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Iraq: card. Sako (patriarca Baghdad), “per quanto tempo ancora ci si può rifugiare nella tradizione di fronte all’invasione dei social media?”

“A cosa serve la preghiera se non cambia il nostro comportamento, i nostri rapporti con gli altri e la nostra interazione con la vita pubblica?”: è questa la domanda cui cerca di rispondere il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, in una riflessione quaresimale diffusa dai canali del Patriarcato. “Il cammino del credente – spiega il patriarca – richiede di vivere la fede nell’autenticità e nella sincerità, alla presenza di Dio e al servizio degli uomini. È responsabilità della Chiesa accompagnare i fedeli, aiutarli nel loro cammino di fede e promuovere in loro la speranza e l’amore. Nel Vangelo non troviamo una separazione tra Gesù e la sua Parola, il suo insegnamento. Gesù viene a noi, parla la nostra lingua e ci guida, e il credente che ascolta le sue parole non fa altro che bene”. Un pilastro essenziale della fede sono i vari rituali purché, precisa Mar Sako, “siano eseguiti correttamente, consapevolmente e in un clima di riverenza”. Purtroppo, aggiunge, “la pratica di questi rituali è diminuita e con essa anche il numero di fedeli”. Spetta alla Chiesa “rivedere se stessa, e chiedersi il motivo di questa regressione” perché “chi non viene in chiesa non è detto che sia ateo. Può essere, invece, che questi rituali tradizionali non lo attirino più di tanto”. Per Mar Sako i riti devono donare a chi li pratica “un senso di apertura, pace e ristoro”. Quando i rituali non si riflettono nella vita personale e pubblica, sottolinea il patriarca, “diventano uno stato negativo che chiamiamo ‘religiosità’ cioè pratica eccessiva, per certi versi ‘professionale’ dei rituali di culto come avveniva per i farisei”, al tempo di Gesù. L’adesione “in modo ossessivo” alla tradizione, in particolare quella “non autentica”, ha fallito di fronte al cambiamento della cultura, della politica, dell’economia e dello stile di vita.

“La Chiesa occidentale – scrive Mar Sako – ha fatto ricorso al rinnovamento e all’interpretazione perché sono il modo più efficace per vivere la fede e ha dato un peso al ruolo dei laici nella sinodalità. Il rinnovamento e l’interpretazione sono nella natura della missione e dei rituali della Chiesa. Le Chiese orientali, dal canto loro, annota il patriarca, “sono intrinsecamente conservatrici, forse a causa della società islamica classica, ma chiedo: per quanto tempo ancora ci si può rifugiare nella tradizione di fronte all’invasione dei social media? Questo ha portato a un calo della presenza dei fedeli, soprattutto perché un certo numero di giovani di queste Chiese, soprattutto della diaspora, sono andati a unirsi a Chiese ‘microscopiche’”. “È un peccato – conclude il cardinale – che ci siano persone e gruppi che rifiutano il rinnovamento dei rituali e di riconsiderare le tradizioni e le strutture della Chiesa. Di fronte a questa situazione la Chiesa, specialmente le Chiese orientali, ha bisogno di riflettere seriamente su come annunciare il Vangelo con iniziative autentiche. È la strada per il futuro”.

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