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Ripatransone, in memoria di don Antonio Capriotti e il caso della Chiesa di San Filippo, verrà mai riaperta?

Di Pietro Pompei

RIPATRANSONE – A scanso di equivoci, e di fraintendimenti faccio miei questi versi trovati per caso.

“Natura non mi concesse ardire, o sfrontatezza, bastevole a entrare nel chiasso delle civili contese. Ma per l’avanzata età che ora mi fa immune da futili  tremori, oso trasmettere agli Amministratori della città di Ripatransone e ai Cittadini che li sollecitano, parole venutemi dal profondo del cuore”.

In questi giorni ho ricevuto in regalo un libretto che mi ha rituffato nelle memorie, ridandomi un po’ di ossigeno. Ringrazio il mio amico per questo gentile pensiero. Il titolo è quanto mai indovinato: Tutto è Tuo; ha il sapore paolino, e per un cristiano, tanto più sacerdote, ne va della propria esistenza.
Mi sono ritrovato a quel 1947, quando nel Seminario di Montalto è iniziata la mia amicizia con don Antonio: io in prima media e lui in terza; io tra i piccoli e lui tra i grandi; e poiché era grande lo fecero “prefetto” del nostro gruppo.
Ho continuato a sfogliare questo pamphlet  con voluttà e sto con fatica digerendo quanto il mio cervello ormai affaticato è riuscito a trovare nel tempo: i mesi estivi tra i monti Sibillini, fino agli incontri mattutini a Ripatransone quando, ci si salutava, davanti la porta della Chiesa di San Filippo: io come insegnante e lui con funzioni di vice-parroco.
Un tuffo al cuore! Erano gli anni degli entusiasmi, stavamo raggiungendo il pieno delle nostre speranze: partiti allo stesso modo, ancora una volta ci si divideva. Davanti a quella porta, ormai chiusa, ho riascoltato la sua voce: “Così ha voluto il Signore, sia fatta la Sua volontà”.
Chiesa dell’Immacolata o di San Filippo… basta cercare su internet e trovi: “L’interno, il più bello della città…,ancora, dopo Roma, Ripatransone  è la città che ha il maggior numero di testimonianze autentiche di San Filippo, merito questo di P. Alessandro e P. Germanico Fedeli di Ripatransone che furono tra i primi discepoli e collaboratori del Santo…” e molto altro.
È stata la parrocchia del mio matrimonio e dove sono stati battezzati i miei primi due figli e pertanto particolarmente importante e cara.  Oggi questa chiesa è sigillata, in questo modo non si prevede alcun futuro.
Don Antonio aveva avuto questo presentimento quando (vedi a pagina 24) nel 2010 per malattia fu costretto a rinunciare alla parrocchia e espresse il desiderio di dare un ultimo saluto ai parrocchiani: “Una benevola accoglienza dell’invito alla celebrazione del 24 maggio in San Filippo per darmi una volta tanto, con la vostra partecipazione, un segno di attaccamento sincero non tanto a me, patrigno forse più che padre,  quanto alla nostra parrocchia. Sarebbe motivo per me di grande conforto se, dovendo ormai rimettere la parrocchia nelle mani del Vescovo, potessi all’indomani lasciarla con la sicura, concreta speranza della sua sopravvivenza, grazie all’interessamento, all’impegno e alla partecipazione assidua di voi parrocchiani.
Con questa speranza vi attendo numerosi all’appuntamento e fin d’ora vi benedico cordialmente con sincero, seppur non bene espresso, affetto di padre nella fede”.
A pag: 36, l’amore per la chiesa di San Filippo da parte di don Antonio, è testimoniato dal vescovo Mons, Gervasio Gestori, ma in modo più dettagliato dai Priori delle Confraternite a pag.42 :
“Come dimenticare l’amore appassionato di don Antonio per la chiesa di San Filippo, il santo della gioia onorato con celebrazioni centenarie della morte e con la posa del  Monumento e l’intitolazione del piazzale della scuola, dove vengono formati i nostri ragazzi. Al tempo stesso resterà nella storia l’attività di recupero delle chiese rurali come il Carmine e la carità, dove si recava pellegrino ai piedi di Maria durante le ricorrenze delle feste estive fino a quella settembrina della Petrella. Durante il suo parrocato la Madonna è stata onorata con tridui, processioni, con ricchissimi novenari all’Immacolata concezione e  alla Beata Vergine di Lourdes, con addobbi di stoffe damascate, tappeti, fiori, illuminazioni, candele, musiche e predicazioni che hanno lasciato un segno tangibile nell’anno Mariano 1988 nel monumento alla Madre del Redentore, Salus popoli ripani. Da questo episodio nacque il titolo di “Città di Maria” di cui Ripatransone si può a buon diritto fregiare, a seguito dell’opera pastorale di don Antonio”.

Se c’era bisogno di una testimonianza al di fuori dell’ambiente religioso, ecco quanto scrive Anna Lo Bianco, già Direttore della Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini in Roma, a pag.56 : “ Don Antonio e io ci incontravamo per parlare della storia della chiesa di San Filippo, dei documenti che andavo scoprendo negli archivi degli oratoriani che descrivevano con precisione i nomi dei committenti, dei pittori, dell’architetto, degli stuccatori, facendoci immergere in un passato che ci sembrava di toccare con mano. Alla fine si era completata in modo pieno e consequenziale tutta la vicenda della chiesa e don Antonio entusiasta, volle organizzare una conferenza su queste importanti novità per la città, destinata a tutto il pubblico di Ripatransone e grazie a lui fu un successo. Lo volle poi replicare pubblicando un volumetto dedicato proprio a San Filippo. L’argomento fu riproposto poi in un convegno sui luoghi Filippini che si tenne a Fano, alla presenza del Sindaco (pro tempore) di Ripatransone Ubaldo Maroni”.

Non voglio dilungarmi dalle foto che mi fanno vedere la situazione attuale della chiesa di San Filippo, capisco che la promessa apparsa sulla Stampa,in data 13 luglio 2022, “su al via il piano di rimessa in sicurezza della chiesa di San Filippo” è consistita in alcune tavole a tenere la facciata ed alcuni bastoni ad incrociare le finestre, ma la Chiesa è stata ed è rimasta chiusa, sembra che l’unica cosa che si sia ottenuto è stata la riapertura della via che la fiancheggia. Tenere chiusa la Chiesa per molti anni significa condannarla alla demolizione. È sapere comune che ogni ambiente, non frequentato, va alla malora, tanto più una Chiesa con tutto l’arredamento. Ecco perché don Antonio era preoccupato e faceva appello ai parrocchiani.
Che tristezza vedere quelle finestre così arrangiate sanno di carcere. Manca solo un fazzoletto bianco per ricordare quelle che si vedevano una volta dalla Circonvallazione nei pressi della torre dove viveva una povera donna di nome Generosa e che ha di fronte un fabbricato con appartamenti dove era posta la Chiesa di San Benigno di cui è rimasto solo  il campanile.
Spero che il timore di Don Antonio è di tutti noi non si traduca in una profezia.
Mi si tacci pure da Cassandra, non mi importa, anzi sarò ben contento se il mio caso andrà a sbugiardare anche la mitologia.

Redazione:

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  • Mi hanno battezzato in quella chiesa spero con tutto il cuore che venga rimessa a posto e riaperta, sarebbe veramente un gran peccato lasciarla andare in rovina! .. non ci voglio nemmeno pensare ad un simile destino!