M. Chiara Biagioni
Sono circa 1.500 i prigionieri politici detenuti in Bielorussia. Molti di loro vivono “continui maltrattamenti, che in molti casi equivalgono a tortura”. Ci sono alcuni che “a causa della loro età e problemi di salute” vivono in condizioni di forte precarietà fisica. “Alcuni di loro molto probabilmente non vivranno abbastanza da vedere la loro liberazione”. Grandissima preoccupazione viene espressa da Viasna, ong che ha sede a Minsk e che dal 1996 combatte per i diritti umani e la democrazia in Bielorussia. È stata fondata da Ales Bialiatski, premio Nobel per la pace 2022, che il comitato norvegese gli ha conferito per il suo impegno a documentare le violazioni dei diritti umani e gli abusi di potere. Il Sir li ha contattati per capire e conoscere la situazione. Al 31 gennaio 2024, si legge nell’ultimo Report dell’organizzazione, la Bielorussia conta 1.429 prigionieri politici, tra cui 170 donne e circa 530 giovani. Viasna dispone di informazioni su oltre 4.500 persone condannate in casi penali a sfondo politico. La stessa ong conta diversi suoi membri che stanno attualmente scontando sentenze in istituti correzionali. Tra questi figurano il fondatore della ong e premio Nobel per la pace Ales Bialiatski e il vicepresidente della Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh) Valiantsin Stefanovich. Nella notte tra l’8 e il 9 gennaio, nel carcere n. 3 in cui era detenuto, il prigioniero politico bielorusso Vadzim Khrasko, 52 anni, è morto di polmonite. Era stato condannato a tre anni di carcere nell’agosto 2023 per aver fatto diverse donazioni a iniziative dichiarate “estremiste” dalle autorità. L’accusa è che le autorità avrebbero atteso troppo tempo prima di portarlo in ospedale. Nel Report si parla anche di persecuzioni nei confronti degli avvocati, di ingerenza nelle attività dell’Ordine degli avvocati e violazioni ai danni di giornalisti e blogger. Secondo l’Associazione bielorussa dei giornalisti, alla fine di gennaio 2024, 35 rappresentanti dei media sono attualmente in stato di detenzione.
Secondo i dati di monitoraggio di “Christian Vision”, organizzazione citata da Viasna che monitora la libertà religiosa e di culto, all’11 ottobre 2023 almeno 60 sacerdoti hanno subito “persecuzione politica”. La vicenda è finita lo scorso anno (il 31 luglio 2023) anche al centro di una proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla Bielorussia presentata dalla Commissione per gli affari esteri. Nel testo, il cui relatore era Petras Auštrevičius, si chiedeva al Parlamento europeo di condannare fermamente “la persecuzione delle comunità religiose in Bielorussia, nonché la persecuzione di sacerdoti e laici che, nell’ambito delle loro attività, si rifiutano di appoggiare la posizione del regime di Lukashenka ed esprimono disaccordo con le sue politiche”. Erano finiti nella risoluzione i casi di condanna del sacerdote ortodosso Siarhei Rezanovich, di sua moglie e di suo figlio a 16 anni di reclusione, le pressioni sull’ex arcivescovo ortodosso, Artemy Kishchanka, ora defunto, nonché i regolari arresti di religiosi, tra cui l’arresto nel maggio 2023 dei sacerdoti cattolici Viachaslau Adamovich, Andrei Kulik e Aliaksandr Shautsou e del catechista Uladzislau Beladzied”. Forte la condanna di Bruxelles anche per la confisca di chiese ai cattolici di Minsk e il divieto di qualsiasi attività politica nel quadro dell’evangelismo protestante. Al Sir, Viasna sottopone in particolare il caso di padre Henrykh (Henadz) Akalatovich, un prete di 70 anni di Valozhyn, arrestato nel novembre 2023, con l’accusa di “alto tradimento” ai sensi dell’articolo 356 del codice penale. Molto malato, si legge nel Report di Viasna, il sacerdote necessita di “controllo medico e farmaci costanti”.
Viasna ricorda al Sir la dichiarazione dell’Alto Rappresentante Ue che condannava “con la massima fermezza” la recente ondata di repressione, le perquisizioni di polizia e le detenzioni politiche in Bielorussia, ai danni anche dei parenti dei prigionieri politici. Le incursioni e le perquisizioni da parte dell’apparato di sicurezza del regime hanno colpito più di 100 persone, molte delle quali sono state arrestate. “Il regime di Lukashenko – scrive l’Ue – continua la sua deplorevole tattica di intimidazione e repressione contro i suoi critici e potenziali oppositori politici in vista delle ‘elezioni’ di febbraio. Esortiamo le autorità bielorusse ad astenersi da qualsiasi ulteriore repressione e violenza diretta contro il popolo bielorusso e a rispettare gli obblighi internazionali della Bielorussia in materia di diritti umani, anche rilasciando immediatamente e incondizionatamente tutti coloro che sono detenuti arbitrariamente e cessando i procedimenti giudiziari abusivi”. L’Ue assicura nella dichiarazione la sua solidarietà con il popolo bielorusso e l’impegno a sostenerlo nel suo percorso verso “un Paese indipendente e democratico”. E in vista delle elezioni parlamentari di febbraio e aprile, l’Ue scrive: “I cittadini bielorussi meritano il diritto di essere rappresentati da coloro che scelgono liberamente attraverso elezioni trasparenti, libere ed eque”.
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