Di Marco Sprecacè e Patrizia Neroni
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 24 febbraio si è svolta una giornata di spiritualità diocesana, per vivere pienamente questo tempo di Quaresima.
Un momento di sosta fondamentale nella vita cristiana, in cui numerosi fedeli provenienti da molte zone della Diocesi, hanno meditato presso il salone dell’Istituto Maria Immacolata delle Suore Concezioniste, per pregare, ascoltare la Parola di Dio e rileggere la propria vita alla luce della fede, al fine di comprendere maggiormente il senso della propria esistenza e leggere la volontà di Dio sul proprio servizio alla Chiesa e al mondo contemporaneo.
La meditazione è stata guidata dal vescovo Carlo Bresciani. Di seguito pubblichiamo alcuni punti salienti della meditazione, affinché ciascuno possa riflettere sulla Parola di Dio, anche mediante i nostri mezzi d’informazione.
Vescovo Bresciani: “Tutto nella vita deve essere visto come un dono. Nella fede è molto importante considerare tutto come un dono. Questa è la spiritualità di chi cerca di seguire il Signore, di chi decide di partire seguendo la sua chiamata. La fede conduce ad un cammino paradossale. Come Abramo, dobbiamo andare oltre le apparenze. Se ci fermiamo davanti alle apparenze, la nostra vita si spegne. Abramo si è fidato del Signore, è andato oltre le apparenze confidando nella presenza di Dio, anche quando le vie indicate da Dio gli sono sembrate misteriose. Allora chiediamoci cosa significa tutto questo per noi. Quando diciamo: ‘Io credo in Dio’, che cosa significa veramente per ciascuno di noi?. Abramo dice: ‘Io credo in Dio’, ma dice anche: ‘Io mi affido a te Signore’. Alcune persone ricorrono a Dio solo quando sono in difficoltà, Abramo invece non fa così: egli si affida al Signore sia nel bene che nel male, affida tutta la sua vita a Dio, fonda tutta al sua vita sulla Parola di Dio. Nella vita di Abramo, quando tutto sembrava impossibile, è arrivata l’opera di Dio.
Sara all’inizio non ci crede molto: leggiamo nella Bibbia che si nasconde. Alla fine, Isacco arriva nella vita di Abramo e Sara e si realizza la promessa di Dio. Il pensiero di Abramo sarà stato più o meno: ‘Ho sperato, ho creduto, ho fatto tutta questa strada…finalmente il figlio è arrivato’. Sicuramente avrà trattato molto bene questo figlio, diremmo oggi che sarà stato ‘il principe della casa’, ‘il tesoro’ della casa. Tutte le attese di Abramo, come ogni padre, si saranno spostate su Isacco. Abramo si preoccupava del fatto che, senza un figlio, tutti i suoi averi sarebbero finiti al servo; ora tutte le sue attese si sono concentrate su Isacco. Abramo avrà pensato che tutte le promesse saranno adempiute da Isacco. Ora per Abramo le cose sembrano ‘arrivate’, ha un figlio, la sua grande attesa si è compiuta, la promessa di Dio si è realizzata; ma, proprio quando sembra non ci siano più problemi, arriva la grande prova. Molti dubbi avranno assalito Abramo: ‘Dio vuole Isacco?’, ‘Perché?’, ‘Ma come è possibile?’, ‘Prima mi ha dato un figlio, poi ora lo rivuole, perché?’, ‘Come è possibile che Dio voglia che io uccida Isacco?’, ‘Ma chi è questo Dio che mi fa una tale richiesta?’.
Questo testo di Abramo si addice molto al cammino di Quaresima, ecco perché noi lo leggiamo proprio durante il nostro percorso verso la Pasqua. Il cammino verso la Resurrezione passa attraverso tante tappe: le promesse di Dio arrivano al compimento, ma il cammino non si ferma, ‘le sue vie non sono le nostre vie’. Noi tendiamo ad imporre a Dio le nostre vie, ma, quando facciamo così, diventiamo come Abramo con Israele, giungiamo solo ad un fallimento. Ad un certo punto nella vita di Abramo, come nella nostra vita, arriva una grande richiesta da parte di Dio che rimette tutto in gioco. Lo stato d’animo di Abramo, che oramai è anche anziano, si sarà rattristato; Abramo avrà pensato che tutto quello che era successo fino a quel momento fosse andato tutto perduto. Dobbiamo credere alle promesse di Dio, bisogna affidarsi alla promessa della vita per vivere. La promessa si proietta sempre verso il futuro. Il futuro è sempre molto importante: senza il futuro non si può vivere, ma il futuro è nelle mani di Dio. Noi dobbiamo impegnarci a costruire il futuro, ma dobbiamo ricordarci che il nostro futuro non è nelle nostre mani. Abramo lo sperimenta: con la richiesta del Signore si accorge che il futuro non è nelle sue mani, ma nelle mani di Dio. Abramo collabora con il Signore per costruire il futuro. Abramo crede nella promessa di Dio e inizia da quel momento una storia tutta nuova.
Posso immaginare i pensieri di Abramo quando con il figlio si dirige verso il monte indicatogli dal Signore per il sacrificio. Abramo è Padre nella fede, ma è comunque sempre un uomo, con i pensieri di un uomo del suo tempo, sicuramente avrà chiesto a Dio del perché di questa richiesta. Il suo cammino non era finito, come non è finito il cammino della nostra vita, finché viviamo il cammino della nostra fede non è finito. Credo ci siano due domande fondamentali attraverso le quali Dio vuole portare Abramo al progetto pensato per lui. Per certi aspetti il Signore, con le stesse domande, vuole portare anche noi a scoprire il suo progetto sulla nostra vita. Immagino queste due domande: ‘Dove arriva il tuo rapporto con me?’, ‘Ti ho dato Isacco, dove arriva, alla luce della fede, il tuo rapporto con Isacco?’. Queste due domande devono farci riflettere, dove arriva il nostro rapporto con Dio? Dove arriva il nostro rapporto con i figli?
Abramo è chiamato a fare un passo ulteriore nella fede: la sua è una fede già grandissima, ma deve fare passi ancora più avanti. È lì, attraverso una prova, che diventa Padre nella fede. Le prove ci portano alla verità della vita. Abramo diventa Padre nella fede anche perché è chiamato a staccarsi dalla mentalità del tempo. A quell’epoca il primogenito veniva sacrificato a Dio – almeno questo è quello che hanno scoperto gli studiosi – quindi avrà pensato che, se non avesse sacrificato suo figlio, avrebbe provocato l’allontanamento della benevolenza del Signore. Ad Abramo Dio chiede di staccarsi da questa mentalità sbagliata, quando gli dice di non uccidere suo figlio, quando lo ferma mentre sta per sacrificare Isacco. Prima lo mette alla prova e poi gli dice di staccarsi da quella mentalità. Dio chiede ad Abramo di allontanarsi dalla mentalità sbagliata dell’epoca, una mentalità che credeva che Dio chiedesse sacrifici umani. Ma Dio non vuole sacrifici umani. Questo noi non l’abbiamo ancora capito, perché continuiamo ad ucciderci. Dio non vuole che Abramo faccia male a suo figlio. Cosa vuole, quindi, Dio da questa prova chiesta ad Abramo? Qual è il fondamento della sua fede? Il fondamento è Dio, non Isacco. Dio ci vuole far capire che a salvare Abramo è Dio, non Isacco. La prova è il deserto di Isacco, il deserto dove tutto scompare e dove vediamo che ci resta solo Dio, solo Dio ci salva. Quando riusciamo a capire questo, scopriamo che tutto ci viene restituito, ma ci viene restituito in modo diverso. Quando ci resta solo Dio tutto ci viene restituito.
