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“Delitto sotto le torri 2. Il Terzo Segreto”, Luca Viozzi: “C’è un mistero dietro il Torrione e ne parlo nel libro”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il commissario Filippo Salviati torna a San Benedetto per risolvere un altro caso intricato e lo fa nelle pagine di “Delitto sotto le torri 2. Il Terzo Segreto” il nuovo romanzo di Luca Viozzi. Pubblicato per Giaconi Editore si tratta del secondo volume della serie che ha avuto inizio con il romanzo “Delitto sotto le torri”.

Luca Viozzi lei ha vissuto per diversi anni a San Benedetto, suo nonno ha prestato servizio in Polizia proprio nella Riviera delle Palme. Quanto c’è di personale in questo suo secondo romanzo?

Il protagonista del romanzo è il giovane commissario Filippo Salviati e lui ricorda molto mio nonno specialmente quando conduce gli interrogatori. Poi ha qualcosa anche di me, è molto logico e scientifico nelle indagini. Fisicamente non mi somiglia, lui ha gli addominali, io no.

Quali luoghi di San Benedetto è possibile ritrovare nella pagine del suo libro?
San Benedetto è una città splendida piena di fascino e anche di aneddoti legati al passato e alla storia del mare che non tutti conoscono. Nel romanzo descrivo la Torre Gualtieri e ho deciso di metterla in copertina. C’è un mistero dietro il Torrione e ne parlo nel libro. Poi ci sono il Museo del Mare, la Palazzina Azzurra e le tante chiese. La storia si svolge in estate e quindi il mare e la spiaggia diventano ambientazioni perfette per un giallo all’italiana come questo, complicato in alcune parti ma anche pieno di leggerezza e commedia in altre.

Il commissario Filippo Salviati, protagonista di questa serie, viene descritto come un erede moderno. Quali sono i suoi tratti distintivi?
Il commissario è un investigatore abilissimo e già lo aveva dimostrato nel primo romanzo. Questa volta è alle prese con un nuovo caso davvero intricato. Quando scopre che dietro al delitto c’è qualcosa di grosso che può mettere a repentaglio la sua stessa vita, va avanti fino alle fine per scoprire la verità. Poi è fidanzato con Beatrice che vorrebbe portare la relazione a un livello superiore. Lei vuole sposarsi ma lui è evasivo quando si tocca questo argomento. Chissà cosa succederà questa volta.

La passione per la scrittura di libri gialli quando nasce?
La passione per la lettura e per la scrittura c’è fin da piccolo. Mia madre era insegnante di italiano e mi ha sempre raccontato storie e invogliato a leggere. A casa avevo una piccola libreria con alcuni libri di mia madre tra i quali “Piccolo donne”, “Cuore” e “Il piccolo Lord”. C’era un libro però diverso dagli altri che avrò letto decine di volte. Era un giallo di Giorgio Scerbanenco. Da quel momento nutro una passione sfrenata per generi gialli, noir e polizieschi. Inoltre il mio primo romanzo deriva da una storia vera, accaduta proprio a casa mia. Quando nonno è scomparso mi sono occupato delle sue cose e ho trovato dei documenti: da quelli ho preso spunto per scrivere “Delitto sotto le torri”.

Oltre ad essere scrittore è docente di Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione. Per lei l’insegnamento è una vocazione. Che rapporto cerca di instaurare con i suoi studenti?
Gli studenti hanno un disperato bisogno di essere ascoltati. Ogni giorno parlo con loro e qualche volta ascolto i loro silenzi. Devo toccare le corde giuste, interessarli e posizionarmi nelle giuste frequenze. Solo così posso essere una giusta guida. Gli stimoli e le emozioni alle quali sono sottoposti i ragazzi oggi sono molti di più di quelli della mia generazione anche se sono ancora giovane. Quest’anno faccio 40 anni. Ogni studente ha una favola dentro di sé che mi racconta qualcosa del suo futuro, che mi fa vedere le sue potenzialità, ma da solo non riesce a leggerla. Ha bisogno di qualcuno che la legga per lui, che poggi il suo sguardo su di lui e gliela racconti. Come insegnante sento di avere dovere di far vedere loro la luce che hanno dentro.

Oggi si dibatte molto sul metodo di valutazione dei ragazzi a scuola. Qual è il suo pensiero in merito?
La scuola ha il compito di aprire le menti, incendiare le passioni, valorizzare le differenze, coltivare i talenti senza far restare nessuno indietro. La valutazione motiva i ragazzi, ma il voto non deve essere il fine ultimo della scuola. Il voto non deve diventare una ossessione. In altri Paesi c’è un metodo di valutazione differente dal nostro, però posso dire che i professori ogni giorno, quando valutano, tengono in considerazione una serie di elementi e fanno un lavoro davvero importante.

Luigina Pezzoli: