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Corea del Nord: le minacce di Kim Jong-un e il pericolo di una strategia del terrore in tempo di guerra globale

(Foto ANSA/SIR)

M. Chiara Biagioni

Le diplomazie internazionali sono in stato di allerta e stanno seguendo con preoccupazione le ultime “mosse” e dichiarazioni del leader nordcoreano Kim Jong-un. Non che il mondo non sia abituato alle esternazioni e alle minacce di Kim, ma è il contesto mondiale ad essere surriscaldato ed ogni fattore di rischio in questo momento è nefasto. Francesco Sisci, giornalista, osserva: “la strategia del terrore, in tempo di pace, può essere controllata ma quando nel mondo tutto è per aria, è pericolosa perché può diventare incontrollabile”.

Ma cosa sta scatenando tutta questa preoccupazione? Lunedì scorso, 15 gennaio, in un discorso alla nazione il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha annunciato una completa revisione dei rapporti con la Corea del Sud. Va in questa direzione l’intenzione di rimuovere un enorme monumento alla riunificazione della penisola coreana che ritrae l’abbraccio di due giovani donne e che suo padre aveva costruito a Pyongyang. Se ciò effettivamente avvenisse, sarebbe letta come forte atto simbolico di rottura totale. In effetti, Kim ha anche annunciato l’abolizione delle agenzie statali nordcoreane che si occupano delle comunicazioni e dei rapporti tra Nord e Sud, e dopo aver testualmente definito la Corea del Sud come “il principale avversario e il più grande nemico” della corea del Nord, ha detto: “Non vogliamo la guerra, ma non abbiamo intenzione di evitarla”. Il discorso di Kim Jong-un non è una sorpresa: arriva dopo un lungo periodo di forte deterioramento dei rapporti tra le due Coree, che sono probabilmente arrivati oggi ai minimi storici. Nelle ultime settimane, la Corea del Nord ha sparato centinaia di colpi di artiglieria nelle acque vicino al confine conteso tra Nord e Sud ed ha testato missili balistici intercontinentali mobili che possono arrivare e colpire gli Stati Uniti. Sta mettendo dei satelliti di geolocalizzazione e sperimentando una nuova tecnologia per la miniaturizzazione delle testate nucleari. C’è infine la Corea del Nord dietro la grande quantità di armi fornite alla Russia con l’invio di container pieni di munizioni e equipaggiamenti vari. Ma c’è la Corea del Nord anche dietro i lanciarazzi e fucili automatici nelle mani di Hamas. Se a questo fronte militare si aggiunge “una retorica molto bellicosa”, allora la situazione è grave e chiede di essere seguita.

Le ragioni che portano il leader nord coreano ad alzare il livello di tensione sono sia interne sia esterne. Sul fronte interno, Kim Yong-un si sente insicuro ed ha bisogno di riprendersi il consenso popolare. Da questo punto di vista, è stato un duro colpo per l’immagine dell’intero establishment l’incidente di un treno passeggeri accaduto in Corea del Nord a fine dicembre ma reso noto solo in questi giorni in cui pare abbiano perso la vita addirittura 400 persone. Sul fronte esterno, invece, preoccupano e generano nel leader nord coreano sentimenti di insicurezza anche gli esiti delle elezioni a Taiwan così come le primarie negli Stati Uniti. Da parte sua la Russia – impegnata in un conflitto con l’Ucraina in cui si sono impantanati – ha tutto il vantaggio a diversificare l’attenzione del mondo su un altro fronte aperto.

“Tutti questi elementi combinati alla miccia di questa nuova retorica bellicosa e alla propensione della Corea del Nord dimostrata nella sua storia di far seguire le parole ai fatti, rendono tutto molto preoccupante”, argomenta Sisci che aggiunge: “Promuovere una strategia della tensione in questo momento è pericolosissimo. In tempo di pace, può essere gestita. Altra cosa è quando ci sono due guerre aperte, quando c’è la possibilità che una di queste guerre, quelle in Medio Oriente, si allarghi e quando ci sono tensioni anche in Asia. Se in un simile contesto, ti ci metti anche tu, cambia tutta la chimica e il pericolo aumenta in maniera esponenziale”. Le conseguenze sono immani. Sisci avverte: “Un attacco nucleare o anche solo missilistico della Nord Corea contro gli Stati Uniti oppure contro la Corea del Sud o il Giappone creerebbe una situazione che le altre due guerre non hanno ancora creato, e cioè una crisi finanziaria globale, con il crollo delle Borse di Tokyo e di Seul e a catena crollerebbe tutto”.