DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Due condizioni estreme ci vengono presentate nella liturgia di questa prima domenica di Quaresima: nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, la terra coperta dalle acque del diluvio e, nel Vangelo di Marco, il deserto.
Diluvio e deserto: luoghi ed esperienze limite che hanno in comune il realizzarsi di condizioni così estreme da impedire la vita. Dovunque lo sguardo si perda vede solo sabbia, se si è nel deserto, o, come Noè, nell’arca dopo il diluvio, solo acqua sotto la quale è sommersa ogni cosa.
Diluvio e deserto: situazioni necessarie perché occorre a ciascuno fare esperienza di quello spazio d’ombra in cui, soli, si è chiamati a decidere da che parte stare. Un tempo e uno spazio in cui tutto si riduce all’essenziale, dove non è più dato fuggire.
Eppure, in queste situazioni estreme e minacciose che rischiano di farci errare senza riferimenti, Dio opera la salvezza. Se da un lato deserto e diluvio simboleggiano un vuoto, dall’altro indicano sconfinata libertà, scoperta di un silenzio che non è mutismo ma apertura all’ascolto, di una solitudine che non è isolamento ma capacità di stare con se stessi, di un uscire dal mondo per arrivare al cuore di esso, là dove si trova Dio.
Basta, allora, con l’idea della Quaresima come di un tempo penitenziale doloroso ma inevitabile, come il tempo in cui metterci in volto la maschera del penitente.
Il diluvio non è la fine, ma un nuovo inizio: «Dio disse: “Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra». Un nuovo inizio di fronte alla cui bellezza, Dio promette che non manderà più un altro diluvio.
Il deserto, poi, è il luogo in cui Gesù «stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano».
Nella tradizione profetica questi animali sono il segno del giudizio o del castigo divino ma, ci ricordiamo anche le parole di Isaia quando scrive «il lupo dimorerà con l’agnello … il vitello e il leoncello pascoleranno insieme … il lattante si trastullerà sulla buca della vipera, il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso…».
Animali e angeli, terra e cielo, terrestre e sovrumano sono riconciliati e, dunque, in armonia con l’umanità. Sì, è il regno messianico promesso da Dio a tutta la terra. Gesù lo inaugura nel deserto, per questo proclama: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio si è fatto vicino».
E come continua? «Convertitevi e credete nel Vangelo».
Solo perché impariamo a stare con le nostre “bestie selvatiche”, quelle interiori, possiamo sperimentare gli angeli che ci servono; solo dando un nome, abbracciando, addomesticando – senza necessità di ucciderle – le nostre bestie interiori, possiamo fare esperienza di cielo.
Diluvio e deserto: ogni situazione, per quanto estrema, nelle mani di Dio può essere luogo di salvezza. Non abbiamo bisogno di mortificazioni ulteriori rispetto a quelle che la vita e le sue circostanze ci pongono davanti. Possiamo vivere, invece, questo tempo, alla ricerca di Dio, per convertirci con tutto il cuore a lui che è capace di far fiorire il deserto e far rinascere la vita dalle acque, e per riconoscerlo, così, come il Signore che si fa vicino.

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