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Pakistan: Ahmad (giornalista), “dopo il voto non cambierà molto, sarà una democrazia finta e zoppicante, controllata dall’esercito”

Il Pakistan si presenta oggi al voto come “un Paese in stallo” che “deve cercare di non morire”, con una “democrazia finta e zoppicante” controllata da decenni dal potere dell’esercito, con il placet degli Stati Uniti. Per i suoi 240 milioni di abitanti, di cui il 90% in povertà, corruzione a tutti i livelli, inflazione alle stelle e il rischio bancarotta dietro l’angolo, probabilmente non ci saranno grandi cambiamenti. Il Pakistan è l’unico tra i 54 Paesi islamici che possiede la bomba atomica e l’unico che ha un esercito professionale. Anche per le minoranze religiose, tra cui i cristiani, che oscillano tra l’1,6% e il 2% della popolazione, non ci saranno tante novità positive. “Rimane tutto come prima. Saranno cinque anni stagnanti. Ci saranno miliardari al potere, per cui in qualche modo faranno girare l’economia”: è questa l’analisi al Sir del giornalista pakistano Ejaz Ahmad. “Ma nessun partito avrà mai il coraggio di togliere la legge sulla blasfemia, perché sono tutti di ispirazione islamica. Bisogna quindi fare in modo che diminuiscano gli abusi”. I principali partiti in lizza sono la Lega musulmana pakistana-Nawas di Nawas Sharif, 74 anni, che ha governato fino al 2017 ed è tornato ad ottobre dall’esilio londinese per fuggire a processi per corruzione poi archiviati, e il Pakistan People Party (Ppp) guidato da Bilawal Bhutto Zardari e dal padre Asif Ali. “Il Pakistan in questo momento è un Paese in stallo – commenta -. L’economia va molto male, sicuramente governeranno il Ppp e la Lega Musulmana, partiti oramai cronici come le malattie, perché al governo da decenni. Rispetteranno le richieste dell’esercito e davanti al mondo risulterà una democrazia. Ma è una democrazia astrusa”. Si temono brogli e altre vittime, prima dei risultati che arriveranno tra una settimana/dieci giorni. “Chi governa il Pakistan è l’establishement ossia l’esercito e il generale delle forze armate. Tramite i servizi segreti controllano la stampa, la giustizia, la polizia. Ciò che decide implicitamente o esplicitamente l’esercito viene seguito. Spesso nei tribunali i giudici sono costretti a dimettersi perché scomodi”, puntualizza il giornalista. “Gli Stati Uniti finanziano l’esercito e decidono chi deve governare – spiega Ahmad -. Hanno avuto sempre grande influenza sulla politica pakistana. A loro fa comodo mantenere lo status quo a patto che seguano la loro politica”. Alla vigilia del voto ci sono stati almeno 22 morti e 37 feriti, principalmente nella regione del Balochistan, la più grande del Pakistan, ricca di minerali, gas e petrolio, scossa da movimenti autonomisti che chiedono il controllo delle risorse, ora in mano all’esercito e alla Cina, che stanno costruendo grandi infrastrutture in zona. Secondo Ahmad “è probabile che ci saranno altri morti durante e dopo le elezioni, città messe a fuoco. Vincerà la Lega musulmana e gli Sharif prenderanno il potere. Se non eleggeranno Nawas sceglieranno la figlia o il fratello Shebaz. Faranno il gioco dell’esercito e degli Stati Uniti” anche se “non arrivano più soldi a valanga dall’estero come durante la guerra in Afghanistan”.

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