DIOCESI – “Nell’oscurità tutti sentiamo il bisogno della luce. Le strade oscure ci fanno paura e chiediamo che vengano messi dei fari luminosi. Nell’oscurità si fa fatica a camminare, non si vedono i possibili pericoli e, quando l’oscurità è fitta, si rischia di sbagliare addirittura strada”.
Con queste parole il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, ha aperto la propria riflessione durante la Santa Messa della notte di Natale presso la Cattedrale Madonna della Marina.
La celebrazione, animata dalla Corale Padre Domenico Stella, è stata concelebrata dal Vicario Generale, Don Patrizio Spina, da Don Romualdo Scarponi. Hanno prestato il proprio servizio all’altare il Diacono Walter Gandolfi e il Diacono Pietro Mazzocchi.
Vescovo Bresciani: “Non c’è soltanto l’oscurità della notte, c’è -ed è molto più temibile e perfino dolorosa- l’oscurità della vita. È quella oscurità che si esperimenta quando non si comprende più il senso della propria vita, quando tutto sembra aver perso valore, quando si ha l’impressione di essere arrivati a un punto morto e non c’è nessuna luce ad indicarci quale strada intraprendere.
In queste situazioni scaturisce spontaneamente una invocazione di luce che ridia i colori alla vita stanca e sbiadita che si ha l’impressione di vivere. Ci sono le notti della nostra vita personale, ma ci sono anche le notti del mondo, quelle notti in cui la violenza della guerra, le tante ingiustizie e le tante solitudini sembrano spegnere ogni speranza di un futuro che meriti di essere vissuto.
Il profeta Isaia e il Vangelo di questa sera, notte di Natale, ci dicono che nel mezzo della notte una luce rifulse, una luce di speranza sicura per il mondo. Una luce inaspettata, anche se, più o meno consapevolmente, molto desiderata. Una luce accompagnata da canti di gioia e di lode, l’alleluja degli angeli. Una luce che veniva da altrove, che scendeva dal cielo e che squarciava le oscurità in cui si dibatteva il mondo di quel tempo e che, purtroppo, sono le oscurità in cui si dibatte anche il mondo di oggi.
Carissimi, chiediamoci: che cosa è questa luce che questa sera celebriamo, la luce che siamo venuti a chiedere questa sera? Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che tutti cerchiamo luce non ingannevole per la nostra vita, una luce che illumini e ci indichi la strada giusta. Non ne cerchiamo una qualsiasi, non cerchiamo abbagli che lasciano poi con la bocca troppa amara e nemmeno desideriamo una luce che conduca ad altri vicoli ciechi. Forse ne abbiamo già sperimentati troppi e la delusione non è ancora del tutto superata.
Quella luce che è brillata in quella notte, e che brilla in questa notte che noi stiamo celebrando, ha il sapore e la brillantezza di una luce eterna, imperitura, capace cioè di illuminare le oscurità degli uomini di ogni tempo, non solo degli umili pastori che per primi sono stati chiamati a goderne. Quella che si è fatta presente è la luce divina fattasi carne nel bambino che è nato in quella sperduta capanna della campagna di Betlemme. Noi tutti siamo un po’ come i pastori addormentati e abbiamo bisogno di essere svegliati. Riconosciamolo: anche noi abbiamo bisogno di essere svegliati.
La luce non è solo il bambino, che, come ogni bambino che nasce, è un grande segno di speranza per la vita del mondo. La luce è anche e soprattutto ciò che quel bambino indica ed è: la vicinanza di Dio ad ogni essere umano, a partire dalle situazioni più umili dei pastori, fino ai grandi saggi, i Magi, che, come ci ricorderà la festa dell’Epifania, sono pure loro in ricerca. La luce sta nel fatto che il Natale ci dice che nelle diverse situazioni della vita non siamo soli, Dio è con noi: si tratta di un potentissimo raggio di luce, carico di speranza. Questa luce scaccia una delle oscurità più dense della vita: la solitudine nella quale non di rado ci lasciano gli uomini.
Non a caso l’altro nome di Gesù è ‘Emmanuele’, che significa proprio ‘Dio è con noi’. Con lui e in lui, l’oscurità della solitudine della vita è debellata. Dio non abbandona il mondo né noi nel mondo, e non ci abbandonerà mai. Questa presenza di Dio riaccende la speranza, appunto dà nuova luce alla vita. Noi questa sera non facciamo festa solo per un bambino qualsiasi (ogni bambino che nasce merita una festa, cioè una accoglienza calorosa e affettuosa), facciamo festa al Dio con noi. Molto più che a un bambino, al Dio che è con noi.
Ma non basta che questa luce si faccia presente nel mondo. Occorre che al Dio con noi corrisponda il nostro essere con Dio. La luce può anche non essere accolta, come ci ricorda l’evangelista Giovanni quando all’inizio del suo Vangelo ricorda che “venne nel mondo la luce, ma i suoi non l’hanno accolta” (Gv 1, 11).
Chiediamoci: come accogliere questa luce? Imparando da Gesù a diventare luce. Gesù non è soltanto il Dio con noi che fuga ogni solitudine. È il Dio che ama l’uomo, lo ama al punto di farsi bambino per venirgli incontro, per condividere con lui la vita. Non è una presenza qualsiasi, è una presenza colma di amore. È questa la vera e più potente luce che illumina la vita, qui c’è il vero senso del vivere. Quel bambino divino è venuto proprio per mostrarci questa luce: egli l’ha diffusa in tutta la sua vita, mostrandosi come il Dio che ama l’uomo, ogni uomo. Dal suo amore non ha mai escluso nessuno. Nel suo amore ogni solitudine è pienamente superata.
Nessuno di noi ne è escluso. Spetta a noi accettare di entrare in quella luce, lasciarci illuminare da quella luce di amore. Ci lasciamo illuminare quando impariamo da lui ad amarci tra di noi come egli ci ha amato per primo. Diventiamo così anche noi luce per la vita degli altri, luce che dà vita al mondo; luce che ama la vita, dona la vita e allontana da sé le tenebre delle chiusure egoistiche e della violenza nelle sue molteplici manifestazioni.
Nella notte del mondo una grande luce squarcia ancora oggi le tenebre: è la luce dell’amore di Dio e la luce dell’amore di chiunque ha imparato da Dio ad amare.
Carissimi, accogliamo e viviamo in questa luce e anche noi rinasceremo a nuova vita con Gesù, il Dio con noi. Buon Natale!”
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