GROTTAMMARE – Venerdì 16 febbraio, presso la chiesa di sant’Agostino in Grottammare, il vicario generale della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto Marche, don Patrizio Spina, ha presieduto una Celebrazione Eucaristica, alle ore 21:00, in occasione del X anniversario dell’istituzione dell’Adorazione Eucaristica Perpetua a Grottammare. La Santa Messa è stata concelebrata dal parroco di Montelparo, don Giorgio Carini e dal vicario foraneo della Vicaria Madonna di San Giovanni, e dal parroco delle Parrocchie di San Pio V e San Giovanni Battista, don Federico Pompei.
Dall’omelia di don Patrizio: “In tanti siamo venuti, ringraziamo Dio. Grazie per questa occasione che date a me e a tutti quanti noi. Ma grazie davvero al Signore, perché ci dona questa opportunità di fermarci e di ringraziarLo, dal momento che in tutti questi anni – anzi direi per tutta la nostra vita – noi continuamente facciamo esperienza della Sua compagnia. E lo facciamo – mi verrebbe da dire pensando alla mia vita – soprattutto quando facciamo esperienza della fragilità, anche del mio peccato: è lì che si sperimenta davvero quanto grande e forte è l’amore di Dio per me, per tutti quanti noi. Perché il Suo amore davvero è molto più grande delle nostre fragilità.
“Di fronte alla Scrittura che abbiamo ascoltato oggi – ha proseguito don Spina -, credo che ci siano delle proposte da accogliere. La Prima Lettura che abbiamo ascoltato, del profeta Isaia, è un richiamo forte, un richiamo ad assumere quello che è lo stile degli adoratori, che venerano il Signore in spirito e verità. E voi lo insegnate a me: è lo spirito del silenzio. Isaia ci richiama a vivere la verità del nostro essere discepoli del Signore e noi, con sincerità, non possiamo fare altro che metterci in silenzio. Perché? Perché vogliamo imparare da Lui, Lui che è mite e umile di cuore, Colui che adoriamo. Mi verrebbe quasi da dire che l’adoratore che adora il Signore ha intrapreso, intraprende e continua a percorrere un cammino di somiglianza, per somigliare sempre di più a Lui. Ed è certo che in questa Parola che abbiamo ascoltato del profeta Isaia ci siamo tutti quanti noi, tu ed io, con le nostre fragilità. Quante volte ci è capitato, mi è capitato, di pensare che in fondo la mia strada o il mio modo di esistere, il mio modo di gestire le cose, fosse quello più vero, più autentico. E quante volte, pur magari facendo digiuni e penitenze, non mi sono accorto che, se davvero mi fossi messo in adorazione del Signore, mite e umile di cuore, avrei imparato il suo stile? Uno stile che non è quello che guerreggia, ma è lo stile di chi sa mettersi in silenzio di fronte a Colui che nel silenzio abita, di fronte a Colui che nel silenzio educa le nostre coscienze. Mi piace molto quello che ha ricordato don Giorgio all’inizio, mi appassiona e mi affascina e mi appassiona e mi affascina anche il modo e lo stile di come ci è stato ricordato. Lo stile dell’adoratore è uno stile dolce, che non significa assolutamente che non sia uno stile forte o che respinge il male. Respinge il male soprattutto dentro di noi, dentro di me. Respingo il male e dico di no a quel male che è nel mio cuore e che mi vorrebbe far vivere il tutto in un modo che non è il modo di Gesù, quel modo che appunto il profeta Isaia aveva scritto molto prima di Gesù. Il profeta aveva scritto così, perché era il Signore Dio che glielo chiedeva: ‘Educa i miei adoratori a vivere nella serenità, nella serietà e nella verità’. Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri e i senzatetto, vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti: chiedimi come si fa e io ti potrei rispondere: ‘Mettendoti in adorazione, in silenzio di fronte a Lui che ha una Parola forte per ciascuno di noi, che non ci mette in imbarazzo e non entra neanche in quel dibattito, per certi aspetti fastidioso. Ripete, ancora con il suo stile mite e umile di cuore, pane spezzato, perché questo è pane spezzato per noi, per la nostra povertà, ripete quella che è la Verità della nostra esistenza. Noi facciamo digiuno nel momento in cui ci accorgiamo che lo Sposo è con noi e ci chiede di vivere quello che abbiamo. Semplicemente. Nella verità di noi stessi, nella povertà della nostra esperienza. Lo Sposo c’è e ci dà questa forza. Quando vi mettete in silenzio davanti a Lui, capite che quel digiuno a cui Egli chiama tutti noi è nel saper ringraziare per la pochezza che noi siamo; quando impariamo che siamo poveri e fragili, noi ci mettiamo davanti a Lui in ginocchio. In ginocchio non soltanto con le nostre ginocchia, ma anche con la nostra testa, mi verrebbe da dire, con la mia testardaggine. Faccio silenzio, Signore, perché Tu possa parlare alla mia vita e possa educarmi. Ringraziamo il Signore per questa presenza di grazia”.
