Un cambiamento della legge britannica che porti a proteggere meglio i genitori, quando vogliono prolungare la vita di figli molto ammalati, come è capitato con la piccola Indi Gregory, la bambina di otto mesi, morta la scorsa notte, per la quale la giustizia britannica ha deciso la sospensione dei trattamenti vitali.
A chiederlo è l’“Anscombe Bioethics Centre”, un centro di bioetica di Oxford, sostenuto dalla Chiesa cattolica inglese, scozzese e irlandese. “A chi si trova al di fuori del Regno Unito sembra scandaloso che ai genitori venga impedito di portare un figlio in un ospedale noto” in un Paese della Ue, “dove gli standard sono equivalenti a quelli del Regno Unito”, dicono gli esperti del centro. “Questo succede per il modo in cui le decisioni vengono prese nel Servizio sanitario britannico e anche per carenze nel modo in cui i tribunali britannici arrivano a una sentenza. Ci vorrebbe un cambiamento, nella cultura della sanità britannica e anche nella legge, così che l’autorità dei genitori, che sanno qual è il migliore interesse dei figli, venga riconosciuta”. “La situazione potrebbe essere migliorata se la legislazione sanitaria fosse modificata per accogliere un emendamento, proposto dalla baronessa Finlay, che cerca di evitare che le autorità sanitarie vadano in tribunale senza avere, prima, esplorato vie meno gravose. Arrivare in tribunale è una scelta molto costosa, non soltanto dal punto di vista finanziario ma anche umano”, conclude il centro di bioetica.