti, accostando al versetto tratto dal libro del Deuteronomio, uno tratto dal libro del Levitico. Infatti, Gesù continua così: «Il secondo poi è simile a quello: amerai il tuo prossimo come te stesso».
Attenzione, dice Gesù, non basta un cuore infiammato per Dio per essere con me. O il rapporto con Dio attira il fratello in questo circolo d’amore, o è semplicemente sentimentalismo romantico.
Amare non è un’idea, una filantropia, un vago sentire, ma una vita operosa, lo meditavamo anche la scorsa domenica.
La prima lettura ci aiuta ad essere concreti: «Non molesterai il forestiero né l’opprimerai…non maltratterai la vedova o l’orfano…non ti comporterai con l’indigente da usuraio».
L’amore si misura sul bene fatto, sui gesti con i quali siamo capaci di dare vita, sulle parole che aiutano. Solo chi vede i cristiani amare così crede che il Vangelo sia vero.
Ma facciamo attenzione…Gesù dice «Amerai il tuo prossimo come te stesso», perché se non amiamo noi stessi non saremo capaci di amare nessuno, sapremo solo prendere o possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine.
Scrive un autore: “Dio non copre tutte le gamme d’onda del nostro cuore. L’amore di Dio non risponde a tutte le dimensioni del cuore dell’uomo. C’è un’estensione delle capacità amanti dell’uomo, alla quale Dio non pretende di essere unico e geloso sbocco. Infatti Gesù offre tre oggetti all’amore, diversi e non in concorrenza tra loro: ama Dio, ama il tuo prossimo, ama te stesso”.
E Gesù termina con queste parole: «Da questi comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Dal comandamento dell’amore dipende tutto il resto, i piani pastorali, le strutture, i carismi, i ministeri, le scelte, le norme, i ruoli, la missione. Se prima e dentro non c’è l’amore, rendiamo assente Dio.
Un’ultima considerazione: può sembrare strano parlare di “comandamento, comando” quando ci si riferisce all’amore. L’amore richiama concetti come desiderio, libertà, entusiasmo.
Gesù ci vuole dire che, ciò di cui sta parlando non è un sentimento spontaneo che, quasi naturalmente sgorga dal nostro cuore. Sempre domenica scorsa parlavamo della quotidiana fatica di amare. Quell’amore che non esige il contraccambio, che è donato a chiunque sempre, senza alcun limite, fino al nemico. E’ l’amore da chiedere con insistenza a Dio nella preghiera.
Allora ogni volta che non riusciamo a fare il bene e a far vivere la sorella o il fratello che abbiamo vicino, può venirci in aiuto la preghiera del salmista perché possiamo attingere l’amore che ci serve dall’amore di Dio e richiamarlo così al nostro cuore: «Ti amo, Signore, mia forza, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore. Mio Dio, mia rupe…mio scudo, mia potente salvezza e baluardo».
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