di don Gianni Croci
Nel passato, nelle campagne, il 17 gennaio si festeggiava Sant’Antonio Abate, venerato come patrono degli animali. Ricordo come mio padre puliva bene la stalla e, quando tornava dalla Chiesa, portava del pane benedetto che dava anche agli animali. Il mio parroco non finiva mai di meravigliarsi nel vedere per quell’occasione la chiesa strapiena come non mai, molto più del giorno di Natale e di Pasqua. Si faceva festa grande, con la benedizione degli animali e del pane e non mancava un momento mangereccio, organizzato da comitati appositi, con panino e porchetta oppure polentata a base di maiale. In alcune zone c’erano anche i cantori di Sant’Antonio che andavano per le case cantando ‘la pasquella’.
Da sempre c’è stato un bel rapporto tra l’uomo e l’animale. Da bambino avevo un cane, a cui ero molto affezionato. Aveva solo tre zampe perché una era stata tagliata, non ricordo per quale motivo. Inoltre a volte curavo le mucche nella stalla o portavo da mangiare alle pecore. Ora le cose sono cambiate. Gli animali domestici nelle campagne sono sempre di meno, mentre aumenta la presenza di volpi, cinghiali, addirittura lupi, che fanno danni enormi. E sono cambiate anche le persone che cominciano a trattare gli animali in modo strano … a volte si sente delle signore che chiamano “figlio” un cagnolino o un gatto. Si spende anche tanto, non solo per il cibo, ma anche per vestiti, giochi ecc. Viene da chiedersi se questo modo di fare è rispettoso degli stessi animali!
In realtà Sant’Antonio nasce intorno al 250 in una famiglia benestante di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Resta orfano tra i 18 e i 20 anni, ritrovandosi a dover amministrare un ricco patrimonio. Un giorno entrando in una Chiesa, mentre si proclamava il brano del vangelo del giovane ricco, rimase talmente colpito che decise di cambiare completamente il suo modo di vivere: rinunciò a tutto ciò che aveva, distribuendolo ai poveri, e si ritirò nei dintorni dei villaggi egiziani.
L’esempio offerto da Sant’Antonio e dalle sue scelte di abbandonare le ricchezze per seguire una vita fatta di preghiera e di carità, diede origine ad una vera e propria comunità di discepoli, dando vita così ai primi monasteri. Sant’Antonio muore il 17 gennaio del 356, alla veneranda età di 106 anni. Pian piano viene invocato come protettore degli animali, poiché secondo la tradizione cristiana, il Santo resistette alle tentazioni del demonio che si presentava a lui sotto forma di diversi animali oltre al fatto che aneddoti legati alla sua figura parlano della sua capacità di riuscire ad ammaestrare anche gli animali più feroci.
Oggi, anche in città, per la festa di S. Antonio Abate molti accorrono per la benedizione dei propri animali ed è una cosa bella. Si ha però l’impressione che l’attenzione è più puntata sugli animali che sulla figura del santo. È vero, viveva in compagnia degli animali, ma amava prima di ogni altra cosa Dio e di conseguenza le persone create ad immagine e somiglianza di Dio, tanto è vero che spesso e volentieri lasciava il deserto per scendere in città e riportare la pace nei tanti conflitti presenti anche allora.
Ed allora accudiamo nel miglior modo possibile gli animali, ma non dimentichiamo di vivere quella carità che ci fa attenti all’essere umano, immagine e somiglianza di quel Dio che amandoci come figli ci chiede di vivere in fraternità, capaci di venire incontro alle esigenze dei più bisognosi.
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