Lo Chef si Racconta
Oggi abbiamo incontrato Domenico, si definisce un semplice cuoco, ma conoscendolo meglio capiamo che l’umiltà è per lui uno dei valori più importanti. Dopo varie cucine e location dove ha prestato la sua professionalità, da alcuni anni è lo Chef della cucina di Bagni Andrea, chalet molto conosciuto non solo per la movida ma anche per il legame con la pesca e con il territorio. gli abbiamo chiesto il suo pensiero…
Come ti descrivi in tre parole?
Testardo, appassionato e più open mind possibile
Come nasce la tua passione per la cucina?
Nella mia infanzia, ricordo delle mie zie, bravissime cuoche, ma in particolare una di loro sposata con un marinaio di altri tempi, diventato mio mentore, il quale gestiva una piccola pensioncina nel mio paese, e in quel posto la cucina era davvero il cuore. Li ho mosso i primi passi a quattordici anni. Entrare in quella cucina era, per me, come entrare in un posto magico e sacro, cercavo di essere utile dando una mano a mio modo e divertendomi, il tutto con molta disciplina. Oggi, a distanza di molti anni, provo ancora la stessa sensazione… mi diverto.
Il primo sapore che ricordi
Sicuramente, visto l’ambiente in cui ho approcciato la cucina, da ragazzo, il primo ricordo è quello del mare, i sapori e i sapori marinari.
Cosa devono esprimere i tuoi piatti?
Nei miei piatti cerco di dare spesso maggior spazio all’istinto, alla fantasia, trasmettendo quella che è la mia esperienza di vita, con la giusta dose di tecnica.
Qual è il piatto che più ti rappresenta?
Posso tranquillamente dire che non ho un piatto in particolare, ognuno di loro parla di me in qualche modo, ma su tutti credo che gli “Scampi in crosta di mandorle” sia il piatto che non perdo occasione di proporre.
Quale ingrediente non manca mai nella tua cucina?
L’istinto….sono molti gli elementi che desidero avere per i miei piatti, come se avessi una tavolozza di colori dal quale attingere, di sicuro materie prime freschissime e del territorio e l’immancabile olio EVO.
Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
Magari fossero solo tre, comunque dovendo scegliere:
Timballo abruzzese, Brodetto alla Sambenedettese e Filetto alla Wellington.
Quanto è importante per te il territorio e gli ingredienti che selezioni per i tuoi piatti?
Sono profondamente convinto dell’espressione della territorialità, attraverso l’utilizzo delle eccellenze eno-gastronomiche tipiche abruzzesi e italiane in generale, con un patrimonio di bio-diversità che non ha eguali. Abbiamo infinite opzioni tra mare e montagna, per creare piatti, con profumi e consistenze ogni volta diverse e complementari.
Parlando di lavoro di squadra, quanto conta la sintonia tra lo chef e la brigata di cucina e di sala?
Esiste un rapporto a doppio filo tra Chef e collaboratori sia di sala che di cucina. Il primo, quello professionale, per il quale si è uniti per il raggiungimento degli obiettivi. Il secondo, quello personale senza il quale il primo avrebbe poco senso a mio parere. Personalmente ho sempre cercato di instaurare con tutti i miei collaboratori, un rapporto confidenziale, avendo cura e sensibilità di dedicare ad ognuno di loro, atteggiamenti adeguati alle proprie personalità. Lo Chef è il legante, il perno intorno al quale ruotano le esigenze e gli obiettivi comuni tra sala e cucina.
La comunicazione e i social quanto sono importanti per il tuo lavoro?
Senza dubbio i social, oggi, hanno acquisito un’importanza enorme, anche quando si parla di ristorazione e di cucina. Potrebbero essere grandi alleati se utilizzati con coscienza e rispetto. C’è bisogno di avere cura e attenzione quando si parla di un contesto delicato e complesso come quello della cucina.
Cosa consiglieresti ad uno chef emergente che vuole intraprendere la tua strada?
Studio, studiare sempre, avere fame e sete di conoscenza e curiosità. La cucina e un vortice in continua evoluzione, bisogna stare al passo. Questo è quello che consiglio che do a chi vuole vivere di cucina, perchè di cucina si vive.
Quando vai a mangiare in altri ristoranti quali sono le cose che noti di più?
Cerco di essere aperto e positivo. Spesso chi fa il nostro lavoro si trasforma nel cliente incontentabile quando è dall’altra parte. Succede anche a me di creare aspettative altissime, poi dipende indubbiamente dal contesto. Valutare con cura cosa ci si aspetta e quello che ci si presenta davanti. Cerco sempre di cogliere il senso che lo Chef decide di trasmettermi, così anche il servizio di sala.
Quali sono le figure da cui hai tratto ispirazione durante il tuo percorso professionale?
A parte l’imprinting ricevuto da ragazzino, ho sempre cercato di assorbire il più possibile da tutti indistintamente. Ammiro chi dopo tanto, porti ancora in alto la ristorazione italiana.
Ispirazione si, ma anche molta ammirazione per gli Chef italiani degni di nota
Per chi ti piacerebbe cucinare una cena speciale?
Per tanti, dagli amici, ai miei idoli della cucina, per la mia famiglia, cercando di captare le sensazioni che posso provocare.
Chiudo immaginando di regalarti del tempo… come lo sfrutteresti?
Questa è facile, viaggiare, girare il mondo, riempire i sensi con i profumi e culture del mondo e trasmetterle nel mio lavoro e agli altri.
guido lelli
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