DIOCESI – “La catechesi, per essere vera, ha bisogno di comunità“. – Sono queste le parole semplici, ma forti e penetranti che Mons. Valentino Bulgarelli, sottosegretario della CEI e direttore dell’Ufficio Catechistico CEI, ha rivolto ai presenti durante l’incontro dal titolo “La formazione alla fede e alla vita”, l’ultimo dei tre appuntamenti organizzati dalla Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto nell’ambito del percorso di discernimento intrapreso in questo secondo anno di Cammino Sinodale 2023/2024.
L’evento, che si è tenuto venerdì 26 gennaio 2024, dalle ore 19:15 alle ore 22:45, presso il Monastero Santa Speranza delle Suore Clarisse in San Benedetto del Tronto, ha registrato la presenza anche del Vescovo diocesano, Mons. Carlo Bresciani, il quale ha ringraziato l’illustre ospite per aver accettato il suo invito in una settimana particolarmente densa di impegni e per essere rimasto fino alla fine, condividendo con i fedeli presenti anche il momento di discernimento dei tavoli sinodali.

In una sala colma di presbiteri, religiosi e laici, Mons. Bulgarelli ha fornito molteplici spunti di riflessione. Specificando fin da subito che non avrebbe dato soluzioni in grado di risolvere ogni tipo di problema, è partito dal concetto di fiducia: “Nessuno si fida più di nessuno. Non è un caso che il presidente Mattarella e papa Francesco abbiano ricordato, nel passaggio dal vecchio al nuovo anno, di avere fiducia nella scienza. Questo dovrebbe farci riflettere molto, perché, se manca la fiducia, si è fermi. Una persona si mette per strada, se ha fiducia nel fatto che gli altri rispetteranno il codice della strada. Altrimenti non si mette affatto in cammino, non parte proprio! Per la catechesi è la stessa cosa: è una questione di fiducia. Ogni esperienza di fede inizia con un atto di fiducia nei confronti di una persona o di un luogo, di un parroco, di una suora, dei genitori, di un catechista, di un amico. Oggi non ci sono più luoghi in cui condividere dubbi e domande, luoghi in cui la fiducia è alta. E spesso, purtroppo, anche in parrocchia si ha paura di essere giudicati”.

Il relatore ha poi proseguito il suo intervento, elencando e spiegando quali siano gli strumenti necessari affinché la Fede oggi possa essere trasmessa.
Il primo è la credibilità. Facendo riferimento alla Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi (2, 3-12), Monsignor Bulgarelli ha ricordato che le parole che più funzionano sono i gesti incarnati e che quindi evangelizzare significa essere testimoni credibili.
Poi ha parlato di libertà, che è il contrario dell’imposizione. Spesso, presi dal fervore pastorale o da un senso di abitudinarietà, può succedere che venga imposta la Messa o anche il cammino catechistico. Questo non è bene. Sia con i ragazzi che con gli adulti il catechista deve comportarsi come fanno i genitori con i propri figli, non imponendo le cose, bensì facendoli crescere un po’ alla volta, affinché siano loro a scegliere il bene per loro. Così deve essere per il fedele, che va quindi aiutato a scegliere il bene per lui, che è Cristo.
Il terzo strumento necessario per trasmettere la fede è l’autorità, “intesa nella sua accezione etimologica, ovvero di una persona che fa crescere – ha detto Bulgarelli –. Paradossalmente la Chiesa ha bisogno di maggiore autorità, cioè di persone che facciano crescere gli altri, di adulti consapevoli che siano di riferimento per la comunità”.
Infine l’ultimo strumento, che è il fulcro del periodo che stiamo vivendo, è la relazione. Prendendo spunto dalla Dei Verbum (punti 8 e 9), la costituzione dogmatica emanata dal Concilio Vaticano II e riguardante la «Divina Rivelazione» e la Sacra Scrittura, Bulgarelli ha spiegato che “l’intero popolo di Dio fa crescere la Tradizione: ogni battezzato, quindi, militando e pregando le Scritture, ha questa facoltà. Questo è quello che noi stiamo vivendo ed è il motivo per cui papa Francesco ha più volte ribadito che non vuole una Chiesa della maggioranza e della minoranza, non vuole una Chiesa delle palette. La Chiesa sinodale è un esercizio spirituale, è la relazione nello Spirito, nella vita di fede, che ogni battezzato può contribuire a far crescere. Da qui la capacità di vivere delle relazioni significative. Negli ultimi anni purtroppo abbiamo avuto per il Catechismo un approccio cumulativo di conoscenze; invece il Catechismo è prima di tutto relazione, cioè saper condividere con gli altri la gioia del Vangelo“.

