Paolo Bustaffa
“Quanti conflitti oggi, anziché essere estinti dal dialogo, sono alimentati da notizie false o da dichiarazioni incendiarie che passano attraverso i media! Perciò è ancora più importante che voi, forti delle vostre radici cristiane e della fede quotidianamente vissuta, ‘smilitarizzati’ nel cuore dal Vangelo, sosteniate il disarmo del linguaggio”.
Così papa Francesco si è rivolto ai giornalisti cattolici tedeschi ricevuti in udienza il 4 gennaio all’inizio di un anno subito scosso dalla violenza delle armi e dalla violenza delle parole.
Una comunicazione rispettosa sta sempre più diventando una rarità non solo nei dibattiti politici dove l’altro da interlocutore con cui confrontarsi civilmente è ridotto a nemico da abbattere. Anche il parlare sulle strade, nelle piazze, nei luoghi pubblici è spesso malato di intolleranza, di indifferenza se non di disprezzo.
“Quando comunicate – dice Francesco – pensate sempre ai volti delle persone, specialmente dei poveri e dei semplici, e partite da loro e dalla loro realtà, dai loro drammi e dalle loro speranze, anche farlo vuol dire andare controcorrente e consumare le suole delle scarpe!”
Le parole che feriscono e umiliano non vengono solo dai media e questa infezione sociale può essere guarita solo da “una comunicazione gentile”, come la definisce papa Francesco, che non è il frutto di una debolezza culturale ma è il frutto della forza di un pensiero amico della verità.
Iniziare un anno disarmando il linguaggio è compiere un passo importante sulla strada della pace, è aver compreso che ogni persona può essere cercatore e costruttore di pace attraverso le parole.
Non è un esercizio inutile e neppure per pochi, non è cedere alle illusioni ma è scrivere un vocabolario in cui le voci sono tracce di una gentilezza che nasce dall’ascolto, dal silenzio, dalla ricerca di senso.
Su questa linea un monito si era levato il 31 dicembre. “Per conseguire la pace – aveva detto il presidente della Repubblica – non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni, Nei gesti della vita di ogni giorno, Nel linguaggio che si adopera. Dipende anche da ciascuno di noi”.
L’anno è iniziato con due messaggi che sono tracce sul sentiero che giunge al disarmo del cuore, meta irrinunciabile per poi disarmare parole e gesti. Due messaggi che guardando alle terre sconvolte dalle guerre e anche alle terre che sono ai loro bordi, sembrano cadere nel vuoto. Ma non è così. Sono numerosi anche oggi i testimoni e i maestri del disarmo del linguaggio. Lasciano orme che i prepotenti e gli arroganti vorrebbero cancellare. Per gli umili, per coloro che scrivono la storia, sono indicazioni preziose e incoraggianti.
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