Di Don Gianni Croci

DIOCESI – Lo sguardo di ognuno di noi è determinante nella lettura della realtà che sempre presenta molte sfaccettature. Ci sono tanti volontari che potrebbero raccontare come lo sguardo di un povero può cambiare direzione alla vita di chi lo incrocia. Quando si ha il coraggio di restare su quegli occhi e poi agire aiutando, non secondo le proprie necessità o il nostro volerci liberare dal superfluo, ma in base a quello che serve all’altro, ci si accorge che la vita diventa più bella. Se non si teme di incontrare chi è relegato ai margini della società, la quotidianità acquista un colore e un sapore diverso, forse perché tali relazioni non sono segnate da quell’ipocrisia con cui pensiamo di nascondere le nostre fragilità.

Purtroppo la paura comincia a farla da padrona fino a considerare l’altro solo come un possibile nemico.

Papa Francesco parla di un ‘silenziatore’ che si mette alle voci di chi vive nella povertà: “Viviamo un momento storico che non favorisce l’attenzione verso i più poveri. Il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà. Si tende a trascurare tutto ciò che non rientra nei modelli di vita destinati soprattutto alle generazioni più giovani, che sono le più fragili davanti al cambiamento culturale in corso. Si mette tra parentesi ciò che è spiacevole e provoca sofferenza, mentre si esaltano le qualità fisiche come se fossero la meta principale da raggiungere”. A volte si ha la sensazione che regni un silenzio assordante anche nella comunità cristiana che per sua natura dovrebbe dar voce a chi non ha voce, altre volte sconcerta come dei cristiani sposano facilmente logiche mondane che hanno certamente poco di evangelico e molto di razzistico. E’ innegabile che certe trasmissione televisive, certi articoli di giornali, certi post sulle pagine internet, che riportano le voci di chi urla più forte, senza una lettura oggettiva e profonda di quanto accade, alla fine alimentano atteggiamenti di indifferenza e disumanità. Certamente attorno a noi si consumano tante violenze, che vanno arginate, non solo con necessari interventi delle istituzioni, ma facendo crescere la cultura della cura e sviluppando un welfare collaborativo. La giornata mondiale dei Poveri è pensata anche come momento per riscoprire e far riscoprire una dimensione essenziale della nostra fede e cioè che Dio è Padre, che tutti siamo suoi figli, nessuno escluso, chiamati alla fraternità che comporta la concretezza dell’amore. Compito della Caritas, che ha una prevalente funzione pedagogica, è quello di educare tutta la comunità all’attenzione al bisognoso nelle sue varie forme: è nel povero infatti che possiamo incontrare oggi il volto di Cristo.

  1. QUALE È LA SITUAZIONE?

I dati del Rapporto annuale dell’Istat sulla povertà sono allarmanti. Il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie sono raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni (il 7,5%). Il papa usa un’immagine che evoca situazioni che abbiamo cominciato a conoscere anche in Italia a motivo del cambiamento climatico: “Un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte. Per questo, nella domenica che precede la festa di Gesù Cristo Re dell’Universo, ci ritroviamo intorno alla sua Mensa per ricevere nuovamente da Lui il dono e l’impegno di vivere la povertà e di servire i poveri”. Certi disastri avvengono quando per tanto tempo è mancata la cura del territorio, quando chi doveva occuparsene non lo ha fatto e a volte per fattori molto più grandi che riguardano scelte, più attente a facili guadagni, che alla salvaguardia del creato. E’ quanto avviene anche a livello umano. Ma, come non dobbiamo aver paura dell’acqua del fiume così non bisogna aver paura dei poveri. E’ grazie all’acqua che c’è la vita, è grazie al povero che diveniamo più umani, carichi di gioia e di responsabilità. Non ci si può far prendere dalla retorica nè si può pensare, come spesso avviene da parte della comunità cristiana e del mondo della politica, alla delega ad un gruppo di volontari. I poveri non sono della Caritas, ma appartengono alla società, che facilmente scarta chi è debole o meno fortunato. Troppe volte li riduciamo a dei numeri per compilare statistiche e li consideriamo scarti che, come le ‘discariche’, nessuno vuole sul proprio territorio. Eppure sono volti da avvicinare, accogliere, sostenere, non solo con aiuti economici, ma alimentando un’amicizia e una sensibilità culturale di prossimità. Essi ci appartengono, sono nostri fratelli e sorelle in difficoltà, sorte che può capitare a ciascuno nel tempo. Scrive papa Francesco: “Insomma, quando siamo davanti a un povero non possiamo voltare lo sguardo altrove, perché impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù. E notiamo bene quell’espressione «da ogni povero». Ognuno è nostro prossimo. Non importa il colore della pelle, la condizione sociale, la provenienza… Se sono povero, posso riconoscere chi è veramente il fratello che ha bisogno di me. Siamo chiamati a incontrare ogni povero e ogni tipo di povertà, scuotendo da noi l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo a un illusorio benessere”.