Il direttore dell’Ufficio Catechistico CEI ha poi proseguito, approfondendo tre aspetti.
Prima di tutto Bulgarelli ha detto che quanto da lui suggerito è frutto non di sue considerazioni personali, bensì del Concilio Vaticano II iniziato l’11 ottobre del 1962, “che è stato un grande dono dello Spirito Santo alla Chiesa del XX secolo. Esso stato preceduto da una bolla, scritta a Natale dell’anno prima, che delinea lo scopo del Concilio: mettere a contatto le energie vivificatrici del Vangelo con il mondo contemporaneo. Questa frase ha un valore programmatico fondamentale e ci rivela che l’obiettivo del Concilio Vaticano II non è rinnovare la Chiesa o richiamare l’importanza della Chiesa o aumentare la gestione della Chiesa, bensì mettere a contatto il Vangelo con il mondo. Quindi questa espressione pone subito la Chiesa a servizio, perché la Chiesa esiste per mettere a contatto il Vangelo con il mondo”.
In secondo luogo il relatore, parlando della Chiesa del futuro ha citato una frase del teologo inglese Timothy Radcliffe: “‘La caratteristica di un albero è frutto delle sue interazioni con l’ambiente’. Questo che è valido per la natura, vale anche per noi. La forma della Chiesa che verrà, sarà determinata anche dalle interazioni che essa avrà con il mondo“.
In ultima analisi Bulgarelli ha parlato del grande rischio del mondo attuale che è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata, un rischio di cui papa Francesco parla diffusamente nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi, non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del Suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena. Questo non è il desiderio di Dio per noi. Questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo Risorto”.

Mons. Bulgarelli ha infine indicato alcuni snodi essenziali su cui è necessario confrontarsi e ha fatto anche degli esempi pratici in cui molti fedeli si sono ritrovati. Ha poi concluso: “Diventare cristiani, fin dai tempi antichi, richiede annuncio, conversione, professione di fede, Battesimo, Cresima, Eucaristia. Oggi a noi sono rimasti solo gli ultimi tre, i Sacramenti; essi invece possono giungere solo dopo gli altri tre pilastri. Come fare allora? Ripartire tenendo conto di due aspetti. Prima di tutto la catechesi, l’iniziazione cristiana, per essere vera, ha bisogno di comunità, altrimenti non funziona. In secondo luogo non dobbiamo avere paura di immaginare con creatività, una parola che i genere ai sacerdoti fa venire un brivido sulla schiena, perché non è compresa fino in fondo. Essere creativi significa vedere due cose distanti e provare a metterle insieme. Il primo creativo è Dio, che riconcilia degli opposti: vita e morte, peccato e perdono, isolamento e comunione. Nell’Apocalisse leggiamo: ‘Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me’ (Ap 3,20). Cosa vuol dire dunque pensare la formazione oggi? Prima di tutto non perdere di vista questo orizzonte, quello di un Dio che è sulla soglia della vita di ogni persona, anche di quelli che mi sembrano molto diversi da me. Poi comprendere che il compito di ogni cristiano è ricordare ad ogni uomo e ad ogni donna che c’è un Dio che bussa alla porta della vita e, se fatto entrare, porta gioia e festa. Prima riusciremo a fotografare certe situazioni, prima ci aiuteremo a focalizzare queste questioni, meglio sarà per tutti. Così avremo la possibilità di condividere quella Bella Notizia che ha cambiato la nostra vita e che trasformerà la vita di molti altri”.

Al termine della relazione di Mons. Bulgarelli e dopo una breve pausa per il ristoro, don Vincent Ifeme, in rappresentanza dell’Equipe Diocesana per il Sinodo, ha letto il documento di restituzione del precedente incontro sinodale svoltosi lo scorso 15 dicembre 2023.
A seguire tutti i presenti sono stati invitati a vivere un momento di discernimento secondo la modalità sinodale, quindi in piccoli gruppi di lavoro, ciascuno guidato da un facilitatore. In tutti i tavoli sinodali si è riflettuto in particolare su due aspetti.
In merito all’iniziazione cristiana, ci si è chiesto: “Quali buone pratiche catechistiche e formative ci sono nelle nostre Chiese Locali che possano essere diffuse? Quali altre buone prassi potrebbero essere sviluppate?
Per quanto riguarda invece la formazione permanente, si è cercato di rispondere alle seguenti domande: “Quali priorità (competenze relazionali, arte dell’accompagnamento, gestione della conflittualità, leadership sinodale, aggiornamento pastorale, spiritualità, scuola di preghiera, …) potrebbero essere scelte per una formazione vissuta insieme, tra laici, presbiteri, diaconi, religiosi? Quali proposte possibili per sviluppare una formazione permanente che riguardi tutti?
Le conclusioni sono state affidate al vescovo Bresciani il quale si è detto molto soddisfatto per la numerosa partecipazione all’incontro e ha guidato la preghiera finale prima di congedare tutti i presenti.

 

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