DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Inizia così il brano evangelico che la liturgia oggi ci propone: «In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e. osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?».
Che cosa Giovanni non vi ha ancora dato? Di cosa avete fame? Cosa sazia le profondità della vostra vita? Cosa vi da gioia veramente?
Che cosa cercate? E’ la domanda che Gesù rivolge ai due discepoli di Giovanni ma che rivolge al discepolo di ogni tempo. Ed è una domanda con la quale Gesù non interroga la nostra intelligenza o la nostra volontà ma il nostro cuore, là dove sono i nostri pensieri più forti, i nostri desideri più veri.
«Maestro, dove dimori?», chiedono i due uomini: perché quello che cerchiamo non è ascoltare una predica in più o una catechesi migliore. Quello di cui abbiamo bisogno è vedere ed entrare dove tu stai. Cerchiamo la tua casa, dove vederti vivere, dove imparare da te come si possa amare veramente, gioire veramente, guarire il cuore.
«Venite e vedrete», risponde Gesù.
Venite: un verbo che indica un fatto di gambe e non di testa. Spostatevi e venite a casa mia.
Perché Gesù non vuole cristiani, Gesù desidera discepoli, desidera uomini e donne che scelgano di vivere la vita accanto a Lui, con Lui. Ed essere discepoli non è saperne di più sul Signore ma vivere in relazione con Lui, ogni giorno.
Vedrete: non è un verbo al presente, ma al futuro; perché “vedrete” è un vedere che non finisce mai,. E Gesù desidera che il nostro vedere sia per sempre.
«Andarono dunque e videro dove Egli dimorava e quel giorno rimasero con Lui…»: non è scritto nel Vangelo quello che hanno fatto o detto, solo che “rimasero”. La fede è relazione, incontriamo il Signore solo se ci fermiamo con Lui, solo se ci prendiamo del tempo per l’ascolto di Lui. Perché, come in ogni relazione, è “solo” perdendo tempo negli occhi e nella vita dell’altro che possiamo riconoscerci, riconoscere e crescere.
Giovanni Battista ha incontrato e riconosciuto il Signore della sua vita, ed oggi abbiamo visto come lo ha indicato anche ad Andrea e all’altro suo discepolo: «…fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio!”»; Andrea, a sua volta, subito chiama e conduce a Gesù suo fratello, Simone; nella prima lettura è il sacerdote Eli ad indirizzare Samuele che, nel sonno, si sente chiamare: «Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: “Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta”».
L’esperienza del dimorare con il Signore chiede a ciascuno di noi di andare incontro al fratello non per indottrinarlo, per convincerlo, per quella sorta di “assedio” che noi ci ostiniamo a chiamare evangelizzazione, per invitarlo a chissà quale incontro o cammino ma per gridare «Abbiamo trovato il Messia». È Gesù, infatti, che fissa lo sguardo, è Gesù che chiama, è Lui che invita: a noi vivere la vita quotidiana come continua riscoperta del nostro personale incontro con Lui.
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