Gigliola Alfaro
La manovra è approdata in Parlamento, con prima tappa al Senato, dopo l’autorizzazione da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla presentazione alle Camere del ddl riguardante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”. Non manca una parte della manovra dedicata alla famiglia: si tratta del Capo II, intitolato “Famiglia, pari opportunità e politiche di intervento in materia sociale” del Titolo V che riguarda i temi di lavoro, famiglia, pari opportunità e politiche sociali. Tra le misure previste, lo stop ai contributi per le mamme lavoratrici con almeno 2 figli. Decontribuzioni al 100% fino a un tetto massimo di 3mila euro annui, senza limiti di reddito, per tutte le mamme lavoratrici con almeno due figli, escluse le colf. Lo sgravio dura fino ai 10 anni del bimbo più piccolo per le madri con due figli e fino ai 18 anni del figlio più piccolo con tre figli o più. Sale il bonus asilo nido per i bebè nati il prossimo anno con fratelli under 10. Ai nati da gennaio 2024 per i nuclei familiari con Isee fino a 40mila euro con almeno un figlio di età inferiore ai dieci anni, l’incremento del buono asili nido è elevato a 2.100 euro. A questo scopo l’autorizzazione di spesa è incrementata di 240 milioni per l’anno 2024, 254 milioni per l’anno 2025, 300 milioni per l’anno 2026, 302 milioni per l’anno 2027, 304 milioni per l’anno 2028 e 306 milioni annui a decorrere dall’anno 2029. Nella determinazione dell’indicatore della situazione economico equivalente (Isee) sono esclusi, fino al valore complessivo di 50mila euro, i titoli di Stato nonché i prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato. Delle misure per le famiglie contenute nella manovra parliamo con Adriano Bordignon, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari.
Come giudica la manovra?
Ci sono degli aspetti positivi, ad esempio la riduzione dei costi di accesso agli asili nido e a scarsità di risorse si punta sui secondi figli. È indubbiamente un contributo significativo, anche se non è l’asilo nido gratuito, c’è il riferimento all’Isee fino a 40mila euro e con un altro figlio al di sotto dei dieci anni, inoltre sarà coinvolta una popolazione di utenza tra i bambini molta esigua perché riguarderà i nati successivamente al 1° gennaio 2024, quindi non toccherà i bambini che già stanno andando ai nidi né i secondogeniti che nasceranno fino al 31 dicembre di quest’anno. Le quote per finanziare questo bonus sono crescenti negli anni, ma secondo il Forum è una criticità la questione che il primo fratello deve avere massimo dieci anni per poter usufruire della misura di supporto per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido del secondogenito. Al di là di questo,sostenere le spese per il nido e far partire l’aiuto dal secondo figlio ci sembra un primo passo significativo.
Come giudica la misura sulle lavoratrici con figli?
L’aspetto della decontribuzione per le madri lavoratrici ci sembra positivo, speriamo che assuma una strutturalità. Indubbiamente,
ci lascia un po’ perplessi il fatto che la decontribuzione riguardi solo le madri lavoratrici dipendenti.
In Italia, invece, abbiamo una popolazione di madri che sono libere professioniste, a partita Iva, che non potranno godere di questo tipo di supporto.
Ci sono poi le misure in materia di congedi parentali.
È sicuramente positivo l’allungamento dei periodi di congedo per i genitori.
Quanto è stato destinato alle famiglie nella manovra è sufficiente?
No,riteniamo un aspetto non particolarmente positivo l’esiguità delle risorse. Comprendiamo il contesto economico italiano, che ha dei vincoli importanti a livello europeo, però un miliardo non è quello che ci farà fare la svolta in campo di lotta alla denatalità nel nostro Paese.Teniamo conto che in Giappone per gli anni 2023, 2024, 2025 sono stati predisposti 20 miliardi in più ogni anno per le politiche per l’infanzia e per la lotta alla denatalità. Non solo.
Ci dica…
Per noi un aspetto negativo è che nel calcolo per il computo dell’Isee sono stati esclusi i Buoni del Tesoro, ma non la prima casa.
Mi spiego: ci pare strano che i Buoni non sono considerati per il conteggio dell’Isee, mentre venga ancora considerata la prima casa, che è essenziale per le persone, invendibile e indisponibile, perché se una famiglia si vende la casa resta senza un tetto. Noi da tempo chiedevamo una riforma dell’Isee che partisse proprio dall’escludere dal computo la prima casa: ci sorprende, invece, che nella Legge di bilancio vengano esclusi i Buoni del Tesoro.
Vi aspettavate qualcosa di più dalla manovra?
Sì, da tempo puntiamo sul perno dell’assegno unico, affinché venga rinforzato in modo significativo e reso più appetibile. Ci aspettavamo, quindi, che venissero messe più risorse sull’assegno unico.Ci hanno detto che non è stato fatto per un rischio di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea, però, per noi, l’assegno unico resta lo strumento principale sul quale insistere e dal quale partire per mettere a segno altre politiche a favore della famiglia. Un’altra delusione viene da un’altra attesa delusa. Ci aspettavamo che la quota non distribuita di assegno unico del 2023, ipotizzata intorno al miliardo e mezzo, venisse rimessa sull’assegno unico 2024 per alcune specifiche categorie, come le madri giovani per favorire l’anticipazione dei tempi di scelta procreativa, oppure sui secondi figli, perché è uno degli obiettivi ricercati per la lotta alla denatalità, oppure per innalzare la quota minima di 54 euro, perché le famiglie non presentano l’Isee e fanno richiesta dell’assegno unico per una cifra così irrisoria. Volevamo che questo miliardo e mezzo fosse messo a disposizione; invece, 350 milioni dell’avanzo dell’assegno unico non distribuito sono stati destinati a obiettivi di carattere generale nella finanziaria in corso. E, oltre a questo, ci sono terreni inesplorati come la questione di un grande lavoro sui servizi territoriali per la prima infanzia e il caregiving; la questione del lavoro femminile, siamo ancora con 20 punti di ritardo rispetto agli altri Paesi europei; la questione del momento in cui i giovani si avvicinano a una vita autonoma, troppo tardiva rispetto agli altri giovani europei.Abbiamo, secondo i dati Istat, il 65% dei giovani tra i 17 e i 34 anni ancora che vivono in famiglia, dobbiamo lavorare su questo per avere giovani liberi, protagonisti delle loro vite, capaci di fare scelte tra le quali anche l’avere un figlio.
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