Con la benedizione alle coppie irregolari “non si benedice l’unione, ma semplicemente le persone che ne fanno richiesta”. Lo ha precisato il Papa, ricevendo in udienza i partecipanti alla plenaria del Dicastero per la Dottrina della Fede. Citando la recente dichiarazione Fiducia supplicans, Francesco ha infatti spiegato che “l’intento delle benedizioni pastorali e spontanee è quello di mostrare concretamente la vicinanza del Signore e della Chiesa a tutti coloro che, trovandosi in diverse situazioni, chiedono aiuto per portare avanti – talvolta per iniziare – un cammino di fede”.
Di seguito il testo integrale del discorso di Papa Francesco: “Come stabilisce la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, il «compito del Dicastero per la Dottrina della Fede è aiutare il Romano Pontefice e i Vescovi nell’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, promuovendo e tutelando l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale, attingendo al deposito della fede e ricercandone anche una sempre più profonda intelligenza di fronte alle nuove questioni» (art. 69).
Proprio per raggiungere tali fini, già con il motu proprio Fidem servare (11 febbraio 2022) sono state create all’interno del Dicastero due Sezioni distinte: quella Dottrinale e quella Disciplinare. Nella lettera che ho inviato al Prefetto il 1° luglio 2023, in occasione della sua nomina, ho fatto riferimento a tale provvedimento per definire meglio il suo incarico e la missione attuale del Dicastero. Da un lato, ho sottolineato l’importanza della presenza di professionisti competenti nell’ambito della Sezione Disciplinare, per assicurare attenzione e rigore nell’applicazione della legislazione canonica vigente, in particolare nella gestione dei casi di abusi su minori da parte di chierici, e promuovere iniziative di formazione canonica per gli Ordinari e per gli operatori del diritto. Dall’altro lato, ho insistito sull’urgenza di dare maggiore spazio e attenzione all’ambito proprio della Sezione Dottrinale, dove non mancano teologi preparati e personale qualificato, anche per il lavoro nell’Ufficio Matrimoniale e nell’Archivio, di cui ricordo il 25° anniversario di apertura al pubblico ad opera di San Giovanni Paolo II e del Cardinale Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione, nell’imminenza del Grande Giubileo dell’Anno 2000.
Il Dicastero si vede così impegnato nell’ambito dell’intelligenza della fede di fronte al cambiamento d’epoca che caratterizza il nostro tempo. In tale direzione, vorrei condividere con voi alcuni pensieri, che raccolgo attorno a tre parole: sacramenti, dignità e fede.
Sacramenti. In questi giorni avete riflettuto sul tema della validità dei Sacramenti. La vita della Chiesa si nutre e cresce grazie ad essi. Per tale ragione, ai ministri è richiesta una particolare cura nell’amministrarli e nel dischiudere ai fedeli i tesori di grazia che comunicano. Mediante i Sacramenti, i credenti diventano capaci di profezia e di testimonianza. E il nostro tempo ha bisogno con particolare urgenza di profeti di vita nuova e di testimoni di carità: amiamo dunque e facciamo amare la bellezza e la forza salvifica dei Sacramenti!
La seconda parola: dignità. In quanto cristiani, non dobbiamo stancarci di insistere «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza» (Esort. ap. Laudate Deum, 39). So che state lavorando a un documento su questo argomento. Auspico che possa aiutarci, come Chiesa, a essere sempre vicini «a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non conta» (Angelus, 10 dicembre 2023) e fare sì che, «di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Lett. enc. Fratelli tutti, 6).
La terza parola è fede. In proposito vorrei ricordare due eventi: il decimo anniversario, da poco compiuto, dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium e l’ormai prossimo Giubileo, nel quale rinnoveremo la fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, speranza della storia e del mondo. Non possiamo però nasconderci che in estese aree del pianeta la fede – come ebbe a dire Benedetto XVI – «non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata» (Lett. ap. in forma di Motu proprio Porta fidei, 2). È tempo, perciò, di riflettere nuovamente e con maggiore passione su alcuni temi: l’annuncio e la comunicazione della fede nel mondo attuale, specialmente alle giovani generazioni; la conversione missionaria delle strutture ecclesiali e degli agenti pastorali; le nuove culture urbane, con il loro carico di sfide ma anche di inedite domande di senso; infine e soprattutto, la centralità del kerigma nella vita e nella missione della Chiesa.
Qui è atteso un aiuto da parte del Dicastero: “custodire la fede” si traduce oggi in un impegno di riflessione e di discernimento, perché l’intera comunità si adoperi a una reale conversione pastorale e missionaria kerigmatica, che potrà aiutare anche il cammino sinodale in corso. Ciò che per noi è essenziale, più bello, più attraente e allo stesso tempo più necessario è la fede in Cristo Gesù. Tutti insieme, a Dio piacendo, la rinnoveremo solennemente nel corso del prossimo Giubileo e ciascuno di noi è chiamato ad annunciarla a ogni uomo e donna della terra. Questo è il compito fondamentale della Chiesa, al quale ho dato voce proprio in Evangelii gaudium.
In tale contesto di evangelizzazione accenno pure alla recente Dichiarazione Fiducia supplicans. L’intento delle “benedizioni pastorali e spontanee” è quello di mostrare concretamente la vicinanza del Signore e della Chiesa a tutti coloro che, trovandosi in diverse situazioni, chiedono aiuto per portare avanti – talvolta per iniziare – un cammino di fede. Vorrei sottolineare brevemente due cose: la prima è che queste benedizioni, fuori di ogni contesto e forma di carattere liturgico, non esigono una perfezione morale per essere ricevute; la seconda, che quando spontaneamente si avvicina una coppia a chiederle, non si benedice l’unione, ma semplicemente le persone che insieme ne hanno fatto richiesta. Non l’unione, ma le persone, naturalmente tenendo conto del contesto, delle sensibilità, dei luoghi in cui si vive e delle modalità più consone per farlo.
Carissimi, vi rinnovo la gratitudine per il vostro servizio e vi incoraggio ad andare avanti con l’aiuto del Signore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie”.
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