“Mentre pensavo a questa sera – ha detto poi il vicario generale -, mi è tornata in mente quella pagina del Vangelo in cui si parla della lucerna che viene messa su un alto colle, che non rimane nascosta. Voi sì che vivete nel nascondimento, nella sobrietà, nella semplicità, ma la vostra preghiera è autentica. Ed è autentica nella misura in cui sappiamo metterci in silenzio davanti a Lui e diventa un bacino di grazia nel quale si attinge, grazie a Dio, molto di più di quello che conosciamo. È molto bello questo, sapere che c’è un’esperienza che è esperienza di grazia. È esperienza di grazia per la Chiesa, è esperienza di grazia per la nostra Chiesa Locale, è esperienza di grazia che ci supporta, che supporta tutti quelli che vivono nel silenzio. Penso a noi presbiteri, ai religiosi e alle religiose, alle persone che vivono la propria vita nella consacrazione, ma penso anche a tutti gli uomini e le donne che vivono con coraggio e forza la propria adesione al Vangelo, a Cristo e fanno esperienza della propria fragilità. Dove trovare forza? Dove trovare la forza della perseveranza anche in questa esperienza che voi vivete? Non soltanto per voi stessi, ma per tutti“.
“Chiudo portandovi i saluti del nostro vescovo – ha concluso don Spina -, che non è in sede in questo momento; ma nello stesso tempo, chiudo anche ringraziandovi e ripetendo, per voi e per me, quella Parola di Gesù, il mite e umile di cuore, che ci ricorda che il chicco di frumento, quando cade in terra, muore e porta frutto. Quel morire a noi stessi, quel saper fare silenzio davanti a Lui perché Egli possa fare di noi quello che vuole. ‘Fa’ di noi, Signore, quello che vuoi’. Mettimi dove vuoi, quando vuoi, come vuoi, perché voglio imparare da Te, che rimani l’unico mite e umile di cuore. Tu adoratore, tu adoratrice, lo sai quanto me. E in questo che tu possa essere benedetto, perché tu possa continuare a farlo e a vivere questa esperienza per tutta la vita senza mai stancarti. E quando ti dovesse capitare di essere per un po’ in difficoltà a motivo della fragilità umana, ricordati che non sei mai solo, non soltanto perché c’è una comunità che prega per te – la stessa comunità per la quale tu hai sempre pregato -, ma anche perché c’è Colui che tu hai adorato e che ti dice: ‘Io sono con te sempre, tutta la vita’“.
Don Giorgio Carini, assistente ecclesiale dell’Adorazione Eucaristica Perpetua, al termine della Celebrazione ha ringraziato don Patrizio Spina: “Gli adoratori portano questa grazia nelle loro realtà. Aggiungo, nel ringraziarti per la tua presenza, alcune parole di un libro che ti regaliamo, scritto da un monaco benedettino che, riconosciuto dal suo vescovo, ha avuto dei colloqui profondi con Gesù. Gesù gli dice: ‘Le cappelle dell’Adorazione non sono meri rifugi per devoti, essi sono irradiante centro pulsante di un’intensa, divina attività che va oltre le mura dei luoghi dove io sono adorato, per penetrare case, scuole, ospedali, per raggiungere anche quei luoghi bui e freddi in cui le anime sono schiave di Satana. Per penetrare nei cuori, guarire gli infermi e riportare a casa quanti hanno vagato lontano da me’. Grati al Signore per questo dono, chiediamo la sua benedizione attraverso la tua persona, che rappresenta il nostro vescovo e la nostra Diocesi. Grazie don Patrizio, noi ti accompagniamo sempre con le preghiere e ti lasciamo un disegno che ricorda questo luogo”.
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