Pubblichiamo la riflessione di Padre Gabriele: “Bisogna cercare l’origine del Mercoledì delle ceneri nell’antica prassi penitenziale della Chiesa. All’origine il sacramento della penitenza (confessione) non era celebrato nel modo in cui si celebra oggi.
Nella disciplina penitenziale della Chiesa si è passati “da una celebrazione pubblica ad una celebrazione privata; da una riconciliazione con la Chiesa, concessa una sola volta, ad una celebrazione frequente del sacramento, intesa come aiuto-rimedio nella vita del penitente; da una espiazione, previa all’assoluzione, prolungata e rigorosa, ad una soddisfazione (quella che oggi di solito chiamiamo penitenza), successiva all’assoluzione”.
La celebrazione delle ceneri nasce in relazione alla celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì santo (si trattava di peccati di particolare gravità).
Col tempo poi il gesto dell’imposizione delle ceneri si è esteso a tutti i fedeli e la riforma liturgica, promossa dal Concilio vaticano II, ha ritenuto opportuno conservare l’importanza di questo segno.
Nella Bibbia troviamo un doppio significato dell’uso delle ceneri.
La cenere è anzitutto segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).
La cenere però è anche il segno esteriore di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore, di convertirsi. È particolarmente noto il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive in seguito alla predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).
La liturgia del mercoledì delle ceneri conserva questo duplice significato che è espresso nelle formule di imposizione della cenere sul capo: “Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai” o “Convertitevi, e credete al Vangelo”. La formula più antica (“ricordati che sei polvere…ecc.”) è strettamente legata al gesto di versare le ceneri, mentre la nuova formula (“Convertitevi…ecc.”) esprime meglio l’aspetto positivo della quaresima che con questa celebrazione ha il suo inizio. Un liturgista propone, se la cosa non risultasse troppo lunga, di unire le due formule per esprimere al meglio il significato della celebrazione: “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai; dunque convertiti e credi al Vangelo”.
È un invito dunque a ricordarsi che siamo esseri deboli, abbiamo sempre bisogno dell’aiuto di Dio, non possiamo mai contare solo sulle nostre forze, dobbiamo vivere sempre nell’umiltà senza alcuna presunzione e superbia. È poi invito a riconoscere che abbiamo bisogno di cambiare vita, di abbandonare il peccato e ritornare a Dio con tutto ilo cuore per vivere davvero le esigenze del nostro battesimo e dell’essere cristiani.
Il rito dell’imposizione delle ceneri, fatto dopo l’omelia (quindi dopo l’ascolto della Parola di Dio che ci chiama a conversione), sostituisce l’atto penitenziale della messa; inoltre può essere compiuto anche senza la messa in una celebrazione della Parola di Dio, con caratteristica penitenziale.
Le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì anche se è opportuno indicare una celebrazione comunitaria “privilegiata” nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando.
La Chiesa, proprio per sottolineare la serietà dell’impegno con cui ogni battezzato deve inziare questo cammino di conversione e questo tempo “forte” della Quaresima, chiede di vivere questa giornata, oltre che dando spazio alla Parola di Dio e alla preghiera (individuale e comunitaria), anche con l’astinenza e il digiuno. All’astinenza (che significa rinunciare alla carne e a cibi particolarmente ricercati e costosi) sono tenuti tutti, dai 14 anni in su, salvo chi avesse particolari problemi di salute, al digiuno (che vuol dire rinunciare ad uno dei pasti importanti della giornata, es. pranzo o cena) sono tenuti i maggiorenni, da 18 fino a 60 anni, salvo sempre problemi di salute.