DIOCESI – Si è svolto Domenica 3 Marzo, presso i locali del Biancazzurro in San Benedetto del Tronto, l’incontro dal titolo “Fede e valori: quale educazione in famiglia”. L’evento, organizzato dalla Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, dal Centro Famiglia di San Benedetto del Tronto e dall’Ufficio di Pastorale Familiare, ha registrato la partecipazione del dott. Ezio Aceti, psicologo e formatore, e di padre Fabio Ciardi, teologo e scrittore. Presente anche il vescovo diocesano, Mons. Carlo Bresciani, che ha presieduto la Santa Messa al termine del dibattito.
Abbiamo incontrato i due illustri relatori per approfondire i temi al centro del convegno.
Padre Fabio Ciardi, qual è il sogno di Dio per la famiglia?
Padre Ciardi: Per rispondere a questa domanda vorrei partire da una frase di Gesù: “All’inizio non era così”. A chi Gli chiede se è lecito divorziare, Egli non risponde sì o no, ma va oltre: “Com’era in principio? Qual era il disegno del Creatore?” (cf. Mt 18, 3-10).
Ecco allora che, per capire il desiderio di Dio per la famiglia, occorre andare alle origini. Mi piace, quando leggo la Genesi, immaginarmi la scena in cui la sera, quando non c’è più il caldo dell’Oriente ed inizia a soffiare la brezza, Dio scende nell’Eden e si mette a parlare con Adamo ed Eva. Perché allora Dio ha fatto la famiglia? Per intrattenersi con loro, stare con loro, per condividere la sua vita con la vita dell’umanità.
Poi, come sappiamo, qualcosa va storto e il sogno diventa nostalgia. Dio ha una grande nostalgia di ritrovare la sua famiglia e si mette in cammino. Tutta la Bibbia è costellata dall’idea di sedersi di nuovo a pranzo insieme. La sua prima manifestazione attraverso i segni avviene a una festa di nozze. Quando lascia la casa di Nazareth, va ad abitare nella famiglia di Simone, dove ci sono la moglie, la suocera, la figlia, il fratello Andrea. Nelle sue parabole paragona tante volte il Regno dei cieli ad un banchetto di nozze, perché qua sulla terra non c’è festa più bella della festa di nozze. Conosce bene le situazioni: figli disobbedienti, padri angosciati, vedove “senza pensione”, mamme che impastano il pane, tanti bambini che ama e vuole intorno a sé.
Il grande desiderio di Dio, quindi, è stare con noi. E questo è anche il grande desiderio degli uomini: stare con Dio. Dio sogna l’umanità come una grande famiglia. È per questo che ha mandato suo Figlio sulla terra, per abbattere i muri che separano popolo da popolo, per fare la pace tra i popoli in guerra, per fare di tutti una cosa sola, per portare tutti attorno alla stessa tavola: il Regno dei cieli sarà un grande banchetto di nozze dove ci sederemo tutti insieme a tavola e Dio stesso ci servirà. Dobbiamo anticipare qui sulla terra il Regno dei cieli ed esaudire il sogno di Dio.
In questi tempi difficili sembra quasi un’utopia costruire una famiglia come quella che Dio vuole per noi. Come la si può realizzare?
Padre Ciardi: Una famiglia così, unita, si costruisce nel tempo. Un rapporto d’amore non è una realtà data una volta per tutte. L’amore ha il suo cammino di crescita e di maturazione e può mostrarsi in tutte le stagioni della vita e quindi della famiglia, ma ha bisogno di allenamento, di condivisione, di comunicazione costante, di accoglienza reciproca, attenzione alla salute, all’educazione, alla cura della casa e anche di preghiera fatta insieme.
Come abituare i figli alla preghiera?
Padre Ciardi: La preghiera è creare le condizioni perché Gesù possa tornare! È creare quel luogo in cui Dio si possa rendere presente. Tertulliano, il primo scrittore cristiano, interpreta il celebre passo di Matteo così: «Chi sono i due o i tre riuniti in nome di Cristo, in mezzo ai quali sta il Signore? Non sono forse l’uomo, la donna e il figlio dal momento che l’uomo e la donna sono uniti da Dio?». Quell’essere uniti nel nome del Signore non è già preghiera? Non attira la presenza di Dio? E quando c’è Dio, non è forse quella la preghiera? La preghiera dunque è un rapporto, non una formula. Trasformare la casa in Tempio di Dio significa pregare. La preghiera è l’unità della Chiesa, quella domestica, quindi la famiglia, e quella universale, ovvero quella che coinvolge tutto il mondo.
Dott. Ezio Aceti, quali sono i valori a cui una famiglia è chiamata ad educare i propri figli oggi?
Dott. Aceti: I valori fondanti della famiglia oggi sono tre. Il primo è la persona, che è anche il più grande. Il secondo è rappresentato dai legami. Il terzo è la famiglia, che tra tutti i legami è quello privilegiato. Questi sono i tre grandi valori che l’umanità deve mettere in campo. Se noi educhiamo a questi tre valori, allora noi veramente ci incammineremo verso quello che diceva padre Fabio, il grande sogno di Dio, ovvero la creazione della grande famiglia dell’umanità.
Come educare i nostri figli a questi valori? Con quali metodi?
Dott. Aceti: Se uno, nel suo modo di educare, va a realizzare alcuni bisogni fondamentali dell’essere umano, la persona su cui si effettua l’intervento educativo rimane su, ha voglia di fare, ha voglia di vivere e fa quindi un sacco di cose. Al contrario, se una persona non è motivata, non rende più, non ha voglia, si scoraggia e fa tutte cavolate. Il segreto allora è tutto lì: andare a soddisfare bisogni fondamentali. Certamente, per farlo, bisogna prima sapere quali siano questi bisogni.
Il primo è l’appartenenza. Ad esempio alla mamma, quando il bambino è piccolo ed interiorizza il suo amore. Oppure alla Scuola dell’Infanzia, quando il bambino si sente di appartenere all’insegnate. Ma l’appartenenza vale anche nel matrimonio, quando fai sentire all’altro che tu gli appartieni e che l’altro appartiene a te. In secondo bisogno è la stima. Se ho stima di me stesso, sono in grado di fare tutto; se ho stima dell’altro, mi fido e mi realizzo con lui o con lei. Il terzo è l’identificazione, ovvero la presenza di un modello a cui identificarsi. Pertanto il metodo che mettiamo in campo nell’educazione deve salvaguardare queste tre cose.
Quali strumenti ci vengono in aiuto per fare ciò?
Dott. Aceti: Io ne ho scelti quattro. Il primo è l’ascolto, forse il più importante: ovviamente quello pieno e profondo, quello di quando uno ti parla e tu sei lì per lui o lei e non esiste altro. Un ascolto del genere costruire molti valori. Il secondo strumento è il sacrificio, quando sono disposto ad andare oltre quello che provo per essere disponibili verso l’altro. Il terzo è la parola, la parola che nutre e sostanzia: io con la parola posso fare le guerre, ma posso fare anche la pace. Abituiamoci allora a far uscire dalla nostra bocca parole di sostanza e di sostegno. L’ultimo strumento è proprio questo: il sostegno. Ogni volta che parlo, devo lasciare all’altro la voglia di fare, di fare bene. Questo è il sostegno! La più grande educatrice donna che abbiamo avuto in Italia, Maria Montessori, diceva: “Noi non dobbiamo educare nessuno, dobbiamo far sentire l’altro atteso, desiderato“.
A conclusione dell’incontro, durante l’omelia della Santa Messa concelebrata con tutte le famiglie intervenute, il vescovo Bresciani ha detto: “Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla del tempio, del fatto che è casa di preghiera. La Parola del Signore, dunque, ci rimanda anche alle nostre case. Là, nel tempio, Gesù ha visto soltanto ‘fare’ e nient’altro e allora ci ha ricordato che, invece, il tempio è la Sua casa, è casa di preghiera. Così vale per la nostra casa, dove deve esserci qualcosa di più. Quindi la domanda è: Cosa viviamo noi nelle nostre case? Cosa facciano noi nella nostra casa, nella nostra famiglia, affinché Dio sia presente?“.