Come? Ci viene restituito in modo migliore. Il rapporto tra Abramo e Isacco diventa migliore, il rapporto padre-figlio diventa un rapporto giusto, nel quale Abramo comprende che Isacco è figlio di Dio, prima che suo figlio. Quello che Dio insegna ad Abramo è la stessa cosa che insegna a ciascuno di noi: i figli ci sono solo stati affidati; i figli li dobbiamo custodire, ma il primo riferimento è Dio; ai figli dobbiamo insegnare che prima viene Dio, poi i genitori. Abramo, attraverso la prova alla quale è stato chiamato, si rende conto che il figlio non deve prendere il posto di Dio. Isacco è importante, ma non può essere il sostituto di Dio. Anche Isacco, attraverso la prova, capisce che la sua vita è prima di tutto in mano a Dio, non nelle mani di suo padre. Dio, mentre educa Abramo e Isacco, educa anche noi: le nostre vite sono in mano a Dio, non a ciascuno di noi. Abramo ripete ad Isacco e a noi: ‘Fidati di Dio’. Il vero sacrificio che Dio chiede ad Abramo è il sacrifico della fede e cioè che nulla va sostituito a Dio. È un insegnamento profondo, dobbiamo imparare a sacrificare il nostro ‘io’, i nostri idoli.
La vita è solo nelle mani di Dio. Tutti gli idoli che ci siamo costruiti devono essere allontanati, solo Dio conta. Abramo porta suo figlio alla vera conoscenza di Dio, lo porta alla conoscenza della verità. Noi dove portiamo i nostri figli? Noi insegniamo ai nostri ad affidarsi a Dio? Li educhiamo ad essere figli di Dio o li educhiamo a diventare dei piccoli ‘dei’? Forse li educhiamo al tutto è dovuto…Ci ricordiamo che la vita dei nostri figli è nelle mani di Dio? Abramo rinuncia all’idea che suo figlio non sia suo, ma di Dio. Deve rinunciare al suo idolo rappresentato da suo figlio, sul quale aveva riposto tutte le attese. Noi sappiamo rinunciare ai nostri idoli del successo, del denaro, del potere? Abbiamo capito che la nostra vita è di Dio? Gli idoli sono prodotti dalle mani degli uomini e li mettiamo al posto di Dio.
Quanti idoli ci siamo costruiti! Abramo, nella prova, ritrova suo figlio, ritrova la fede e ritrova Dio, ma li ritrova in maniera diversa. Un certo ritornello molto in voga è: ‘Ma tanto lo fanno tutti’ e dietro questo ritornello ci nascondiamo. Dobbiamo, invece, insegnare ai nostri figli a cercare la verità nel Signore. Siamo nel cammino sinodale della Chiesa, siamo anche noi in quella stessa condizione dei due discepoli di Emmaus che vedono fallite tutte le loro aspettative. I due discepoli sono chiamati ad abbandonare le loro idee sbagliate, così come Abramo. Anche noi siamo chiamati ad abbandonare le nostre idee sbagliate, se vogliamo progredire, crescere nella fede. Il cammino sinodale lo possiamo associare al cammino nella fede di Abramo, un cammino con prove e difficoltà, ma che porta ad una vita migliore, ad una fede più autentica e ad una verità più vera. Vi lascio due domande per la riflessione: ‘Da quali idoli devo liberarmi?’, ‘Da chi o da cosa mi lascio dominare interiormente, invece di lasciarmi dominare dalla Parola di Dio, dall’insegnamento di Dio?’.
Per concludere vi leggo la poesia di Gibran, che sicuramente già conoscete: “I vostri figli non sono figli vostri. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha in sé stessa. Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono. Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri, perché essi hanno i propri pensieri.
Potete offrire dimora ai loro corpi, ma non alle loro anime, perché le loro anime abitano la casa del domani, che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi. Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri. Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati. L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito e, con la Sua forza, vi piega, affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane. Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere, poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo’.
Dopo la meditazione del Vescovo Bresciani, per lasciare il giusto spazio per il silenzio e la riflessione, è stata allestita, alle ore 17.00, l’adorazione Eucaristica. Infine la giornata di spiritualità si è conclusa, alle ore 18.00, con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo.
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