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Vocazioni e università: Diaco (Cei), “per molti giovani gli anni universitari sono il luogo del discernimento”

Foto SIR

Dal passo del centometrista al passo del maratoneta. E’ il passaggio che ha dovuto fare per prima cosa don Emilio Scarpellini, cappellano universitario a Milano Bicocca, passando dalla sua parrocchia al nuovo impegno in ateneo. In un video a cura del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, presentato in apertura del convegno nazionale vocazioni e università “Creare casa” (Roma, fino al 5 gennaio), il sacerdote parla della propria esperienza nell’ateneo milanese. A commentare il video è Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’educazione, la scuola e l’università che insieme all’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni promuove il convegno. “Ho accettato subito la proposta di don Michele di coinvolgere anche il mondo della pastorale universitaria nel convegno di quest’anno – spiega Diaco -: mai fare da soli quello che si può fare insieme”. “La pastorale universitaria e la pastorale vocazionale – prosegue – sono strettamente collegate, anche perché si muovono entrambe nell’alveo della pastorale giovanile. Il germe vocazionale affonda nei primi anni di vita, ma gli anni universitari sono una stagione decisiva anche in ambito vocazionale, una stagione di scelte, assunzione di responsabilità e apertura di spazi di libertà; per molti giovani sono il luogo del discernimento”.
“Davvero non pensavo di poter un giorno entrare in questo mondo così prezioso e importante, perché qui si creano le menti, la cultura, il cuore, la coscienza delle nuove generazioni”, racconta don Emilio nel video. “Dovevo imparare anzitutto, prima ancora di incontrare o evangelizzare, ad incontrare me ed evangelizzare me cambiando il passo: da quello del centometrista, che è il ritmo della parrocchia, al ritmo del maratoneta, che non significa fare meno, ma fare in maniera meno frenetica”. Per il cappellano si tratta di allenarsi all’attesa: “Qui la meta da raggiungere è l’incontro”. E quando gli chiedono come è la sua nuova parrocchia, risponde: “multiculturale, pluriforme ed essenzialmente laica. L’università è un ambiente laico in cui – assicura – mi sento molto rispettato”.
A portare la propria testimonianza anche tre studenti in Bicocca. Per Federico, “trovare un sacerdote all’interno dell’università è stata una novità”. Don Emilio, spiega, “è un compagno di viaggio, una persona che ti sta vicino, non ti impone nulla, ascolta un po’ anche il ritmo del tuo cammino e dei tuoi pensieri”. Cecilia afferma: “E’ importante che ci sia un prete, che comunque ti sostenga”. “Meno male che c’è. Secondo me c’è tanto bisogno di essere ascoltati”, aggiunge Riccardo, secondo il quale “basta semplicemente un dialogo normale, una chiacchierata come questa. Penso che poi da lì venga fuori tutto”.
“Più che fare – conclude don Emilio -, forse il cappellano deve sempre più esserci come persona, come persona credente, partendo proprio dalla relazione umana”.

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