  1. LA SCRITTURA PUNTO DI RIFERIMENTO PER L’IMPEGNO DELLA CHIESA

«Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4,7). Il tema della VII giornata mondiale del povero è ripreso dal libro di Tobia. Papa Francesco ci ripropone la storia di un deportato Tobi, che fin da giovane si dedica ad opere di carità. Egli stesso dice di sé: “Davo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo” (1,3.17). Questo non gli rende la vita facile nel cotesto pagano in cui viveva e, cosa ancora più triste, per un gesto di carità perde anche la vista. La carità è rischiosa o non è! Grazie all’esperienza della povertà a suo figlio fa una consegna importante: “Non distogliere lo sguardo da ogni povero”. Questo può essere un motivo di riflessione su quale ‘testamento’ oggi i genitori lasciano ai figli, quali valori vengono trasmessi alle nuove generazioni. A noi cristiani il papa ricorda: “Non dimentichiamo: «Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (Evangelii gaudium, 198). La fede ci insegna che ogni povero è figlio di Dio e che in lui o in lei è presente Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

  1. COME VIVERE LA GIORNATA DEI POVERI?
  • LA GRATITUDINE E LA PREGHIERA.
    La giornata dei poveri innanzitutto potrebbe essere il momento per esprimere la gratitudine, che si fa preghiera, per i tanti volontari che operano nelle nostre Caritas: Ringraziamo il Signore perché ci sono tanti uomini e donne che vivono la dedizione ai poveri e agli esclusi e la condivisione con loro; persone di ogni età e condizione sociale che praticano l’accoglienza e si impegnano accanto a coloro che si trovano in situazioni di emarginazione e sofferenza. Non sono superuomini, ma “vicini di casa” che ogni giorno incontriamo e che nel silenzio si fanno poveri con i poveri. Non si limitano a dare qualcosa: ascoltano, dialogano, cercano di capire la situazione e le sue cause, per dare consigli adeguati e giusti riferimenti. Sono attenti al bisogno materiale e anche a quello spirituale, alla promozione integrale della persona”.

Si potrebbe pensare ad un incontro di preghiera, di riflessione e testimonianza  in preparazione alla giornata magari sui testi di Tobia da condividere con la comunità.

  • UN PASTO CONDIVISO.
    Citando quando narrato nel libro di Tobia papa Francesco fa poi una proposta e cioè quella di continuare in quel giorno l’Eucarestia condividendo il pasto. Ecco cosa Tobi propone a suo figlio: “Per la nostra festa di Pentecoste, cioè la festa delle Settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola: la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: “Figlio mio, va’, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero, che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad aspettare che tu ritorni, figlio mio” (2,1-2). E papa Francesco afferma: “Come sarebbe significativo se, nella Giornata dei Poveri, questa preoccupazione di Tobi fosse anche la nostra! Invitare a condividere il pranzo domenicale, dopo aver condiviso la Mensa eucaristica. L’Eucaristia celebrata diventerebbe realmente criterio di comunione. D’altronde, se intorno all’altare del Signore siamo consapevoli di essere tutti fratelli e sorelle, quanto più diventerebbe visibile questa fraternità condividendo il pasto festivo con chi è privo del necessario!”.

Sarebbe davvero bello proporre alle famiglie di ospitare una persona sola o in difficoltà che conoscono e in ogni comunità si potrebbe organizzare un pasto condiviso magari attrezzandosi per cucinare insieme piatti tipici del proprio paese. (per quel giorno potremmo chiudere la mensa caritas ed ospitare gli ospiti nelle diverse parrocchie.

  • L’ANIMAZIONE DELLA LITURGIA

In conclusione, citando santa Teresa di Gesù Bambino a 150 anni dalla sua nascita, Francesco ricorda che “tutti hanno diritto a essere illuminati dalla carità” e chiede di mantenere lo sguardo sempre fisso sul volto umano e divino di Gesù. E’ bello che la Caritas parrocchiale in accordo con il parroco curi l’animazione della liturgia domenicale per ricordare che i poveri sono il tesoro più prezioso di ogni comunità e da loro non possiamo distogliere lo sguardo. Pensiamo ai bambini che vivono in zone di guerra, a chi non arriva a fine mese, a chi viene sfruttato sul lavoro, a chi arriva da terre lontane, a chi, come tanti nostri anziani, è troppo solo e triste. Sappiamo che non serve semplicemente un aiuto economico, ma quello che è essenziale ad assicurare la dignità ad ogni essere umano: un pane, un po’ di affetto, un posto dove sentirsi a casa, direbbe don Luigi Verdi. Certamente la questione della povertà va affrontata “anche attraverso un serio ed efficace impegno politico e legislativo!”.

Sarebbe interessante poter condividere con la comunità quanto la caritas parrocchiale è venuta facendo in questo anno, oltre ai bisogni e alle povertà emergenti nel territorio.

CONCLUSIONI

In questo cammino sinodale che sta vivendo la fase sapienziale nei nostri tavoli sinodali mettiamo a tema la fragilità per fare tutti insieme discernimento ed arrivare a proposte concrete per vivere un’evangelizzazione di prossimità. Ci accompagni la poesia di Chandra Livia Candiani con cui il Vescovo ha chiuso il suo intervento all’incontro di Montemonaco lo scorso mese di settembre:

L’universo non ha un centro,

Ma per abbracciarsi si fa così:

Ci si avvicina lentamente

Eppure senza motivo apparente,

Poi allargando le braccia,

Si mostra il disarmo delle ali,

E infine si svanisce,

Insieme,

Nello spazio di carità

Tra te e l’altro.[1]

[1]              C.L. CANDIANI, La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore, Einaudi, Torino 2021, p. 11.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

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