Patrizia Caiffa
Non hanno riservato sorprese le travagliate elezioni nella Repubblica democratica del Congo, che si sono svolte il 20 e 21 dicembre (prolungate al 27 dicembre in alcuni seggi a causa di problemi logistici). È stato rieletto come presidente Félix Tshisekedi, 60 anni, con il 73,34% dei voti. Sbaragliati gli altri candidati, una ventina, tra cui l’ex governatore del Katanga Moïse Katumbi (18,08%) e il premio Nobel per la pace il medico Denis Mukwege, che non ha raggiunto l’1% dei voti. Tshisekedi è salito al potere a gennaio 2019 dopo una elezione controversa e rimarrà alla guida del Paese per altri cinque anni. Per l’opposizione è stata un’elezione “farsa”, e nove candidati hanno chiesto ufficialmente l’annullamento. Su 100 milioni di abitanti si sono recati alle urne quasi 44 milioni gli elettori, per eleggere anche i deputati nazionali e provinciali e i consiglieri locali.
Una missione elettorale di osservazione di cattolici e protestanti. La Chiesa cattolica, attraverso i vescovi riuniti nella Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo), insieme alla Ecc (Church of Christ in Congo, unione di 62 denominazioni protestanti) hanno sparso nel Paese 25 000 osservatori in 75.000 seggi, oltre a 11.000 osservatori “cittadini”. Non si sono però ancora pronunciati ufficialmente, probabilmente perché manca una visione unitaria comune. La missione Cenco-Ecc ha però diffuso nei giorni scorsi un rapporto preliminare che anticipava la probabilità di vittoria smaccata di un solo candidato, prendeva atto di alcune irregolarità e invitava la Commissione elettorale nazionale e la Corte costituzionale ad una proclamazione responsabile dei risultati. La Corte Costituzionale dovrebbe confermarli il 10 gennaio.
Il missionario: “La soluzione meno peggiore”. “C’è ancora un po’ di confusione però pare che la situazione si stia rasserenando”, commenta al Sir don Giovanni Piumatti, missionario fidei donum della diocesi di Pinerolo che ha vissuto 50 anni in due villaggi del Nord Kivu nella Repubblica democratica del Congo, insieme ad una piccola comunità di italiani. Ora è tornato in Italia. A suo avviso la rielezione di Tshisekedi “è la soluzione meno peggiore”, anche se dietro “ci sono realtà sicuramente politiche europee, come la Francia o il Belgio. È chiaro che l’Europa e gli Stati Uniti hanno la voce potente. Sono votazioni che appaiono popolari perché la gente vota e ci crede ancora ma è anche facile condizionare le persone. Non penso siano i voti del popolo”. È facile prevedere, infatti, che continuerà lo sfruttamento minerario del Paese, in mano all’Europa, agli Usa, alla Cina ed è difficile che la situazione di instabilità e conflitto nel Nord Kivu e nell’Ituri si stabilizzi.
“Mancano grandi leader politici”. Il candidato più conosciuto nel mondo, Denis Mukwege, medico vincitore del Nobel (è stato anche ricevuto dal Papa nel giugno 2023), “sarebbe stato un simbolo di cambiamento importante – osserva il missionario – ma c’è stata una propaganda contro di lui. È molto noto a Bukavu e a Goma ma non in tutto il Paese e non è un politico. Avrebbe dovuto usare il suo nome per formare una squadra”. “In generale si sente che l’Africa sta rialzando la testa, ad esempio in Burkina Faso – conclude don Piumatti -. C’è un rifiuto del colonialismo europeo e una presa di coscienza, anche se non si capisce cosa questo porterà. Ma non so in concreto cosa riuscirà a fare Tshisekedi. Mancano grandi leader politici, che non vedo in Congo”.
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