“Ci troviamo nella prima civiltà della storia che globalmente prova a organizzare una società umana senza la presenza di Dio, concentrandosi in enormi città che restano orizzontali anche se hanno grattacieli vertiginosi”. È l’analisi del Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, letta da mons. Filippo Ciampanelli, della Segreteria di Stato. Francesco, nel testo, cita il racconto della città di Babele e della sua torre, in cui “si narra un progetto sociale che prevede di sacrificare ogni individualità all’efficienza della collettività”: “L’umanità parla una lingua sola – potremmo dire che ha un ‘pensiero unico’ –, è come avvolta in una specie di incantesimo generale che assorbe l’unicità di ciascuno in una bolla di uniformità”, spiega il Papa: “Allora Dio confonde le lingue, cioè ristabilisce le differenze, ricrea le condizioni perché possano svilupparsi delle unicità, rianima il molteplice dove l’ideologia vorrebbe imporre l’unico. Il Signore distoglie l’umanità anche dal suo delirio di onnipotenza: ‘facciamoci un nome’, dicono esaltati gli abitanti di Babele (v. 4), che vogliono arrivare fino al cielo, mettersi al posto di Dio. Ma sono ambizioni pericolose, alienanti, distruttive, e il Signore, confondendo queste aspettative, protegge gli uomini, prevenendo un disastro annunciato. Sembra davvero attuale questo racconto”. “Anche oggi la coesione, anziché sulla fraternità e sulla pace, si fonda spesso sull’ambizione, sui nazionalismi, sull’omologazione, su strutture tecnico-economiche che inculcano la persuasione che Dio sia insignificante e inutile: non tanto perché si ricerca un di più di sapere, ma soprattutto per un di più di potere”, il monito del Papa: “È una tentazione che pervade le grandi sfide della cultura odierna”.
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