Presentato ieri il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes

Gli italiani nei loro processi di mobilità mai interrotti, sembrano sempre più mossi dalla necessità e non dalla libertà di scegliere cosa fare, se partire o restare. Fare della migrazione un diritto davvero libero è il compito che ci attende come persone e come Chiesa e per far questo il nostro sguardo non deve essere autoreferenziale. È l’Europa a giocare la partita più importante perché essa, come ha detto papa Francesco, “grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea: l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi”.

Il diritto a restare, il diritto a migrare, il diritto di ritornare sono tre facce dello stesso dilemma esistenziale provato dal migrante, sottolinea il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Il ritorno presuppone un territorio e una comunità che siano rimaste ad aspettare, che ti riconoscano e che ti valorizzino nel cambiamento che la migrazione ha necessariamente prodotto nella persona migrante, nel suo status (di persona, lavoratore, genitore, membro di una coppia e di una comunità) e nei suoi ruoli.

I giovani italiani e la mobilità
Nel nostro Paese i giovani e i giovani adulti, sempre più numerosi, non trovando margini di partecipazione all’interno dei propri territori di appartenenza, vanno alla ricerca di spazi di protagonismo altrove, di luoghi che rispondano alla loro fame di vita e di crescita personale e professionale. Lo scorso anno i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) sono risultati in crescita: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020. Si sta lentamente tornando ai livelli di prima della pandemia, ma – spiegano i ricercatori Migrantes – ancora una volta a farne le spese è il Meridione d’Italia. Le regioni del Nord risultano quelle più attrattive, soprattutto Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, ma la mobilità italiana è, nel suo insieme, qualcosa di molto complesso. Essa, infatti, riguarda sia i movimenti che avvengono all’interno del Paese tra regioni diverse, specialmente dal Sud verso il Nord, sia gli spostamenti dalle aree urbane alle zone periferiche per vivere o per lavorare. Occorre, inoltre, considerare anche le forme di pendolarismo intraregionale o tra regioni diverse e gli spostamenti oltreconfine.

L’Italia che cresce fuori dall’Italia
Da gennaio a dicembre 2022 sono partiti per solo espatrio circa 82 mila italiani. Il 44% di queste partenze ha riguardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. Si rilevano, rispetto agli anni precedenti, due punti percentuali in più in questa specifica classe di età che continua a crescere nonostante in generale, ancora per quest’anno, si sia rilevata – per la sola motivazione espatrio – un decremento delle partenze ufficiali – e quindi con iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – dei nostri connazionali e delle nostre connazionali oltre i confini italiani.

Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’AIRE sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro. La Sicilia è la regione d’origine della comunità più numerosa (oltre 815 mila). Seguono – restando al di sopra delle 500 mila unità – la Lombardia (quasi 611 mila), la Campania (+548 mila), il Veneto (+526 mila) e il Lazio (quasi 502 mila). Il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero è donna (oltre 2,8 milioni).

Al contrario di quanto capita per gli italiani nel nostro Paese, l’Italia che risiede all’estero è sempre più giovane. Il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni; il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni mentre gli anziani over 65 anni sono il 21,1%. I minori sono più di 855 mila (14,4%).

Il 51% è all’estero da oltre 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani. L’attuale presenza italiana all’estero è europea. L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%).

Oggi le comunità maggiormente numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Nello scorso anno gli italiani e le italiane sono partiti per 177 nazioni da tutte le 107 province italiane: Milano, Torino, Napoli, Roma sono, nell’ordine, i primi quattro contesti provinciali; seguono Treviso, Brescia, Bergamo e Vicenza.

La mobilità – spiegano i ricercatori della Fondazione Migrantes – non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale. La mobilità è desiderio di rivalsa e crescita. Questo bisogno lo si trova tanto nelle aree metropolitane medio-grandi quanto nelle città medio-piccole. Essa accompagna chi vive nelle aree depresse e chi risiede in zone ricche del nostro Paese, quei territori apparentemente privi di problemi ma che, nell’epoca della mobilità e della fluidità dell’identità, diventano per alcuni troppo stretti al punto da spingere a cercare, comunque, spazi vitali più ampi.

Lo Speciale RIM 2023
Il ritorno che si fa presenza arricchente sul territorio

Durante il decennio 2012-2021, il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%). Una tendenza che, dopo una sostanziale stabilità nei primi quattro anni del decennio, appare in continuo aumento. Tuttavia, il volume dei connazionali che rientrano in patria – spiega la Fondazione Migrantes – non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole.

Nello Speciale 2023, attraverso venti diversi saggi sulle altrettante realtà regionali italiane, diversi autori e autrici sono stati chiamati a descrivere quanto e come il tema del ritorno fa parte e si manifesta oggi nella storia, nella quotidianità e nell’identità delle singole esperienze territoriali. Si parla di esperienze del passato e di oggi, di personaggi rientrati e di imperi ricostruiti, di ricchezze riportate in patria, di presenze e testimonianze del legame con l’emigrazione (musei, monumenti, feste dell’emigrante, viaggi in Italia di studio per giovani di generazioni altre o di piacere per anziani italiani residenti all’estero).

Trovano spazio nella narrazione anche i ritorni di oggi e quindi chi rientra usufruendo delle agevolazioni fiscali, i lavoratori plasmati e arricchiti dalla mobilità, i pensionati e il turismo di ritorno per il quale il 2024 sarà l’anno dedicato alle radici.

Nel testo, però, si descrive anche di come il ritorno si possa manifestare non come presenza fisica, ma come segni depositati nella quotidianità: innesti linguistici, nuove tradizioni, usi e costumi, persino una pastorale diversa, più scientifica ed esperienziale perché realizzata a seguito del rientro di missionari italiani scrupolosi e attenti all’uso del dato obiettivo; uomini e donne, non per forza presbiteri, ma anche religiosi/e e laici/ laiche, che hanno sperimentato su di loro i rischi, le fragilità nonché le opportunità e le risorse della migrazione.

Un ritorno, quindi, che si fa persona o segno, ma che in entrambi i casi testimonia il legame indissolubile tra un Paese (l’Italia) e un popolo (gli italiani e le italiane residenti in Italia e quelli residenti oltreconfine) con la migrazione (di ieri, di oggi e di domani) e con il desiderio di cercare, contemporaneamente, di essere lì e qui, partecipando e lasciandosi coinvolgere, diversamente presenti appunto, o di ritornare fisicamente – e quindi essere ri-presenti – dando il proprio contributo per una nazione che dalla migrazione può uscire ancora una volta solo che migliorata e arricchita, proprio come è stato con le rimesse nella fase della ricostruzione nel Dopoguerra.

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