Di Daniele Rocchi
“Senti il rombo dell’aereo? Ecco, ora bombardano”: la voce di suor Nabila Saleh, religiosa delle Suore del Rosario viene improvvisamente coperta dal rumore di un aereo israeliano. In collegamento con il Sir, da dentro la parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza, prova da giorni a raccontare quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Nel complesso parrocchiale hanno trovato rifugio quasi 700 sfollati, un numero cresciuto dopo il raid aereo israeliano al complesso della vicina parrocchia greco-ortodossa di san Porfirio che ha causato 18 vittime e decine di feriti. “Ogni giorno la situazione si fa più dura e critica. I bombardamenti non si fermano. Ieri i raid di Israele hanno colpito la nostra zona, qui vicino alla parrocchia. Siamo stanchi e afflitti, i bambini non dormono, le famiglie fanno sempre più fatica ad andare avanti sotto le bombe”. Ieri alla comunità cristiana di Gaza sono arrivate le parole del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa: “un po’ di sollievo – dice la religiosa – parole che ci hanno fatto bene all’anima”.
Sotto le bombe. Ma ci sono anche ‘corpi’ da assistere e curare: “Chiediamo che si fermino le bombe e i razzi, la popolazione gazawa è sfinita – implora la religiosa -. Tra i nostri fedeli ci sono anche anziani, disabili gravi, bambini. Piange il cuore a vederli in questa situazione. Mi chiedo che male hanno mai fatto per meritare un simile destino”.
“Dove sono finiti l’umanità, il diritto, il rispetto della vita: dove? Sotto le bombe”.
“Mancano cibo, acqua, elettricità ma si va avanti. Gaza è distrutta, macerie ovunque. L’importante, però, è restare in vita, ci sarà tempo per ricostruire”. “La notte appena trascorsa l’abbiamo passata dentro la chiesa perché razzi e bombe sono esplose qui vicino – aggiunge suor Maria del Pilar, missionaria dell’Istituto del Verbo Incarnato (Ive) a Gaza -. Nessuno tra i nostri ha riportato ferite, ma solo tanta paura, specie tra i bambini. Dopo quasi tre settimane di guerra in parrocchia stiamo tutti abbastanza bene e questo lo considero un miracolo. Qui abbiamo circa 700 sfollati, per un totale di 132 famiglie, ognuna di queste con i suoi problemi, pensieri, paure ed educazione. Nonostante ciò la convivenza tiene e ci si aiuta gli uni gli altri, senza risparmio”.
Le telefonate del Papa. La più grande consolazione per i cristiani di Gaza è “la quotidiana telefonata di Papa Francesco per parlare con noi” afferma suor Pilar che proprio ieri ha raccontato direttamente al Pontefice quanto stanno vivendo nella parrocchia: “gli ho riferito anche dei bombardamenti e dei razzi. Ascoltare le sue parole per noi è confortante”. “Il Papa ci chiama ogni giorno – racconta al Sir da Betlemme, dove è bloccato dallo scoppio della guerra, il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli – ci manifesta la sua preghiera, la sua vicinanza e la sua preoccupazione. Ripete sempre di custodire i bambini e di pregare tanto. Ogni giorno, al termine della telefonata, ci benedice tutti”.
Giornata di preghiera. Un invito, quello alla preghiera, che padre Romanelli raccoglie subito: “Ci uniremo a Papa Francesco per la giornata di digiuno e di penitenza, e vivremo anche noi un’ora di preghiera per implorare la pace nel mondo. I primi a farlo sono e saranno proprio i cristiani di Gaza. Sin dalle prime ore del mattino si preparano alla Messa, ce ne sono due al giorno, alla recita del Rosario, all’Adorazione continua”.
“Tutti, bambini, giovani, anziani, famiglie trascorrono il tempo pregando, una preghiera incessante che si alza da ogni angolo della struttura parrocchiale, quasi a rispondere al rumore delle bombe e dei razzi”.
Il parroco ringrazia anche il patriarca latino, card. Pizzaballa, per le sue “parole di vicinanza, di affetto e di impegno concreto per i nostri fedeli arrivate ieri attraverso un videomessaggio”. Il patriarca, ricorda il religioso, “conosce singolarmente tutti i nostri fedeli. Le sue sono parole che escono dal profondo del cuore e che confermano anche l’impegno del Patriarcato latino per la pace in tutta la Striscia di Gaza”. La parrocchia, in questa emergenza umanitaria, cerca di fare il possibile: “Quel poco che si riesce ad avere o acquistare – dichiara padre Romanelli – viene redistribuito a tutti gli sfollati. Per quanto è possibile distribuiamo acqua potabile anche alle famiglie delle zone vicine che vengono a chiedere. La parrocchia è unita al quartiere di al-Zaytoun e ai suoi abitanti cercando di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze”.
Aprire corridoi umanitari. Ma è una goccia nell’oceano dei bisogni. Denuncia il parroco: “Il corridoio umanitario aperto al valico di Rafah non è sufficiente a fare fronte ai bisogni della popolazione gazawa. Prima della guerra a Gaza entravano quotidianamente centinaia di camion con aiuti umanitari e non erano sufficienti, come possono bastare oggi solo 20 Tir al giorno? Rafah deve essere sempre aperto perché i bisogni erano enormi prima e oggi lo sono molto di più. Devono essere aperti altri corridoi umanitari”. Ma la prima cosa da fare, per padre Romanelli,
“è fermare i bombardamenti e il lancio dei razzi; serve un cessate-il-fuoco immediato e lavorare per favorire il rilascio degli ostaggi”. Ci sono poi migliaia di feriti che devono essere curati”.
“Lo stop dei combattimenti – ribadisce – è necessario per aiutare la popolazione. Chi è stato costretto a lasciare la propria casa oggi non ha più nulla, nemmeno un po’ di farina che prima poteva trovare nella sua dispensa. La gente ha bisogno di tutto”. “I parrocchiani – rivela il religioso di origini argentine – ci chiedono di ‘pregare e parlare’. ‘Fate pregare tutti coloro che chiedono e credono nella pace, parlate perché si conosca questa drammatica tragedia umanitaria’”. In un’unica parola: “pregate per la pace”.
L’appello. Da qui l’appello di padre Romanelli: “Alla vigilia di questa Giornata di preghiera voglio invitare tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sparsi nel mondo ad unirsi in preghiera per la pace. E soprattutto ad unire alla preghiera sacrifici: chi è malato possa avere la forza di offrire la sua sofferenza, chi può offra digiuni e rinunce perché Dio nella sua misericordia accolga questa preghiera e doni la pace a Israele, alla Palestina, e che cessino i bombardamenti nella Striscia di Gaza”.