Patrizia Caiffa
4,5 milioni di euro dall’inizio della pandemia ad oggi. 1 milione di interventi realizzati tra pasti, posti letto, farmaci e indumenti. Oltre 40.000 persone aiutate in 80 Caritas diocesane. E’ questo il bilancio dei tre anni di alleanza tra Caritas italiana e Intesa Sanpaolo, che hanno presentato questa mattina a Roma i risultati e gli sviluppi del programma “Aiutare chi aiuta” contro l’aumento delle povertà in Italia. Una iniziativa confermata per il quarto anno, nel biennio 2023-2024, con un focus sul mondo del carcere e sul reinserimento delle persone detenute. A questo proposito sarà inaugurato venerdì prossimo, nel carcere minorile di Casal del Marmo, un pastificio che darà lavoro a una ventina di giovani detenuti. Tra gli ambiti di intervento privilegiati dalla collaborazione: l’offerta di beni e aiuti materiali, casa e accoglienza, sostegno nella ricerca di lavoro e nell’avviamento di nuove imprese. Nel secondo anno l’attenzione è stata rivolta alle persone anziane, nel terzo alla povertà giovanile e all’inclusione della popolazione anziana. Per coordinare il lavoro è attiva una apposita “cabina di regia” che tiene conto dei bisogni e delle risposte necessarie, cercando di raggiungere in maniera capillare i territori che hanno meno risorse.
L’intervento di quest’anno privilegerà il mondo del carcere, ha spiegato Paolo Bonassi, executive director Strategic Initiatives and Social Impact di Intesa Sanpaolo, e “si svilupperà lungo quattro direttrici: promozione dei valori e del rispetto delle regole, della legalità; distribuzione di beni primari e di prima necessità, in particolare pasti, indumenti, prodotti per l’igiene sia in carcere sia presso strutture protette, a cui si aggiungono servizi di accoglienza e accompagnamento per i detenuti in permessi premio, agli arresti domiciliari o che hanno da poco concluso il percorso di pena; formazione, con corsi professionalizzanti e di accompagnamento al lavoro all’interno e all’esterno del carcere, con incarichi lavorativi durante e al termine del periodo di detenzione”. L’alto tasso di recidiva al 70% scende infatti al 2% “per chi in carcere ha appreso un lavoro”, ha aggiunto Bonassi.
“Non distogliere mai lo sguardo dai poveri”. “Viviamo un tempo difficile – ha detto don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana – la guerra ci ricorda che tutto può essere stravolto da un momento all’altro. In Italia aumentano povertà e lavoro povero. Di fronte ad una sfida del genere dobbiamo costruire comunità solidali e dare risposte complesse”. “Non dobbiamo distogliere mai lo sguardo dai poveri – ha sottolineato – è la nostra forza e ciò che ci motiva e ci spinge a stringere nuove alleanze.
In questo tempo così complesso tutti dovremmo tornare ad essere ‘spacciatori’ di opportunità”.
Il progetto con Intesa San Paolo permette di costruire “comunità solidali che vedano la partecipazione di tutti, soprattutto dei poveri. Altrimenti risorse continueremo a fare assistenzialismo, noi invece vogliamo la promozione delle persone. Non possiamo delegare a qualcuno il bene comune, non possiamo dare per carità ciò che è dovuto per giustizia”.
“La solidarietà è un modo di fare la storia”. Don Claudio Francesconi, economo della Cei, ha poi inviato a riflettere sul senso della solidarietà: “La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia. Agire nella concretezza significa tradurre tutto in azioni che hanno bisogno di risorse, che possono davvero cambiare la storia delle persone”. In questi casi l’apporto dell’economia (e degli operatori economici) deve essere “a servizio dell’uomo e rivolta alla vita, con una finanza orientata da principi etici e di responsabilità sociale rispetto all’impiego di risorse finanziarie”, ma sappiamo che non sempre questo avviene.
Il 10% delle persone in povertà assoluta si rivolge alle Caritas. La Caritas, attraverso le sue reti, riesce a mappare la povertà in Italia. Dal 2009 raccoglie infatti ed elabora dati provenienti dai centri d’ascolto e dalle parrocchie italiane, che intercettano il 10% dei 5 milioni di poveri assoluti in Italia (circa 500.000 persone). Il 40% sono italiani. Il 70% di chi si rivolge alla Caritas lamenta gravi problemi economici, disoccupazione, assenza di casa senza dimora. Nel 2022 la rete Caritas ha realizzato 3 milioni e mezzo di interventi. Lo ha ricordato il sociologo Walter Nanni, dell’ufficio studi di Caritas italiana. “Un quarto di queste persone lavorano. Vuol dire che il reddito è insufficiente a soddisfare le necessità”.
Ai working poor sarà dedicato il Rapporto 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia, che sarà presentato il 17 novembre a Roma.
Tra i servizi Caritas che hanno usufruito delle risorse messe a disposizione da Intesa San Paolo c’è l’Ostello “Luigi di Liegro” a via Marsala, accanto alla stazione Termini di Roma. Da 35 anni offre ospitalità notturna, cibo, ascolto professionale e accompagnamento a 185 persone senza dimora, con disagio psichico, ex detenuti, migranti, anziani soli con problemi sanitari. “E’ un luogo di cura e di difesa della dignità umana di chi è rimasto indietro – ha spiegato Luana Melìa, responsabile dell’Ostello della Caritas Roma – Negli anni la povertà è cambiata. Le situazioni sono complesse per cui non possiamo dare risposte facili e semplificate, c’è un percorso da fare insieme”. Carlo Bosatra, direttore della Caritas Lodi, ha raccontato l’esperienza del Fondo diocesano che dal 2009 ad oggi ha sostenuto 193 nuclei familiari, anche aiutando le famiglie a far studiare i figli. Don Giovanni Branco, presidente della Fondazione Misericordie Domini onlus della Caritas Capua, ha invece descritto l’iniziativa a sostegno degli anziani che vivono nel centro storico della città, con un luogo fisico dove condividere pasto e aggregazione: “Ogni settimana seguiamo anche 80 persone allettate, con tanti volontari e giovani in servizio civile”.
Nel carcere minorile di Casal del Marmo. Il cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, è don Nicolò Ceccolini. Qui sarà inaugurato venerdì 10 novembre, che darà lavoro progressivamente a una ventina di giovanissimi detenuti. “Il carcere ti cambia in meglio o in peggio – ha detto -. Dipende dalle persone che trovi: alcuni ti possono aiutare a diventare una luce, altri no. Il rischio che il ragazzo esca dal carcere più incattivito è molto alto. Quando arrivano sono come navi alla deriva che si scontrano contro una scogliera, abbandonati a sé stessi. Tanti pezzi che bisogna riassemblare. La prima opera risanatrice è quindi far sentire ogni ragazzo degno di stima”.
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