Si è aperto a Tel Aviv domenica 21 gennaio e durerà fino a domani, 24 gennaio, l’incontro di una delegazione di giornalisti europei (Fact-finding Delegation of European Journalist) promosso dall’American Jewish Committee (Ajc), nell’ambito dell’“Ajc Project Interchange”, che ha come scopo “combattere l’antisemitismo e l’estremismo, garantire il posto legittimo di Israele nella comunità delle nazioni e promuovere i valori democratici per tutti”. Un incontro che si carica di ulteriore significato poiché si colloca in piena guerra a Gaza scoppiata il 7 ottobre, subito dopo l’attacco terroristico di Hamas ad Israele.
Il programma prevede interventi di diversi relatori. Tra questi ricordiamo: Uzi Rabi, direttore del Moshe Dayan Center per gli studi mediorientali e africani e ricercatore presso il Centro per gli studi iraniani dell’Università di Tel Aviv; Joseph Draznin, vice consigliere per la sicurezza nazionale; Samer Sinijlawi, politico palestinese, attivista e presidente del Fondo per lo sviluppo di Gerusalemme; Oded Revivi, sindaco di Efrat; il colonnello (in pensione) Miri Eisin, direttore generale dell’International Institute for Counter-terrorism, alla Università Reichman.
Tra i temi che verranno toccati ci sono i possibili scenari futuri all’indomani della guerra, la situazione della società arabo-israeliana dopo l’attacco del 7 ottobre e quella in Cisgiordania, le violenze sessuali compiute da Hamas.
La delegazione dei giornalisti si recherà a Sderot, città israeliana situata a poca distanza dalla Striscia di Gaza bersagliata in più occasioni dai razzi di Hamas e delle altre fazioni islamiche attive nell’enclave palestinese, e successivamente nel kibbutz di Be’eri, uno dei primi colpiti dai terroristi, dove incontreranno i sopravvissuti dell’attacco del 7 ottobre. Previsti anche incontri con le famiglie degli ostaggi liberati e di quelli ancora in mano ai terroristi di Hamas. A tale riguardo verrà mostrato anche il video di 47 minuti che mostra le immagini cruente della strage compiuta dai terroristi di Hamas.
Nella sua relazione, che ha aperto i lavori, Uzi Rabi ha tratteggiato un quadro della situazione geopolitica mediorientale con particolare riferimento ad Israele e alla guerra in corso a Gaza, al ruolo dell’Iran, definito “una piovra che ha i suoi tentacoli in Libano, Siria, Iraq e Yemen e che ha interesse a mantenere il caos nella regione”. Il direttore del Moshe Dayan Center per gli studi mediorientali e africani ha poi parlato della soluzione “Due Popoli, Due Stati”, ribadendo, a titolo personale, la necessità di una nuova leadership palestinese. Per la Palestina, ha poi spiegato, “non si dovrebbe parlare di Stato ma di una entità demilitarizzata” in grado, per esempio, “di stipulare accordi economici”.
Fanno parte della delegazione circa 20 giornalisti da diversi Paesi europei come Francia, Italia, Germania, Bulgaria, Estonia, Lituania, Spagna, Polonia. Dal 1982, l’Ajc Project Interchange ha portato in Israele oltre 6.200 tra leader politici, esponenti della società civile, comunicatori, da 122 Paesi e tutti i 50 stati degli Stati Uniti, attestandosi come autorevole forum di studio, di incontro e di dialogo sui temi dell’antisemitismo e della promozione dei valori democratici. Fondamentale, per l’Ajc, è l’alleanza con altre comunità religiose e etniche nella “convinzione che il bene della comunità ebraica sia legato a quello di altre fedi e gruppi etnici” nel mondo.