Il Papa parla del “coraggio del negoziato, che non è mai una resa”.
A precisarlo, in un’intervista pubblicata oggi sul Corriere della Sera a firma di Gian Guido Vecchi, è il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in merito alla recente intervista rilasciata da Francesco alla radiotelevisione svizzera. “La Santa Sede persegue questa linea e continua a chiedere il cessate il fuoco — e a cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori — e quindi l’apertura di trattative”, ribadisce Parolin, sottolineando che “il Santo Padre spiega che negoziare non è debolezza, ma è forza. Non è resa, ma è coraggio. E ci dice che dobbiamo avere una maggiore considerazione per la vita umana, per le centinaia di migliaia di vite umane che sono state sacrificate in questa guerra nel cuore dell’Europa. Sono parole che valgono per l’Ucraina come per la Terra Santa e per gli altri conflitti che insanguinano il mondo”. “Trattandosi di decisioni che dipendono dalla volontà umana, rimane sempre la possibilità di arrivare a una soluzione diplomatica”, l’auspicio per la guerra in Ucraina.
“La Santa Sede – confida il segretario di Stato vaticano – è preoccupata per il rischio di un allargamento della guerra. L’innalzamento del livello del conflitto, l’esplodere di nuovi scontri armati, la corsa al riarmo sono segnali drammatici e inquietanti in questo senso. L’allargamento della guerra significa nuove sofferenze, nuovi lutti, nuove vittime, nuove distruzioni, che si aggiungono a quelli che il popolo ucraino, soprattutto bambini, donne, anziani e civili, vive nella propria carne, pagando il prezzo troppo caro di questa guerra ingiusta”. Quanto al conflitto israelo-palestinese, per Parolin “le due situazioni hanno certamente in comune il fatto che si sono pericolosamente allargate oltre ogni limite accettabile, che non si riesce a risolverle, che hanno dei riflessi in diversi Paesi, e che non possono trovare una soluzione senza un negoziato serio. Mi preoccupa l’odio che stanno generando. Quando mai si potranno rimarginare ferite così profonde?”.
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