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Ddl affido. Riccardi: “Bene la banca dati, ma manca la promozione”

(Foto ANSA/SIR)

Gigliola Alfaro

“Tutelare il superiore interesse del minore a vivere e crescere all’interno della propria famiglia d’origine” e “contrastare gli affidamenti impropri, ovvero affidamenti presso istituti o famiglie a lungo termine o sine die”. È l’obiettivo delle disposizioni contenute un disegno di legge che introduce disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento, approvato il 26 marzo dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Maria Eugenia Roccella e del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Con il ddl s’istituiscono il “registro nazionale degli istituti di assistenza pubblici o privati, delle comunità di tipo familiare e delle famiglie affidatarie”, il “registro dei minori collocati in comunità di tipo familiare o istituti di assistenza pubblici o privati o presso famiglie affidatarie”, l’Osservatorio nazionale sugli istituti di assistenza pubblici o privati, sulle comunità di tipo familiare e sulle famiglie affidatarie, con funzione di controllo e di promozione in materia di comunità di tipo familiare e di famiglie affidatarie. Sul ddl, che ha suscitato già prima dell’approvazione molte polemiche, abbiamo raccolto il parere di Cristina Riccardi, vice presidente dell’Aibi-Amici dei Bambini e del Forum nazionale delle associazioni familiari.

(Foto: Sir)

In generale, cosa ne pensa del ddl?

Della banca dati ce n’è bisogno, altrimenti non si riesce a fare programmazione, soprattutto non sappiamo dove sono e come stanno bambini e ragazzi, per me questa è una parte buona e valida del ddl.

Per quanto riguarda la parte relativa alla vigilanza mi piacerebbe avesse anche la promozione,

nel ddl manca quindi un pezzo importante, che credo avrebbe fatto la differenza dal punto di vista della comunicazione.

Diceva dell’importanza della banca dati…

La necessità di rilevazioni periodiche, precise, per non lavorare su dati di quattro anni prima – in sintesi, di una banca dati – è stata la proposta che negli ultimi anni ha avanzato il mondo dell’associazionismo e non solo.Quindi su questo aspetto stanno rispondendo a una richiesta, perché quello che c’era finora non era sufficiente. Con i chiarimenti della ministra Roccella nella conferenza stampa di martedì 26 marzo, è evidente che viene meno il rischio che la banca dati potrebbe costituire un deterrente per le famiglie affidatarie, visto che la raccolta di dati anonimi non può che far bene al sistema.

Ci sono state molte polemiche sul ddl…

Credo che le polemiche che hanno accompagnato il ddl dipendano anche dalle modalità con le quali questo disegno di legge è stato presentato e i toni dello stesso ddl. Quando si parla della “finalità di monitorare il ricorso agli affidamenti dei minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, contrastando il fenomeno dell’istituzionalizzazione impropria”, sembra di fare qualche passo indietro negli anni, perché questa necessità di verifica ha quasi un tono accusatorio nei confronti degli operatori tutti del sistema, sia pubblico sia l’associazionismo. Questo forse ha colpito sul vivo chi lavora in questo settore e lo fa rispettando le norme, l’istituto dell’affido, le finalità.

C’è necessità di controlli?

Se faccio riferimento all’esperienza lombarda, che vivo direttamente, devo dire che di controlli noi ne vediamo tanti sia da parte delle Procure, sia dell’Ats (Ambito territoriale sociale). Noi abbiamo comunità mamma-bambino e case famiglia e ogni settimana ne abbiamo uno sotto verifica. Non vedo la necessità di istituire un Osservatorio con funzione di controllo, mentre il tema è che questi controlli siano effettuati in pari modo su tutto il territorio nazionale. Inoltre, ha lasciato un po’ perplessi la costituzione di un nuovo Osservatorio quando le sue funzioni probabilmente potevano essere inserite nell’Osservatorio nazionale sull’infanzia e l’adolescenza. Bisognerà anche capire la composizione di questo nuovo Osservatorio previsto dal ddl, si capirà nei prossimi passi che saranno compiuti. L’associazionismo e anche il Forum nazionale delle associazioni familiari cercheranno di dare il loro contributo nell’approfondimento di questo articolo del ddl quando diventerà la vera modifica di legge.

