di Giovanna Pasqualin Traversa
L’Italia si conferma eccellenza europea nel settore del riciclo e nella produzione di nuovi materiali da rifiuti, in corsa a pieno titolo per il raggiungimento degli obiettivi Ue al 2025 e al 2035: il riciclo dei rifiuti urbani ha raggiunto quota 51,4% (55% l’obiettivo 2025); il tasso di riciclo degli imballaggi è pari al 72,8% (ben oltre il target del 65% al 2025). Maggiore impegno servirà per dimezzare, di qui al 2035, la quota di rifiuti che oggi finiscono in discarica: il 20,1%. Queste, in estrema sintesi, le principali evidenze emerse nel corso della presentazione, il 21 novembre a Roma, del Rapporto annuale “L’Italia che ricicla”, promosso dalla sezione Unicircular di Assoambiente, l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche.
Il nostro Paese rientra di fatto tra i 9 Stati membri Ue virtuosi nella gestione dei rifiuti, ha spiegato Donato Berardi (Ref Ricerche), illustrando il report 2023. “Sono invece 18 (tra cui anche Francia, Spagna, Portogallo e Svezia) quelli ancora lontani dal raggiungimento dei target definiti. Addirittura, 8 Stati membri collocano ancora in discarica più del 50% dei propri rifiuti urbani”. Nel Report di quest’anno, ha spiegato ancora Berardi, Assoambiente ha definito un’Agenda di lavoro 2024-2025 per le istituzioni nazionali ed europee, un vero e proprio manifesto programmatico per l’industria italiana del riciclo articolato in 10 punti, per fornire un contributo decisivo alla transizione verso un’economia realmente circolare nell’uso delle risorse.
“Whatever it takes” per i materiali riciclati, il primo punto. “L’efficacia dei processi di riciclo non può prescindere dalla collocazione sui mercati dei prodotti recuperati, oggi in parte inutilizzati. I mercati di sbocco per queste materie devono essere sostenuti da adeguati strumenti economici e fiscali: su tutti, certificati del riciclo ed estensione del meccanismo dei certificati bianchi”. Quote di riciclato nei prodotti perché “uno degli strumenti più efficaci per sostenere il collocamento sul mercato delle materie provenienti dal riciclo” è “la prescrizione di quote minime di contenuto riciclato nei prodotti”. Accanto a questo strumento, è auspicabile “un rafforzamento degli acquisti verdi della PA (Green Public Procurement) e dei Criteri ambientali minimi” (requisiti volti a individuare, nelle varie fasi del ciclo di vita dell’opera, la migliore soluzione progettuale, il prodotto o il servizio sotto il profilo ambientale, ndr). Al terzo punto l’Iva agevolata per le materie ottenute dal riciclo. Per quanto riguarda invece (quarto punto) il recupero energetico complementare al riciclo, “va rispettata la gerarchia dei rifiuti che lo vede subordinato alla prevenzione e al riciclo, ma preferibile all’incenerimento senza recupero di energia e allo smaltimento in discarica”. E ancora: servono “iter autorizzativi più rapidi e certi per la costruzione di nuovi impianti e per l’aggiornamento di quelli esistenti”; vanno applicate “politiche tese a evitare produzione o importazione di beni contenenti materiali che pregiudicano la qualità del riciclo”; occorre porre realmente in capo ai produttori dei beni (poi diventati rifiuti) “il costo ambientale della gestione degli stessi lungo l’intero ciclo di vita, incentivando in questo modo anche un reale ripensamento dei processi produttivi”.
Per quanto riguarda i Decreti End of Waste (regole che governano i processi con cui i rifiuti cessano di essere tali, ndr), “la definizione dei criteri comuni nell’Ue – si legge ancora nel manifesto – dovrà consentire di raggiungere un equilibrio tra mercato e salvaguardia ambientale, partendo dalle applicazioni concrete dei prodotti riciclati”. Sul trasporto dei rifiuti occorre uniformare “le discipline sulla movimentazione transfrontaliera”, perché ad oggi non esiste ancora un raccordo tra i Codici dell’elenco europeo dei rifiuti e i Codici doganali con la conseguenza di “eccessiva discrezionalità nei controlli alle dogane. Imprescindibile, ha infine concluso Berardi, “una maggiore chiarezza nell’impianto di regole disegnato da Arera (Autorità regolazione energia reti e ambiente) applicato dalle varie Amministrazioni pubbliche”.
“La centralità degli operatori del riciclo – ha spiegato Paolo Barberi, presidente sezione Unicircular di Assoambiente – è andata rafforzandosi negli ultimi anni, per la crescente consapevolezza delle conseguenze del cambiamento climatico e del ruolo attivo svolto nell’ambito del processo di transizione verso un’economia circolare, ma anche alla luce del mutato contesto internazionale, per il quale avere a disposizione materie prime ed energia provenienti dal riciclo dei rifiuti prodotti nel nostro Paese costituisce un fattore economico decisivo”.
“Sulle bioplastiche noi siamo un Paese leader”, ha detto la senatrice Silvia Fregolent richiamando una recente ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. “Dal granchio blu che ci ha afflitto tutta l’estate – ha raccontato – i ricercatori dell’Ateneo sono riusciti a creare un polimero naturale per l’imballaggio degli alimenti, molto più efficace rispetto a tutte le bioplastiche create fino ad oggi perché realizzato da un elemento naturale, ossia le chele di granchio”. Fregolent si è soffermata anche sull’importanza delle terre rare, minerali fondamentali per la transizione energetica.
Al riguardo Stefano Laporta, presidente dell’Ispra ha annunciato: “Un anno fa abbiamo ripreso il processo di mappatura di tutto il territorio nazionale per individuare le aree strategiche dove poter procedere con l’estrazione di terre rare”. “C’è un progetto specifico voluto dai ministri dell’Ambiente e del Made in Italy e appoggiato da tutto il Parlamento. Come Ispra stiamo cercando di riaprire a livello nazionale questo discorso che riguarda il tema dell’attività mineraria con tutti gli aspetti collegati, in primis la sicurezza dei lavoratori”. “L’industria del riciclo – ha concluso Chicco Testa, presidente di Assoambiente – richiede un adeguato sostegno da parte dei decisori politici affinché vengano rimossi tutti gli ostacoli normativi, giuridici ed economici che ne frenano il pieno sviluppo trasversale alle diverse filiere. Solo così questo settore potrà davvero fungere da abilitatore della transizione green, in grado di intercettare efficacemente tanto gli aspetti di circolarità, quanto quelli energetici”.