DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
La scorsa domenica abbiamo, con forza, chiesto al Signore: «Ritorna, per amore dei tuoi servi…Dio degli eserciti, ritorna!».
Oggi, leggiamo nella prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia, le parole del Signore, che con calore e passione, risponde a noi suo popolo, risponde alla nostra richiesta di tornare a prenderci, là dove ci siamo smarriti, dispersi: «Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio -. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata».
Ma il profeta Isaia continua: «Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata…».
Consolati da un Padre che risponde alla nostra preghiera, oggi siamo chiamati dalla Parola a dedicarci con operosità a preparare la strada che accoglierà il ritorno del Signore da noi invocato.
Il Signore vuole raggiungerci tutti, San Pietro lo ribadisce nella seconda lettura: «[Il Signore] non vuole che alcuno si perda». Ed è anche pronto a prendersi cura di ciascuno in modo adeguato: dice Isaia, infatti, «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».
Ma il Signore non vuole venire a noi senza che noi prepariamo la sua via, cioè percepiamo la bellezza del dono che ci viene fatto, quei «cieli nuovi e una terra nuova, nei quali abita – cioè ha dimora stabile – la giustizia».
E’ la strada del cuore che dobbiamo preparare, raddrizzare: si tratta di togliere tutti quei cumuli di rancore, odio, aggressività, non perdono che si sono accumulati; si tratta di togliere tutte quelle spigolosità che ci impediscono di vivere una relazione armoniosa con l’altro, invidie, gelosie, permalosità; si tratta di non omologarci alle mentalità che, velocemente, si susseguono e inseguono nei nostri tempi, di non rassegnarci, di non adagiarci.
E Giovanni Battista, protagonista del Vangelo di oggi, ci viene proprio presentato dall’evangelista Marco, come colui che richiama il popolo di Israele e, quindi, ciascuno di noi, a compiere ciò che serve perché il dono di Dio giunga a destinazione e non rimanga infruttuoso, perché ciascuno di noi si adoperi e faccia di tutto perché Dio, scrive ancora San Pietro, lo trovi «in pace, senza colpa e senza macchia».
Giovanni ha deciso di dedicare tutta la sua vita ad aiutare gli altri a preparare la strada al Signore che viene nella vita di ciascuno.
Nel deserto accoglie tutti coloro che, con un segno forte, l’immersione nelle acque del fiume Giordano, vogliono cambiare vita. Egli grida e rinnova il messaggio del profeta Isaia, messaggio di consolazione per il popolo ancora schiavo in Babilonia.
Egli sa comunicare un fortissimo senso di Dio, non è un seduttore di folle – a dire il vero non ne ha neanche l’aspetto! -, non seduce con promesse di benessere. Egli fa immergere le persone nel Giordano, lo stesso fiume che si era aperto per far entrare Israele nella terra promessa. Con questo gesto, prefigura l’ingresso degli uomini nella vita nuova di cui la terra promessa è solo immagine. Egli annuncia colui che avrebbe immerso l’umanità non più nell’acqua bensì nello Spirito di Amore, cioè nella vita stessa di Dio, nell’amore stesso di Dio per poter vivere dentro questo amore e secondo il suo cuore.
Siamo poveri di certezze, ansiosi per il presente, incapaci spesso di vedere aperture, sommersi di parole vuote: occorre riconoscere chi porta la vita vera, Dio presente nel profondo del cuore di ogni essere umano.
Invochiamolo con fede, oggi, con le parole del salmista: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza».