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Dall’amicizia tra la venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi e Maria Vittoria Casa la fratellanza

Massimiliano Noviello

Questo piccolo testo vuole essere un luogo vitale, uno spazio fraterno in cui incontrare e fare esperienza di un autentico rapporto di amicizia, uno “stile alto di comportamento”, come scrive il card. Crescenzio Sepe nella prefazione, quello tra la venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi e Maria Vittoria Casa, che attraverso gesti, momenti, incontri la vivono, la testimoniano e la consegnano a noi. Dunque, vuole essere un abbraccio, volendo utilizzare una cara e suggestiva immagine del filosofo di stirpe rabbinica Martin Buber, che scrisse: “Il mondo non è comprensibile, ma è abbracciabile”.

(Foto: copertina libro padre Noviello)

È questo, dunque, il compito narrativo del saggio che oggi, 18 novembre, viene presentato a Roma presso la “Casa Giovanni Paolo II”, in via della Camilluccia: l’accadere di un incontro vero che, per noi battezzati, diventa veicolo di incontro con Colui che è in esso significato, poiché il senso e il legame dell’amicizia non sono altro che l’eco di quel legame più profondo con Dio stesso.

“Deus amicitia est” (Aelredo di Rievaulx).

L’amicizia è la via che ci fa prossimi a Dio. Un’amicizia quella della signora Maria Vittoria con la venerabile Enrichetta – due figure di donne italiane del dopoguerra – che è sorta spontaneamente e che sfugge a qualsiasi criterio umanamente catalogabile. Se si domanda infatti a due amici perché sono tali, l’unica risposta è il racconto di un incontro, dello sviluppo di una relazione duratura, fatta di episodi significativi, lieti e anche dolorosi. Dunque, si narra sempre una storia. È nella storia che si riconosce la fedeltà di Dio! La vita accade, noi siamo storie, nessuno si salva da solo. Non abbiamo scelto la vita da cui veniamo, ma abbiamo la responsabilità – per noi e per le persone che ci stanno intorno – di costruire la felicità per la vita che abbiamo davanti.

La vita di queste due donne unitamente ad altre, lanciatesi con entusiasmo nell’avventura dell’associazionismo cattolico, come le Damine di San Vincenzo, adoperandosi nelle zone più degradate di Roma, come la Montagnola e il Trastevere, ne è una testimonianza faconda; ci si stimolava reciprocamente, vivendo di un arricchimento vicendevole, un mosaico di attenzioni, prestando somma applicazione al dettaglio. Si resta edificati dalle numerose testimonianze relative al servizio prestato. In queste donne c’era competenza e desiderio di lavorare insieme per il bene di tutti: la distribuzione dei pacchi alimentari, l’incontrarsi in casa Beltrame per pianificare strategie di vicinanza, le iniziative prese con fantasia di carità e poi quel continuo confrontarsi con la venerabile Enrichetta e le altre amiche, il cui fine era sempre quello di servire meglio e di più i poveri, considerati come fratelli e sorelle. Oggi, come ieri, siamo chiamati a non allentare il contatto con le domande che provengono dalla vita concreta, dalle aspirazioni delle donne e degli uomini della nostra epoca che troverebbero in Cristo la loro chiave di volta, ma non ne sanno riconoscere il volto.

L’ascolto vero e profondo (autentico) – attitudine essenziale al processo sinodale che stiamo vivendo – le ha portate a infrangere i muri di competenza e di appartenenza che solitamente realizzano cammini paralleli e non convergenti, contribuendo così a immettere una direzione diversa nella società e a far riscoprire nella Chiesa l’urgenza della fratellanza di cui parla Papa Francesco. Ecco perché nei loro incontri relazionali i dialoghi erano esercizi di speranza, che provocano le differenze ad ascoltarsi, divenendo così esercizi di sinodalità reale.

L’amicizia tra queste due donne è una lezione di grande umanità e perciò è annuncio dell’avvenimento di Cristo, realizzabile oggi, un avvenimento che ha la forma di un un’amicizia umana, un aspetto della vita così naturale, e per questo dato per scontato, che raramente ci si ferma a riflettervi, eppure è questa la logica dell’incarnazione, un Dio che ancora non si stanca di entrare nel mondo, come una realtà incontrabile, frequentabile. È meraviglioso! È questo il “metodo” che Dio ha scelto per rispondere all’anelito dell’uomo, per salvarlo.

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