SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Come da tradizione, ieri, 24 Marzo, Domenica delle Palme, prima della Celebrazione Eucaristica, i fedeli si sono riuniti presso il cortile dell’asilo Merlini di San Benedetto del Tronto per la benedizione dei ramoscelli di ulivo. Presenti, oltre al vescovo della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, anche il vicario generale don Patrizio Spina, i sacerdoti don Romualdo Scarponi e don Luciano Paci e i diaconi Giovanni Maria Bettoni, Walter Gandolfi e Pietro Mazzocchi. A seguire i fedeli accorsi per l’occasione, tra i quali anche i bambini che si apprestano a ricevere il Sacramento della Prima Comunione, si sono recati in processione verso la Cattedrale Santa Maria della Marina per la consueta Messa delle ore 11:00.
Dopo il racconto della Passione di Gesù secondo l’evangelista Marco, la cui lettura è stata affidata ai tre diaconi presenti, Mons. Bresciani ha iniziato la sua omelia così: “La liturgia ci mette oggi davanti a due momenti molto contrastanti della vita di Gesù, in perfetta contraddizione tra loro, benché molto ravvicinati nel tempo. Due momenti che abbiamo rivissuto anche noi: il primo con la processione delle palme e il secondo con la lettura della passione di nostro Signore. Il primo ci ha presentato Gesù accolto e osannato, portato in una processione di trionfo come si addiceva a un re che rientrava vittorioso in città; il secondo ci ha presentato un condannato a morte tra la folla che grida ‘sia ucciso’, quindi non il trionfatore, ma lo sconfitto. Tutti e due i momenti riguardano lo stesso uomo, Gesù, e tutti e due si svolgono nella stessa città a distanza di pochissimi giorni uno dall’altro. Questo contrasto colpisce e non può che far riflettere sulla volubilità del cuore umano, capace di giravolte impressionanti.
Che cosa c’era nel cuore di questa gente quando osannava Gesù? Cosa si aspettava da lui? Avevano veramente capito quello che aveva detto e fatto? Forse. Certo è che era pronta, ancora prima di Pilato, a lavarsene le mani, non appena avesse dovuto affrontare qualche sfida o correre qualche rischio. Di fatto tutta questa folla è sparita immediatamente non appena l’aria è cambiata. Quanto erano sinceri quegli osanna? Difficile rispondere. Certo è che per paura, per codardia, per debolezza di carattere, per ipocrisia o per qualche altro motivo tutt’altro che nobile scendono in fretta dal carro di colui che sembrava il vincitore e salgono sul carro del nuovo apparente vincitore. La volubilità del cuore umano non finisce mai di sorprendere: capace delle più grandi cose, dei più grandi atti di eroismo, ma capace anche dei più miserabili tradimenti“.
“Per quanto tutto questo possa essere sorprendente – ha proseguito il vescovo Bresciani –, non dobbiamo meravigliarci troppo, perché questo è, per certi aspetti, il cuore di ciascuno di noi: cioè volubile. Lo è stato anche per gli apostoli: certo non hanno gridato ‘sia crocifisso’, ma di sicuro non hanno brillato per una presenza significativa o per una parola in difesa di Gesù. Ciò significa, carissimi, che il cuore va guidato.
Gesù era solo quando tutti gridavano osanna, sapeva infatti a cosa stava andando incontro e cosa sarebbe successo di lì a poco, ed era solo quando ha subito processo, condanna a morte e crocifissione. Tutte le promesse di seguirlo fin sulla croce, che gli stessi apostoli avevano fatto, sono cadute immediatamente non appena si è prospettato qualche rischio, quando si è trattato di dover scegliere da che parte stare e si sono accorti che tale scelta non era innocua.
La festa delle Palme ci mette davanti a questa realtà del cuore umano, triste finché si vuole, ma purtroppo reale. Reale nel passato della storia di Gesù, ma reale anche nel presente. Tutti ne siamo testimoni. Tutti proviamo questa debolezza nel nostro cuore, pronto a parole, debole nelle scelte impegnative di vita; pronto a salire sul carro del vincitore di turno, debole nella fedeltà alla parola data. Pronto a usare parole di amore, di concordia, di misericordia, di perdono, di giustizia; debolissimo quando deve donare amore, concordia, misericordia, perdono e giustizia. Anche noi cristiani, purtroppo, molto spesso non siamo diversi dagli altri in questo. Ci dichiariamo seguaci di Gesù, ma non appena qualche scelta diventa impegnativa e c’è un prezzo da pagare di persona, siamo tentati di lavarcene le mani. Vogliamo i suoi sacramenti, ma poi appena fuori di Chiesa, dove ci sono quelli che la pensano diversamente e vivono diversamente, ci accodiamo immediatamente e, dimenticando tutto, ci nascondiamo nella folla”.
“Tutto questo ci dice che nessuno può presumere di se stesso – ha concluso Bresciani – e, quando lo facciamo, siamo in errore e non ci accorgiamo della debolezza che è in noi. Una debolezza non riconosciuta non ha rimedio, non ha medicina che la possa guarire, anzi si tramuta in superbia e tracotanza. La tracotanza di coloro che hanno gridato ‘sia crocifisso’ scaricando tutta la loro debolezza sull’innocente, l’unico vero forte in questa tragica situazione.
Gesù non si lascia ammaliare dalle folle che gli gridano ‘osanna‘, e non retrocede di fronte a coloro che gli gridano ‘sia crocifisso’: dalla croce dona perdono a tutti. Da una parte, comprende la debolezza del nostro cuore (e questo ci conforta); dall’altra, ci indica una strada necessaria per un riscatto, quella che Lui ha percorso: non lasciarsi sedurre e non rincorrere gli osanna del mondo, troppo spesso interessati e ingannatori, e non tradire noi stessi, la nostra dignità e la nostra fede, conducendo una vita umile che sa di poter contare sul suo aiuto e sulla sua amicizia.
Questa è la strada che ha portato Lui alla vita nuova della Resurrezione alla quale aspiriamo anche noi e che Lui ci ha promesso, se anche noi facciamo come Lui”.