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Sorelle Clarisse: Una Parola…più dolce del miele!

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

«Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete».
Era del tutto naturale ed utile il fatto che, nel cortile del tempio, ci fossero dei venditori e dei cambiavalute. Era impensabile, infatti, che chi abitava lontano venisse a Gerusalemme portandosi dietro gli animali da offrire, così come era necessario avere delle persone preposte al cambio delle monete dell’impero con l’unico conio autorizzato dal Sinedrio, una moneta speciale, senza effige dell’imperatore, una moneta che circolava solo nel tempio.
Allora perché Gesù se la prende tanto con i mercanti?
Leggiamo, infatti, nel Vangelo che «fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato”».
Ciò che Gesù contesta è la visione di fede che sta dietro questo mercanteggiare. Offrire un olocausto, offrire un sacrificio, gesto che in origine significava riconoscere la predominanza di Dio su ogni vita, poteva diventare una specie di contratto: noi diamo a Dio delle cose perché Lui ce ne dia altre, facciamo dei sacrifici perché ci faccia dei favori, facciamo opere buone perché ci dia il premio.
Concepire Dio in termini di legge, di obbligo, di dovere, di debito, di paga, di castigo, di premio invece che in termini di amore, risposta, alleanza, nozze, è stravolgere la nostra fede. Per questo Gesù si arrabbia.
Nella prima lettura, poi, tratta dal libro dell’Esodo, Dio consegna al popolo di Israele quelli che noi, comunemente, conosciamo come i “dieci comandamenti”. Sono dieci parole, brevi e concise così da poter essere ben tenute a mente da tutti, indicazioni preziose per scoprire il segreto della felicità piena, per aiutarci ad evitare i pericoli e gli inganni della realtà, per svelarci che il peccato è male perché ci fa del male.
Noi, spesso, però, ci accostiamo a queste parole come una antipatica ingerenza di Dio che limita la nostra libertà e ci tarpa le ali con una serie di obblighi e divieti.
Sia queste dieci parole che l’atteggiamento di Gesù nel tempio, ci dicono, oggi, che il Signore è venuto a distruggere la falsa immagine di Dio che, in fondo, ciascuno di noi si porta dentro, al fine di edificare, costruire, far risorgere, far rinascere nel nostro cuore la certezza che Dio è Padre, amore che ama indipendentemente dal comportamento di noi suoi figli.
Consapevoli di tutto ciò, possiamo allora anche noi cantare con il salmista: «La legge del Signore […] rinfranca l’anima; […] i precetti del Signore […] fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi; […] i giudizi del Signore sono […] più dolci del miele».