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60 anni di Inter Mirifica: l’IA mette in discussione il futuro stesso della nostra esistenza umana

(Foto ANSA/SIR)

Fabio Pasqualetti

Rileggendo il documento Inter Mirifica, di cui ricorre il 60° anniversario, emerge come la Chiesa del Concilio abbia compreso l’importanza fondamentale dei media nel plasmare gli immaginari e le coscienze delle persone, nonché la loro capacità di raggiungere masse enormi e influenzare i comportamenti. Da qui la preoccupazione per l’uso appropriato da parte della Chiesa, ma anche da parte degli utenti, dei genitori, dei giovani, degli autori e delle autorità civili. Ne deriva la necessità di una formazione a tutti i livelli, e infine, per mantenere viva l’importanza della comunicazione sociale, l’istituzione della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Era il 4 dicembre 1963, ed era un mondo davvero diverso da quello attuale.

Se ci proiettiamo nel contesto attuale, dobbiamo renderci conto che non viviamo più in un’era di cristianità; abbiamo attraversato una trasformazione da una società di massa mediatica a una società bio-mediatica. La tecnologia digitale, anche se utilizzata attraverso dispositivi, è un sistema complesso che permea ogni aspetto della nostra vita. I sistemi di Intelligenza Artificiale (IA) stanno acquisendo funzioni autonome sorprendenti, come evidenziato da ChatGPT e altre intelligenze artificiali simili. In particolare, la tecnologia dell’IA si configura come una meta-tecnologia, un motore invisibile che dà forma a tutte le nostre attività e ridefinisce profondamente il nostro ruolo come esseri umani.

Da questa prospettiva, l’Inter Mirifica ha poco da dire nel contesto attuale, poiché non è sufficiente conoscere e utilizzare adeguatamente i dispositivi digitali. Stiamo affrontando il futuro stesso della nostra esistenza umana. La vasta gamma di applicazioni dell’IA è stupefacente, ma la loro potenza affascina e spaventa allo stesso tempo. È quindi essenziale e urgente comprendere in quale direzione vogliamo muoverci, quale società desideriamo creare.

Già la situazione attuale, soprattutto nel mondo dei social media, presenta una contraddizione amara dopo vent’anni. Da un lato, le piattaforme sociali offrono opportunità e servizi che non avevamo mai avuto prima nel lavoro, nell’arte, nell’espressione delle opinioni e nell’intrattenimento. Dall’altro lato, purtroppo, abbiamo constatato che la logica del profitto che le guida promuove fenomeni come la profilazione, che a sua volta alimenta danni collaterali come l’isolamento in “bolle”, processi di radicalizzazione, la perdita della capacità di dialogo e l’incremento di forme di violenza mediata.

Anche a livello cognitivo, ci sono impatti significativi. La prolungata esposizione a tecnologie iper-stimolanti favorisce lo sviluppo di alcune abilità cognitive a discapito di altre. Le nuove generazioni, per esempio, interagiscono con agilità, velocità e destrezza con le interfacce digitali, ma nel contempo perdono la capacità di concentrazione, di lettura prolungata e profonda, nonché di valutazione di situazioni complesse.

Il futuro dell’automazione, grazie a sistemi di IA sempre più evoluti, porterà alla realizzazione di ambienti digitali nelle smart city. Tuttavia, rimangono irrisolti problemi legati al rapporto tra servizi e controllo. Affinché l’intero sistema digitale funzioni ed evolva, è richiesto un controllo continuo e progressivo delle nostre vite, con impatti significativi sulla libertà. Un altro problema non trascurabile è la percezione palpabile che questa rivoluzione non sia accessibile a tutti, almeno finora, e si prevede che maggiori saranno i costi per la realizzazione di questi “paradisi digitali” del futuro, minore sarà il numero di coloro che potranno accedervi. È compito della Chiesa rinnovare l’impegno affinché il futuro sia un bene comune per tutti e non solo per pochi.