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Un microchip nel cervello

Maurizio Calipari

La frontiera tra scienza e fantascienza diventa sempre più labile grazie a progetti sempre più “arditi”, come quello promosso (e finanziato) da Elon Musk con la sua azienda Neuralink. Di cosa si tratta? In sintesi estrema, dell’impianto di un microchip nel cervello umano, una sperimentazione che apre nuovi orizzonti nel campo della neurotecnologia e, al tempo stesso, offre una luce di speranza a persone affette da gravi disabilità.

Il rivoluzionario dispositivo altro non è che un microchip, grande quanto un gruppo di cinque monete impilate, che viene inserito nel cervello attraverso un delicato intervento chirurgico, con l’obiettivo di consentire il controllo di telefoni o computer semplicemente usando il pensiero, grazie a fili sottilissimi che trasmettono segnali cerebrali.

Dopo l’approvazione della FDA (l’autorità regolatoria statunitense) per testare questo impianto su esseri umani, si è proceduto al primo tentativo che è avvenuto il 28 gennaio 2024, su un paziente volontario, affetto da tetraplegia. “Telepathy” – così è stato denominato il dispositivo – è composto da cinque elementi, tra cui una capsula esterna biocompatibile e 24 fili dotati di 1024 elettrodi.  Per effettuare l’impianto, è stato necessario un lungo (circa 3 ore) intervento chirurgico invasivo, realizzato mediante l’impiego di un robot chirurgico altamente preciso, appositamente sviluppato per l’installazione dei fili, mirando a una precisione senza precedenti nell’interazione neurale. Una volta impiantato, Telepathy è invisibile dall’esterno e permette al paziente di spostare il mouse e digitare sulla tastiera senza muovere gli arti.

Le implicazioni di questa tecnologia per il campo medico sono vaste. Neuralink mira inizialmente a restituire mobilità e indipendenza a persone affette da gravi disabilità neurologiche, come tetraplegia o lesioni al midollo spinale. La capacità di controllare dispositivi elettronici con il pensiero potrebbe rivoluzionare il modo in cui i pazienti comunicano con il mondo esterno, offrendo nuove speranze a coloro che hanno perso l’uso degli arti o soffrono di malattie neurodegenerative come SLA e Parkinson​​.

Nonostante l’ottimismo, la tecnologia di Neuralink non è esente da rischi. Le preoccupazioni includono la possibilità di infezioni, la reazione del corpo ai materiali impiantati, l’affidabilità a lungo termine degli elettrodi e il rischio di danni neurali. Inoltre, la presenza di microelettrodi nel cervello potrebbe potenzialmente irritare i neuroni, aumentando il rischio di epilessia​​. La sicurezza e l’efficacia di questi dispositivi devono essere rigorosamente testate attraverso studi clinici e un monitoraggio a lungo termine.

Oltre alle applicazioni mediche immediate, il futuro potrebbe vedere l’espansione di questa tecnologia in aree che vanno oltre la medicina. La possibilità di migliorare le capacità cognitive umane, l’accesso istantaneo a informazioni digitali tramite il pensiero, e l’integrazione più profonda tra umani e intelligenza artificiale sono scenari che potrebbero diventare realtà.

Tuttavia, queste prospettive sollevano questioni etiche significative, che necessitano di un’attenta valutazione. La privacy dei pensieri, il consenso informato, l’accesso equo a tecnologie potenzialmente costose e la possibilità di disparità cognitive tra chi può permettersi tali impianti e chi no, sono solo alcuni dei dilemmi etici connessi a queste innovazioni. Oltre alla preoccupazione più generale di garantire sempre che, nell’interazione/integrazione sempre più stretta tra cervello umano e macchine, sia preservato e tutelato il “proprium” umano. Perciò, la società deve considerare attentamente come regolamentare e integrare queste tecnologie per garantire che i benefici superino i rischi e che non vengano creati nuovi divari sociali.

Non v’è dubbio, la sperimentazione di Neuralink rappresenta un confine inesplorato tra la biologia umana e la tecnologia, con potenzialità enormi. Di fronte ad un tale livello d’innovazione, però, più che paura e pregiudizi, servono prudenza e sapienza. E’ imperativo procedere con cautela, assicurando che le considerazioni etiche e i rischi siano gestiti in modo responsabile e trasparente, per il bene dell’umanità.

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