Con il ddl non sono previste nuove risorse…

Da qui nasce un’ulteriore perplessità:il ddl prevede che non ci siano nuove spese e oneri a carico della finanza pubblica, quindi ci chiediamo come si può mettere in piedi un sistema di questo tipo senza avere fondi.

Cosa sarebbe stato necessario che prevedesse il disegno di legge?

Personalmente mi sarebbe piaciuto che tra le finalità dell’Osservatorio, oltre ad analizzare informazioni, effettuare segnalazioni, istituire la banca dati, ci fosse un lato positivo:se da tutta questa osservazione dovesse emergere che c’è un sistema che funziona bene, che ci sono i rientri in famiglia, fare lo sforzo di capire perché funziona, cosa lo rende un sistema efficiente, bisognerebbe cercare di ripetere le buone esperienze anche in territori che sono più indietro.Secondo me nel ddl manca la chiave positiva ed è un altro dei motivi per cui ha suscitato un po’ di malessere.

Ci sono state polemiche anche per l’uso dei termini “Istituti di assistenza pubblici o privati e istituzionalizzazione” nel ddl, visto che gli istituti gli istituti dovrebbero essere stati chiusi con la legge 149/2001 che ne prevedeva il superamento entro il 31 dicembre 2006. La ministra Roccella, in conferenza stampa, si è difesa dicendo che era necessaria questa terminologia perché si andava a incidere sulla legge 184/83.

Sì, anch’io avevo notato questa terminologia e pensavo a una svista di chi ha steso il ddl, forse anche alla ministra, nella sua risposta, è sfuggito che dopo la legge 184 c’è stata la 149/2001, che l’ha modificata, ma comunque questo aspetto è meno importante rispetto ai contenuti. Non credo, comunque, che dietro ci sia la volontà di dire che ci sono ancora degli istituti, ma nel caso fosse così l’Osservatorio li denunci per fare in modo che queste realtà non esistano più com’è previsto dalla legge 149.

Ma forse manca anche un altro aspetto: la valorizzazione dell’affido anche a livello culturale nella società.

Sicuramente sì. C’è poco da dire:

negli ultimi anni la narrazione sull’affido familiare non è stata positiva, quindi c’è da fare una “pulizia”, raccontando anche il buono e il bello dell’affido.

Mi ricollego a quanto dicevo prima, perciò un Osservatorio che riesca a mettere in evidenza le positività potrebbe essere un’ottima risorsa. Probabilmente il motivo per cui questo ddl ha suscitato tanta polemica è che da poco sono uscite le Linee di indirizzo aggiornate, dove sono state ri-sottolineate le finalità dell’affido, premiando anche forme di affido che siano preventive rispetto all’allontanamento del bambino dalla famiglia, l’affido part-time, la prossimità familiare, tutte quelle forme di intervento più leggero. Qui sarebbe bene concentrare le risorse e gli sforzi. Ovviamente, non sono novità: l’affido è un istituto che previene l’allontanamento definitivo di un bambino dalla sua famiglia, deve prevedere il rientro in famiglia, altrimenti c’è l’adozione. Occorre riprendere questi concetti che negli ultimi dieci vent’anni, oserei dire, si sono un po’ persi, perché siamo andati sempre più verso affidi molto lunghi, sine die, ma l’affido è preventivo, non è tardo-riparativo.In questo senso dicevo che ci fosse un Osservatorio che ci dicesse che tipo di risorse si investono, laddove funziona l’affido preventivo, sarebbe un grande servizio ai bambini e alle loro famiglie.