Massimo Angeli
“Da 50 anni in Guinea Bissau ci sono colpi di Stato, cambiamenti di governo, situazioni ai limiti dell’inverosimile. Ora il Parlamento è stato sciolto dal Presidente, cosa che il partito che ha vinto le elezioni contesta, dicendo che ciò non è costituzionale perché dalla sua formazione sono passati solo sei mesi. Il Presidente ha formato un governo di iniziativa presidenziale, ma non ne fa parte alcun partito, c’è solo lui a fare tutto. Vediamo cosa ci si riserva il futuro ma le sensazioni non sono positive”. Ne ha viste tante nella sua vita suor Maria Mattiazzo, missionaria dell’Immacolata-Pime (Pontificio istituto missioni estere), dal 1982 nel Paese africano, e non saranno certo gli ultimi avvenimenti a scuoterla più di tanto o a farle perdere la speranza.
“Gente meravigliosa”. “Dispiace per questa gente, una popolazione meravigliosa che a me ha dato ed insegnato tanto. Avrebbe veramente bisogno di governanti che, oltre a pensare al loro conto in banca, a costruirsi belle case e a mandare i loro figli a studiare all’estero, si interessassero anche del bene comune”, afferma intervistata da Popoli e Missione. “La Guinea, invece, è a corto di tutto, con delle infrastrutture sociali, sanitarie, industriali veramente deboli. Ci sarebbe veramente tanto da fare per chi ne avesse veramente voglia”.
Politica tormentata. Dopo aver denunciato un tentativo di colpo di Stato, a suo dire avvenuto il 1° dicembre scorso, Umaro Sissoco Embalò, in carica dal febbraio 2020, ha quindi sciolto il Parlamento e annunciato nuove elezioni che saranno fissate “al momento opportuno”. Già nel maggio 2022, dopo averlo accusato di corruzione, il Presidente aveva sciolto il parlamento guineano e indetto elezioni anticipate che avevano assegnato la maggioranza assoluta alla coalizione Terra Ranka guidata dal Paigc (54 seggi su 102), seguita dal partito Madem G15 di Embaló e dal Partito per il Rinnovamento sociale. Una formazione di “larghe intese” giunta velocemente al capolinea.
Le tre caratteristiche. “Ad gentes, ad extra e ad vitam” sono le tre peculiarità della scelta missionaria delle suore dell’Immacolata: verso i non cristiani, coloro che non hanno ancora sentito parlare di Gesù Cristo; al di fuori del proprio Paese; e non per un periodo limitato, ma per tutta la vita e con tutta la vita. Tre caratteristiche che si sposano a pennello con il percorso di suor Maria, 50 anni di vita consacrata festeggiati pochi mesi or sono, prima nella sua San Zenone degli Ezzelini (Treviso) e poi a Bissau, nella parrocchia della Beata Anuarite, “con tutti gli amici cristiani e non che mi vogliono bene”.
Promozione umana. E sono in tanti a voler bene a suor Maria. Con le sue moto – giura di non aver mai guidato quelle oltre le 500 di cilindrata, anche se ne sarebbe capace – è andata nei villaggi dove nessuno era mai stato prima per portare la gioia dell’annuncio del Vangelo. Fino allo scorso anno, in sella al suo scooter, partiva ogni giorno per raggiungere villaggi sperduti, per portare avanti attività di promozione umana e sociale, seguire la costruzione di pozzi, insegnare alle donne la coltivazione degli orti perché potessero offrire ai figli un’alimentazione più equilibrata. “Visitando la popolazione, e vivendo con loro, ci siamo fatte carico delle problematiche che man mano venivano fuori, in particolare quelle dell’assistenza sanitaria e dell’educazione – ricorda suor Maria –. Quella della scuola è stata una grande lotta; 30 anni fa volevano che solo i maschi cominciassero a studiare, non le femmine, perché loro, dovendosi sposare e obbedire ai mariti, spesso molto più anziani, non ne avevano bisogno. Abbiamo lottato, fatto un’infinità di incontri, superato tanti problemi ma oggi abbiamo più femmine che maschi nelle nostre scuole”.
Cinquemila studenti. Sono circa cinquemila i giovani che frequentano, in questo momento, le scuole promosse dalla congregazione di suor Maria, sei quelle nei villaggi intorno a Mansŏa (a volte distanti 20 o 30 chilometri l’uno dall’altro) e sette quelle nei villaggi intorno a Bissorã, tutte scuole di primo grado tranne tre istituti, dove l’insegnamento arriva fino al liceo. “Sono scuole – noi diciamo – in autogestione, legate allo Stato, col programma di Stato e con i loro professori, ma a cui noi, però, facciamo una formazione continua e paghiamo un contributo. Molti di loro sono nostri ex alunni che a un certo punto hanno spiccato il volo, come quelli che sono diventati professionisti in Europa o negli Stati Uniti”. Il successo di questi non nasconde, però, il cruccio per tutti quei giovani che, invece, non riescono a costruirsi la loro vita in Guinea e sono costretti ad emigrare. “I giovani scappano perché qui non vedono un futuro, prima dai loro villaggi nella capitale, inseguendo vane speranze, e da lì, se ci riescono, verso il mondo occidentale, per cercare di costruirsi quel futuro che qui gli è ancora precluso”.
0 commenti