Giancarlo La Vella e Marco Guerra –  Vatican News

Le posizioni di Israele e Hamas rimangono distanti, sono quelle di due parti in guerra e il movimento fondamentalista non ratifica l’accordo di cessate il fuoco, raggiunto soprattutto grazie all’impegno diplomatico del Qatar. Non tramonta tuttavia definitivamente la speranza di far tacere le armi, si commenta da parte israeliana, nella Striscia di Gaza, ma si parla solo di un breve rinvio.

Nessuna rottura nelle trattative

Proprio Israele, dal canto suo, fa sapere che “il ritardo non deriva da una rottura dei colloqui, ma piuttosto dalla necessità di risolvere le questioni amministrative della liberazione di detenuti, che sono in fase di risoluzione”. Il ministro Israel Katz, alto esponente del Likud, il partito del premier Benyamin Netanyahu, ha detto alla Radio Militare che al momento l’ipotesi è che l’accordo sarà attuato”. Di certo oltre allo slittamento della tregua, salta per ora anche il rilascio dei 50 ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e la conseguente liberazione di 150 detenuti palestinesi che non si siano macchiati del reato di omicidio. Ora si spera che quanto previsto per ieri possa avvenire oggi, venerdì 24 novembre.

13 mila vittime nella Striscia di Gaza

Sul terreno intanto si continua quindi a combattere, il ministero della Sanità di Hamas aggiorna a 13 mila morti e 6 mila dispersi, il bilancio delle vittime nella Striscia dall’inizio dell’operazione israeliana. Ricordiamo che invece sono 1400 i civili israeliani uccisi dal mega blitz di Hamas il 7 ottobre scorso.

Tensioni con il Libano

Intanto, oltre che a Gaza, Israele combatte sul fronte nord. Il figlio di un membro di Hezbollah al parlamento di Beirut è stato ucciso ieri in un attacco israeliano nel sud del Libano. È violenza anche in Cisgiordania: un 17 enne è morto e un altro giovane è rimasto ferito in un raid delle forze israeliane.

 

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